Microchip cane gatto e furetto: i casi in cui è un obbligo

Che cosa è il microchip, quando è obbligatorio per i cani, in quali regioni deve essere impiantato anche ai gatti e quando serve ai furetti per l'espatrio.

I nostri amici pelosi e pennuti sono ormai diventati quasi per tutti uno dei membri effettivi della famiglia. Anzi in molti casi sono diventati dei veri e propri dittatori che fanno il bello e il cattivo tempo. Per i loro proprietari coccolarli e viziarli con quanto di meglio il mercato offre sia in termini di cibo che di svago è un vero piacere.

Ma siamo poi così sicuri di conoscere anche tutti i doveri che ci derivano dal possedere un animaletto da compagnia? In particolare sappiamo con esattezza quali sono i nostri piccoli compagni di vita che devono essere dotati, a nostre spese di un microchip, per essere sempre identificati in caso siano trovati a vagare da soli?

Molti per evitare le spese e anche per risparmiare all’animale un inutile stress sorvolano su questo dettaglio, che però solo in alcuni casi, è una facoltà, non lo è invece per i cani. In quel caso il rischio è di non ritrovarli più se li perdiamo, perché non c’è modo di risalire a noi visto che loro con tutta la buona volontà non possono rivelare il loro indirizzo.

Altra ipotesi è la possibilità di essere sanzionati ed essere poi costretti comunque a quell’adempimento. Le regole variano a seconda della regione, ma in ogni caso devono essere identificati e iscritti all’anagrafe degli animali di affezione.

Il microchip è obbligatorio per i cani

Il sito del Ministero della Salute ci informa che:

vige l’obbligo per tutti di identificare i cani e registrarli all’anagrafe canina di residenza o della propria Asl in base ai regolamenti emanati dalla propria regione.

Questa materia infatti è gestita a livello locale e quindi per i dettagli è necessario rivolgersi alla propria regione o al proprio veterinario che è in grado di fornire ogni informazione necessaria.

L’identificazione deve essere fatta entro due mesi dalla nascita o dal momento in ci si è diventati detentori dell’animale con l’inoculazione da parte di un veterinario di un microchip e la contestuale richiesta di rilascio del certificato di iscrizione all’anagrafe.

Il certificato deve contenere il numero del microchip e la data in cui è stato inserito, i dati di riconoscimento dell’animale: razza, colore, dimensioni, sesso, se sterilizzato, data di nascita e eventuali caratteristiche particolari.

Vanno aggiunti anche i dati anagrafici del proprietario e se c’è del detentore: nome e cognome, codice fiscale e indirizzo di residenza e di domicilio, se diverso.

La scheda dovrà in seguito essere aggiornata sia con l’eventuale variazione del proprietario, sia inserendo i dati relativi alle vaccinazioni e ai trattamenti contro i parassiti.

Microchip per furetti e gatti: quali sono le regole

Anche per i gatti e i furetti in alcuni casi è esteso l’obbligo di identificarli e di dotarli di microchip, con le stesse regole di impianto previsto per i cani. Non esiste un obbligo a livello nazionale, ma solo una facoltà di farlo per chi sia più tranquillo rendendo tracciabile il proprio cucciolo.

In due sole regioni: la Lombardia e la Puglia l’obbligo è esteso anche ai gatti entro i primi due mesi di vita. Anche in queste regioni però l’obbligo in vigore dal 2020 vale solo per i nuovi nati e le nuove adozioni: i mici più anziani continueranno a mantenere il loro anonimato senza essere sanzionati. Nessun onere di questo tipo, invece esiste in nessuna zona d’Italia per i furetti.

Chi intenda recarsi all’estero e farsi accompagnare dal proprio animale da compagnia, però deve dotarli del dispositivo. Infatti senza quello non è possibile avere il passaporto europeo e di conseguenza non ci si può muovere all’estero portando l’animale.

Indipendentemente dalla regione in cui si vive e dall’intenzione di rimanere sempre entro i confini italiani, a tutti è concessa la facoltà, ma non l’obbligo di iscriverli all’anagrafe regionale degli animali di affezione e per i gatti all’anagrafe nazionale felina gestita a livello privato dall’associazione dei veterinari ANMVI.

Rettili uccelli e tartarughe devono avere il microchip

Con questi animali il problema è che spesso si tratta di razze a rischio di estinzione il cui commercio è regolamentato con particolare severità. Quindi la loro provenienza deve essere certa. Le tartarughe di terra devono sempre avere un microchip applicato entro il primo anno di vita.

Stesso obbligo per tutti i mammiferi esotici e diversi dai classici animaletti da compagnia e per gli uccelli della stessa categoria. Questi ultimi invece di un impianto sottocutaneo riceveranno un anellino inamovibile su una zampa su cui è impresso il numero di riconoscimento.

Che cosa è il microchip

L’accordo del 6 febbraio 2003 tra il Ministero della Salute e le regioni

ha introdotto il microchip in modo obbligatorio a partire dal primo gennaio del 2005 come unico mezzo di identificazione degli animali da affezione, sostituendo il vecchio numero tatuato sulla parte interna di una zampa posteriore, che era difficile da verificare e col tempo tendeva a sbiadirsi.

Si tratta di un dispositivo elettronico di forma cilindrica, lungo da 8 a 10 millimetri e con un diametro inferiore ai 2 millimetri. La salute e la sicurezza dell’animale viene garantito dal fatto che è ricoperto da materiale biocompatibile.

Utilizza una tecnologia passiva, vale a dire che non ha la necessità di avere una fonte di alimentazione interna ma assomiglia a un’antenna capace di interagire con un lettore quando si trova abbastanza vicino. Viene inserito sottopelle con una specie di siringa sul lato sinistro del collo. Questa pratica può essere fatta solo da un veterinario.

I dispositivi possono essere prodotti solo da aziende autorizzate dal Ministero della Salute secondo rigide regole. A ognuno di questi deve essere assegnato un codice identificativo elettronico. Ogni produttore deve garantire la tracciabilità di tutti i lotti che immette sul mercato.

Dentro il dispositivo si trova un numero costituito da 15 cifre diverse per ogni prodotto. I primi tre numeri permettono di risalire al produttore e gli altri fanno parte di una serie progressiva dello stabilimento di produzione

A chi rivolgersi

I veterinari sono gli unici a cui sono affidati i microchip, che sono numerati in modo progressivo e ognuno dei quali può essere associato ad un unico animale. Il numero di quello impiantato deve sempre corrispondere a quello indicato sulla scheda dell’animale. 

Questa attività può essere fatta sia da veterinari del servizio pubblico, che da quelli che svolgono la professione privata. Questi ultimi però devono essere autorizzati ad accedere all’anagrafe degli animali da affezione secondo le regole stabilite dalla regione di appartenenza o dalle province autonome.

I veterinari devono preventivamente acquistare i microchip, autocertificando di essere autorizzati ad accedere all’anagrafe. Importante sottolineare questo dettaglio perché non esiste alcun altro modo per entrare in possesso di questi dispositivi.

Inutile pensare di acquistarli online per risparmiare. Si tratterebbe di prodotti non registrati e inutilizzabili. Nessun commento poi sull’ipotesi di cercare di impiantarli da soli: si tratta di una procedura medica, che non richiede un’anestesia e provoca all’animale un disturbo minimo, ma va fatta solo da professionisti.

Chi paga le spese per il microchip

L’obbligo di far impiantare il microchip e quindi quello di assumersene gli oneri è in capo al proprietario, al detentore o all’allevatore.

L’obbligo va assolto entro i primi due mesi di vita dell’animale. Se compriamo un animale di età maggiore da un allevatore serio dovremmo già essere coperti. Se ce lo regalano o abbiamo dubbi sulla provenienza basta rivolgersi a un veterinario che con un lettore ci dirà subito se siamo in regola oppure no. 

In ogni caso con l’animale ci deve essere consegnata anche la documentazione con l’iscrizione all’anagrafe che va fatte entro 60 giorni dalla nascita o entro quindici da quella in cui se ne entra in possesso.

Il costo per installare il dispositivo è piuttosto variabile e dipende anche dalla scelta di rivolgersi al veterinario di un’azienda sanitaria o da uno che esercita la professione privata.  I costi vanno da un minimo di 5 euro fino a oltre i 30 a seconda del medico scelto.

Vale la pena poi sempre verificare le regole in vigore nella zona in cui si abita, perché spesso per favorire le adozioni questo servizio viene offerto in modo gratuito: nei canili spesso ci viene consegnato un animale già identificato.

A cosa serve il microchip e perché è importante

Il microchip ha lo scopo di identificare in modo certo l’animale a cui è stato impiantato. Ha un’utilità sia come protezione dell’animale che come garanzia dei diritti del proprietario, che dell’adempimento dei suoi doveri.

Un animale perso potrà essere riportato, grazie alla verifica del codice contenuto nel dispositivo con i dati del proprietario contenuti nell’anagrafe, a casa sua senza il rischio di finire in un canile.

Il proprietario, in caso di furto, potrà utilizzare questa prova per dimostrare che quello è senza ombra di dubbio il suo animale, non quello molto simile di qualcun altro.

Stessa verifica potrà essere fatta dal nuovo acquirente che avrà la conferma che non lo stia comprando da un ladro e che tutte le vaccinazioni dichiarate sono state effettivamente eseguite.

Infine chi dovesse abbandonare il proprio cucciolo a bordo strada potrà essere rintracciato e sanzionato nel modo che merita. Proprio il fenomeno dell’abbandono è la ragione principale che ha convinto il legislatore a chiedere l’introduzione di questo obbligo.

Sanzioni per gli animali senza microchip

Trattandosi di un obbligo il legislatore, per renderlo effettivo, ha anche previsto che fossero applicate delle sanzioni a chi non vi si adeguasse. Ribadiamo che queta materia viene regolamentata a livello regionale e che le sanzioni possono subire delle variazioni nell’entità, ma sono sempre previste.

A titolo indicativo e con l’avvertenza che ci sono differenze a seconda del luogo di residenza, chi non impianta il microchip al cane rischia una sanzione amministrativa compresa tra i 104 e i 269 euro.

Punito anche chi non comunica il trasferimento di proprietà o il decesso dell’animale, chi non lo iscrive all’anagrafe con multe che si aggirano sui 200 euro

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