Caso Alessia Pifferi, ecco perché adesso sono indagate anche le psicologhe

Sono indagate per favoreggiamento le due psicologhe di San Vittore che hanno svolto la relazione psicologica ad Alessia Pifferi.

L’avvocata di Alessia Pifferi e le due psicologhe che si sono occupate di redigere la sua relazione psicologica sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico.

Pifferi ha lasciato morire di stenti la figlia Diana, di soli 18 mesi, abbandonandola da sola in casa nella sua culla per sei lunghi giorni.

Perché le psicologhe di San Vittore sono indagate per il caso Pifferi

Le due psicologhe sono accusate di aver falsificato il diario clinico di Alessia Pifferi, la trentasettenne che aveva lasciato morire di stenti la figlia Diana.

È stato eseguito un blitz della Procura negli studi delle due psicologhe in servizio presso il carcere di San Vittore: si tratta di un colpo di scena nel processo che si svolge davanti alla Corte d’Assise di Milano.

Già in aula, però, il pm Francesco De Tommasi aveva in precedenza ipotizzato una possibile manipolazione dell’imputata da parte delle consulenti.

Per il pm è stato falsamente attestato che la donna “aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un deficit grave”. Questo sarebbe stato provato da un test, quello psicodiagnostico di Wais, non “utilizzabile a fini diagnostici e valutativi”.

Le due psicologhe avrebbero quindi svolto una “vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante nelle loro competenze.

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L’accusa di favoreggiamento per le psicologhe

La relazione psicologica finita sotto accusa, redatta dalle due consulenti Paola Guerzoni e Letizia Marazzi, che collaborano con San Vittore, avrebbe accertato un deficit cognitivo di Alessia Pifferi.

Il deficit nell’imputata sarebbe utile alla difesa per chiedere di poter sottoporre la donna a una perizia psichiatrica, giocandosi al processo la carta della non imputabilità.

Per questa ragione si parla di questa relazione psicologica come di una “estrapolazione deduttiva”, che ha l’obiettivo di creare false attestazioni sullo stato mentale dell’imputata.

Le intercettazioni sull’avvocata e sulle psicologhe

Alla base dei presunti illeciti ci sono le intercettazioni effettuate sulle due consulenti e sul legale di Alessia Pifferi.

Secondo le intercettazioni l’avvocata e le psicologhe avrebbero anche sottoposto l’imputata a una sorta di interrogatorio, per ottenere informazioni su contenuti e tipologie di test somministrati dalla perizia d’ufficio.

Avrebbero infatti fatto una “chiacchierata tra amiche”, facendo domande anche rispetto alle contestazioni sollevate dal pm.

Dalle intercettazioni una delle consulenti afferma di voler scardinare il sistema “goccia a goccia”, salvando quelle che lei ritiene vittime della giustizia.

Agli atti ci sarebbe, poi, pure una telefonata tra la psicologa 58enne, che ha lavorato anche nel carcere di Opera, e l’avvocata, nella quale le due si sarebbero complimentate a vicenda dopo gli esiti del test psicodiagnostico di Wais, secondo cui Alessia Pifferi avrebbe un quoziente intellettivo da bambina.

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