Il mercato energetico mondiale è a rischio con la guerra in Israele? Ecco le previsioni

L'inizio della guerra tra Israele ed Hamas ha causato forti turbamenti per i mercati globali. Ecco i rischi del mercato energetico.

La guerra tra Israele ed Hamas si combatte su più piani ed ha ripercussioni sull’intera economia globale, in particolare sul mercato energetico, da sempre fortemente legato agli equilibri del medio e vicino oriente.

I primi effetti del conflitto

Sono passati pochi giorni dall’inizio del nuovo conflitto tra Israele ed Hamas e già i suoi effetti hanno fortemente colpito i mercati globali, causando forti turbamenti e alimentando incertezze in numerosi settori, in particolare il settore energetico.

Tra i primi effetti direttamente legati alla guerra abbiamo assistito, già nelle prime ore di scontri, a trasferimenti di capitale verso asset rifugio quali oro e titoli minerari, ma anche un forte incremento del valore di titoli legati al settore energetico, derivanti dall’aumento del costo di Gas e Petrolio e ovviamente, un significativo aumento del costo del Petrolio. Altre aziende invece hanno visto il proprio valore crollare rapidamente.

Guerra e Petrolio

Sebbene non vi sia un legame diretto tra Israele ed il mercato energetico, ad incidere sui timori per il mercato energetico, causando quindi incertezza e rischi per il mercato, è la possibilità di un allargamento del conflitto che vada oltre i confini di Israele e Palestina e coinvolga in maniera diretta altri stati del golfo.

In questo senso, il coinvolgimento dell’Iran nel conflitto che sembra essere diretto e attivo nella fornitura di armamenti ad Hamas, potrebbe rappresentare il maggiore fattore di rischio.

A questo si aggiunga la possibilità di un espansione del conflitto anche agli stati moderati come l’Arabia Saudita, il cui peso nella produzione mondiale di petrolio è estremamente significativa.

Inoltre, a partire dal 2024 i paesi dell’OPEC, attiveranno un taglio alla produzione di greggio, deciso a Luglio 2023, per oltre un milione di barili al giorno. Taglio che non verrà attuato dall’Arabia Saudita poiché il gigante saudita ha già avviato il taglio alla produzione da Agosto 2023.

L’incertezza dei mercati derivante dalla guerra e la prospettiva di nuovi tagli alla produzione di greggio potrebbe causare una crisi energetica senza precedenti.

Al momento i rischi per il mercato petrolifero appaiono controllati, ma potrebbero andare fuori controllo se il conflitto dovesse allargarsi. In caso di conflitto esteso, anche altri paesi potrebbero avviare la riduzione delle esportazioni, in particolare, l’Iran del gruppo OPEC+ potrebbe attivare anch’esso un forte e significativo taglio alle esportazioni di petrolio, con un effetto simile a quello avuto con la riduzione delle esportazioni di Gas Russo all’inizio della guerra in Ucraina.

Guerra e GAS

Il settore petrolifero però, non è l’unico ad essere scosso dal conflitto. La guerra tra Israele ed Hamas coinvolge anche il mercato globale del Gas.

Le preoccupazioni sono analoghe a quelle espresse per il settore petrolifero, con la sola differenza che, i produttori di Gas Naturale non sembrano, per il momento, intenzionati ad attivare un taglio alla produzione finalizzata al mantenimento del prezzo.

Rischio di un conflitto esteso

Molti si chiedono quanto concreto sia il rischio di un conflitto esteso, che superi i confini di Israele e Palestina e coinvolga direttamente altri paesi dell’area.

Si tratta di una regione fortemente instabile, che, negli ultimi 20 anni è stata attraversata da forti turbamenti e, per molti paesi, da guerre costanti. Basti ricordare il recente capitolo dello Stato Islamico che ha interessato parte della Siria, Libano, Giordania, Cisgiordania, Turchia, ed i territori Iracheni, con infiltrazioni anche in Egitto e nella Striscia di Gaza. Inoltre il coinvolgimento apparentemente diretto dell’Iran nel conflitto, è un fattore da non sottovalutare.

Il coinvolgimento dell’Iran infatti è una lama a doppio taglio poiché lo stato Sciita non gode di molta popolarità nella regione e le tensioni religiose tra sunniti e Sciiti potrebbero giocare un ruolo chiave negli equilibri della regione.

Al momento il conflitto vede due attori principali, ovvero lo stato di Israele ed Hamas, rispettivamente sostenuti da potenze estere, ed è proprio questo appoggio esterno che potrebbe essere la chiave di un espansione del conflitto.

Più precisamente, per il senatore repubblicano Lindse Graham, gli Stati Uniti dovrebbero intervenire direttamente e apertamente nel conflitto, colpendo le infrastrutture petrolifere iraniane.

Se la volontà di Graham dovesse concretizzarsi, si darebbe inizio ad una escalation che trascinerebbe direttamente nel conflitto almeno altri stati oltre agli USA e Iran e rafforzerebbe in modo significativo i legami dei paesi che nutrono forti ostilità nei confronti di USA e dell’Occidente.

In altri termini, un attacco diretto degli USA all’Iran, potrebbe aprire le porte del conflitto anche a Cina e Corea del Nord.

Questa prospettiva tuttavia sembra per il momento estremamente remota poiché un attacco diretto degli USA all’Iran, avverrebbe in piena e aperta violazione di qualsiasi trattato internazionale, a partire dallo statuto stesso delle Nazioni Unite.

Costi per l’occidente

Il conflitto come anticipato coinvolge indirettamente numerosi paesi esterni all’area, in particolare, paesi occidentali, il cui sostegno umanitario ad Israele e i civili della striscia di Gaza potrebbe avere costi in forte aumento in caso di allargamento del conflitto.

Il sostegno umanitario dell’occidente passa anche dalle forniture energetiche, alimentari ed idriche, su cui di recente l’Unione Europea si è espressa a favore, nonostante alcune forze politiche abbiano espresso parei contrari alla fornitura di acqua ed energia alle aree della striscia di gaza.

L’Europa tuttavia non è un produttore di petrolio e gas, di conseguenza le forniture effettive potrebbero essere delegati ad altri stati, per quanto riguarda il Gas ad esempio l’Egitto potrebbe giocare un ruolo chiave nelle forniture energetiche ai territori interessasti dal conflitto e lo stesso potrebbe accadere per Russia, Azerbaigian, Iraq, Kazakistan, Nigeria ed Angola.

Antonio Coppola
Antonio Coppola
Copywriter, classe 1989. Sono nato a Napoli. Laureato in Storia Contemporanea e specializzato in geopolitica e relazioni internazionali presso l'Università di Pisa, nella vita mi occupo di divulgazione, marketing e comunicazione. Scrivo sul web da oltre 10 anni. Appassionato di scrittura e tecnologia, ho collaborato con diversi portali e riviste di settore nel mio campo e nel 2012 ho avviato un mio progetto di divulgazione storico culturale ed un podcast, grazie ai quali ho avuto modo di stringere collaborazioni con aziende, enti e riviste di settore ed ho avuto modo di esplorare e approfondire il mondo della SEO e del Web Marketing.
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