Quanto si prende di pensione con 20 anni di contributi?

20 anni di contributi quanto prendo di pensione nel 2022? Quando per la pensione di vecchiaia non bastano 67 anni di età e 20 anni contributivi.

Solo 20 anni di versamenti contributivi non aprono le porte alla pensione. Una precisazione doverosa, sapendo che l’unico trattamento disponibile che permette un montante contributivo di almeno 20 anni è la formula della pensione di vecchiaia.

Utilizzando questo trattamento previdenziale è possibile ridurre anche il montante contributivo, se sussistono le condizioni necessarie per l’applicazione delle deroghe Amato.  Ecco, perché, spesso sentiamo parlare di una pensione in cui sono sufficienti solo 5, 10 o 15 anni di versamenti contributivi

In ogni modo, verificato di aver maturato 20 anni di contributi porta a presupporre di aver raggiunto 67 anni di età necessari per poter richiedere all’INPS la pensione di vecchiaia. Come è possibile che pur in presenza dei due requisiti, non scatti la pensione se non si raggiungono i 71 anni di età.

La vera questione posta in essere da un lettore riguarda l’importo del trattamento pensionistico considerato l’altro elemento cardine necessario per l’ottenimento della pensione di vecchiaia. 

In particolare, ci premere rispondere alla domanda di Andrea che si chiede: “Quanto si prende di pensione con 20 anni di contributi?”. Specie, considerando i dubbi di molti lettori in perito alla pensione con 71 anni di età. 

La pensione di vecchiaia viene disciplinata dall’articolo 24, comma 6 del decreto Legge n. 201/2011. Diversamente a quanto accade nelle altre formule previdenziali, come ad esempio in Ape sociale non vi sono grossi limiti o paletti che difatti limitano l’accesso alla misura. 

Il vero problema è l’età pensionabile a 67 anni. L’ordinamento previdenziale ha stabilito per la pensione di vecchiaia la presenza di entrambi i requisiti (anagrafico e contributivo), per i lavoratori regolarmente registrati nelle forme di gestioni coordinate dall’INPS. Nello stesso momento, potrebbe essere necessario anche un terzo elemento per ricevere l’accredito della pensione mensilmente sul proprio conto corrente. 

Pensione Di Vecchiaia 2022: quando è possibile presentare la richiesta all’INPS?

Come anticipato nel primo paragrafo, la pensione di vecchiaia è regolamentata dall’articolo 24, comma 6 e 7 del decreto Legge n. 201/2011, modificato nella Legge n. 214/2011. I lavoratori del comparto autonomo, dipendente, ma anche parasubordinato possono utilizzare questa forma di prepensionamento a 67 anni di età, riferito sia per gli uomini quanto per le donne, così come evidenziato dall’INPS nella circolare n. 10/2020.

L’altro punto fondamentale che determina l’accesso alla misura è la presenza di un requisito contributivo maturato corrispondente a 20 anni di contribuzione. 

In merito alla possibilità di ridurre il valore del montante contributivo, ti consiglio di leggere l’articolo: “Pensione con 15 anni di contributi! Ecco come”.

Quanto si prende di pensione con 20 anni di contributi?

La pensione di vecchiaia può essere richiesta tanto dai lavoratori autonomi che dipendenti, se hanno raggiunto 20 anni di versamenti contributivi con un’età non inferiore a 67 anni. Il legislatore ha confermato questi criteri anche per il 2022, per coloro che accedono a una pensione con il solo sistema misto o retributivo. 

Un regolamento differente per coloro che si ritrovano con un’anzianità contributiva con decorrenza dal 1° gennaio 1996 e non antecedente a tale data, ovvero per quei lavoratori con i versamenti incanalati nel sistema contributivo. 

La differenza è sostanziale, perché i medesimi lavoratori possono perfezionare i due requisiti disposti dall’ordinamento previdenziale in materia di pensione di vecchiaia, con l’aggiunta di un altro elemento.

In sostanza, è importante la presenza di 20 anni di versamenti e 67 anni di età unitamente a un assegno previdenziale di almeno 1,5 volte l’ammontare dell’assegno sociale

Come chiarito dalla Federazione Nazionale di rappresentanza di imprenditori e professionisti (FENAILP), si tratta di una forma previdenziale che pone in rilievo la presenza di un requisito, non molto discusso, sebbene di particolare valenza. Il legislatore identifica i “contributivi puri” coloro che hanno versamenti a partire dalla data seguente al 31 dicembre 1995. Per cui, il calcolo dell’assegno pensionistico segue le regole del sistema contributivo e non permette alcuna interfaccia con il sistema misto o retributivo. 

Sulla base di queste considerazioni appare chiaro che potrebbero non essere sufficienti i soli requisiti (anagrafico e contributivo) per richiedere la pensione di vecchiaia. 

Infatti, l’INPS potrebbe rigettare la domanda di pensione a 67 anni per i lavoratori che sforano il limite reddituale annuo previsto dall’ordinamento previdenziale.

In altre parole, potrebbe saltare l’accredito della pensione, sebbene siano presenti i requisiti. Infatti, i contributivi puri oltre ai requisiti regolari, devono rientrare in un valore di assegno minimo.

Per questo motivo, la pensione di vecchiaia viene rilasciata a 67 anni e 20 anni di versamenti, se il valore dell’assegno risulti essere nella misura più alta di 1,5 volte l’assegno sociale. 

Una considerazione molto importante, che se sottovalutata potrebbe inficiare il diritto alla pensione. Oltre tutto va detto che, si tratta di disposizioni presenti nel decreto MEF non modificate al 2022. 

Se vado in pensione quanto prendo con la pensione di vecchiaia?

Nel merito, della questione appare molto rilevante la domanda di Andrea che ci chiede: 

“Buongiorno compio 67 anni a luglio 2022, e possiedo 20 anni di versamenti contributivi INPS, mi chiedevo se vado in pensione quanto prendo? Grazie della risposta”.

Non è semplice rispondere a questa domanda, perché tenendo conto delle dinamiche che potrebbero innescarsi potresti ritrovarti senza pensione a 67 anni, nell’ipotesi in cui viene oltrepassato il limite previsto dalla normativa per l’importo dell’assegno mensile. Parliamo di quell’assegno che INPS procede ad accreditare regolarmente agli aventi diritto sul conto corrente. 

Un elemento che pone in rilevo una condizione presente nella pensione di vecchiaia contributiva che difatti limita l’accesso al pensionamento. 

A titolo di esempio. Non cambia di molto il computo dell’assegno, se Andrea ha svolto un’attività lavorativa prevista in orario ridotto o part – time. Questo, perché nel 2021 l’ammontare dell’assegno sociale non superava la soglia di 460,21 euro al mese. Applicando le disposizioni sul limite dell’assegno che porta ad accrescere il valore di 1,5 volte.

In questo caso, Andrea può andare in pensione con 20 anni di versamenti e un’età non inferiore ai 67 anni, se il valore dell’assegno erogato al mese corrisponde al valore di circa 690,42 euro. 

In altre parole, il limite annuo dell’assegno erogato mensilmente dall’INPS non deve superare la soglia di 8.975,46 euro.

Cosa succede se si sforano il limite reddituale? Non si rispettano i requisiti stabiliti dall’ordinamento previdenziali. In questo caso, ad esempio Andrea dovrebbe attendere un periodo temporale anagrafico molto più lungo che porta a 71 anni di età. Altri 4 anni per poter andare in pensione con il trattamento di vecchiaia. 

C’è da considerare un altro tassello molto importante per il calcolo della pensione, ovvero il coefficiente di trasformazione. Nel calcolare l’importo dell’assegno previdenziale viene applicata la misura al 5,575% sui versamenti contributivi.

In altre parole, coloro che nel corso della carriera lavorativa hanno accantonato un valore di circa 160.994 euro nel periodo temporale di 20 anni, possono uscire dal lavoro con la pensione di vecchiaia. Un valore che porta ad accantonare una media annua dell’importo di circa 8.000 euro. In presenza di questi valori è possibile andare in quiescenza con la pensione di vecchiaia. 

Viceversa, se il lavoratore non rientra in questa casistica non potrà godere della pensione di vecchiaia a 67 anni di età, ma dovrà necessariamente aspettare il raggiungimento dei 71 anni di età. In quest’ultimo caso, non si applica la normativa sull’assegno minimo, quindi, non vi sono limiti reddituali da considerare. 

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