AIRE e residenza fiscale all’estero: tutte le novità 2022

L'iscrizione all'AIRE è prevista per gli italiani residenti all'estero, tuttavia bisogna fare attenzione alla residenza fiscale! Ecco tutte le novità 2022.

Per chi non la conoscesse, l’AIRE è l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Si tratta di un vero e proprio registro anagrafico di tutti i cittadini italiani che si sono spostati in un paese estero per un periodo di tempo piuttosto lungo.

L’iscrizione, secondo la normativa, è di fatto un diritto, ma anche un dovere del cittadino, che può anche accedere a determinati servizi forniti proprio nel paese estero in cui si trova ad espatriare. La normativa prevede che i cittadini che si spostano all’estero per più di 12 mesi devono iscriversi necessariamente all’AIRE, anche se ci sono alcune novità nel 2022 da tenere in considerazione, che vedremo tra poco.

Il sito Esteri.it spiega in modo esaustivo come si deve procedere per iscriversi all’AIRE, con iscrizione gratuita:

“L’iscrizione all’A.I.R.E. è effettuata a seguito di dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la contestuale cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente (A.P.R.) del Comune di provenienza.”

Sorgono spesso diversi dubbi quando si parla di italiani all’estero, in particolare per l’iscrizione obbligatoria o meno all’AIRE, e per la possibilità di pagare l’imposta nel paese di destinazione oppure nel paese di provenienza.

Al centro dell’attenzione è specialmente la residenza fiscale, ovvero la residenza che stabilisce dove il soggetto deve pagare le imposte in base ai redditi del proprio lavoro. La residenza fiscale non è semplicemente la casa in cui il soggetto abita, ma questa dipende da altri fattori. Nell’articolo, tutte le ultime novità da conoscere in merito al iscrizione all’AIRE e alla residenza fiscale, per il 2022.

AIRE 2022: come funziona

L’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero stabilisce un registro che contiene tutti i nominativi dei cittadini italiani che si sono spostati in un paese estero, sia nell’Unione Europea che in un paese al di fuori dell’Europa, tuttavia la principale caratteristica che ne determina l’iscrizione è la persistenza in un altro paese per più di 12 mesi.

Questo significa che nel caso in cui si risiede in un altro paese per meno di un anno non è necessaria l’iscrizione all’AIRE. Questo è l’esempio dei lavoratori stagionali, che generalmente lavorano presso un’azienda estera per periodi circoscritti. Anche i dipendenti pubblici e i militari che lavorano all’estero non devono iscriversi al registro.

Per potersi iscrivere all’AIRE è possibile recarsi al consolato italiano nel paese di destinazione, oppure inviare un modulo apposito tramite posta, PEC oppure attraverso il servizio online del Ministero degli Esteri.

Tuttavia non è possibile iscriversi se non si risiede stabilmente all’estero, e questo fattore è importante nel caso della determinazione del pagamento delle imposte. A stabilire quali imposte vanno pagate e a quale paese è la residenza fiscale. Iscriversi all’AIRE e poi non risultare residenti per più di 12 mesi in un altro paese, può comportare il reato di evasione fiscale, se non si provvede a pagare le dovute imposte all’Italia.

Fatte queste premesse, è facile intuire che le tasse vanno comunque pagate in Italia se si rimane in un paese estero per meno di un anno, sulla base dei redditi percepiti. Ma cosa accade se l’italiano rimane all’estero per più di 12 mesi? Lo vedremo tra poco.

Residenza fiscale: cos’è e come funziona

A stabilire in quale paese il cittadino deve pagare le tasse, è la residenza fiscale. La residenza fiscale è determinata non solamente dalla semplice residenza all’interno di un’abitazione in un determinato paese, ma principalmente dipende da due fattori.

Si tratta principalmente dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente nel Comune di riferimento, e in secondo piano del domicilio o la residenza nel territorio del paese specifico per più di 183 giorni all’anno. Si può dire quindi che il soggetto specifico, che lavora in Italia o all’estero, deve pagare le imposte sul territorio italiano se sono rispettati questi due requisiti, da cui si determina la residenza fiscale italiana.

La residenza fiscale è determinante per stabilire qual è l’imposta che il cittadino deve pagare, ovvero se deve corrispondere una certa somma di denaro per il pagamento delle tasse in Italia o in un altro paese. Secondo le ultime novità, e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente nel territorio estero non determina automaticamente la residenza fiscale.

Per poter spostare la residenza fiscale dall’Italia in un paese estero è necessario risiedere effettivamente in quel paese in modo stabile, ovvero limitando qualunque tipo di raggiro per non pagare le tasse in Italia. Per non venire tassati in modo doppio nel paese di provenienza in quello di arrivo, esistono comunque specifiche convenzioni tra stati.

Chi desidera quindi spostare la propria residenza fiscale all’estero deve fare attenzione ai requisiti per cui è possibile spostarla, ovvero deve risiedere stabilmente e avere tutti i propri interessi nel paese di arrivo, per poter pagare le imposte nel nuovo paese e non in Italia.

Iscrizione all’AIRE e Decreto Crescita

Va tenuto in considerazione che le normative che riguardano l’AIRE e la residenza fiscale sono cambiate anche in base al Decreto Crescita. Il Decreto Crescita ha in qualche modo tolto ogni dubbio sull’iscrizione del cittadino italiano all’estero all’AIRE, ovvero all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero.

Prima del Decreto Crescita infatti l’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente era stabilita in concomitanza con l’iscrizione all’AIRE. Tuttavia questo nel 2022 non basta per provare la residenza fiscale all’estero.

Le incertezze in merito a questi obblighi sono state superate, specialmente per i lavoratori che, pur lavorando in modo continuativo in un paese estero, prendendo la residenza, non avevano portato avanti l’iscrizione all’AIRE.

Secondo la recente normativa infatti non è più necessario iscriversi a questo registro per accedere a particolari regimi fiscali agevolati, evitando la doppia imposizione.

In sostanza la residenza fiscale viene stabilita dalla normativa dell’articolo 4 della convenzione OCSE, per cui sono presenti diversi parametri per individuare qual è il effettivamente il paese in cui il cittadino vive stabilmente e ha i propri interessi, anche lavorativi. Questo vuol dire che non è più vincolante, al fine di individuare la corretta tassazione, l’iscrizione al registro AIRE.

Non basta quindi iscriversi al registro degli italiani all’estero per stabilire la residenza fiscale, ma è necessaria almeno la presenza stabile all’estero per 183 giorni all’anno, ed è indispensabile che il centro degli interessi del soggetto sia stabilito proprio nel paese estero.

AIRE e residenza fiscale: esempi pratici

Facendo alcuni esempi pratici, se stai vivendo all’estero, ma senza esserti iscritto all’AIRE, e la residenza fiscale è fissata all’estero, ovvero sono correttamente seguiti i due criteri visti prima di durata e di sede principale degli interessi, lo stato non può chiederti ulteriori tasse per tutti quei guadagni che hai recepito lavorando all’estero.

Questo perché la residenza fiscale effettiva non è più in Italia, ma nel paese di destinazione. In caso di controlli del fisco italiano comunque dovrai presentare tutti i documenti in essere, validi per dichiarare la tua effettiva residenza stabile all’estero.

Lo stato in questo caso potrà decidere di iscriverti automaticamente al registro degli italiani all’estero, e non potrà chiederti tasse aggiuntive, se non quelle dovute per eventuali proprietà immobiliari presenti ancora in Italia, e per ulteriori tipologie di redditi prodotti nello stato italiano.

In particolare è possibile per un soggetto che vive stabilmente all’estero, e che non paga le tasse in Italia, avere una proprietà immobiliare nello stato italiano, che determina principalmente l’imposizione dell’IMU, l’Imposta Municipale Unica.

In questo caso il soggetto espatriato deve provvedere a pagare le tasse su quell’immobile in Italia, anche se esistono comunque particolari agevolazioni fiscali in questo caso. In particolare, per i pensionati che vivono stabilmente all’estero, viene applicata una riduzione dell’importo del 50%.

Pensionati all’estero: come funziona la residenza fiscale

Non è raro che i pensionati italiani decidano di spendere un periodo all’estero anche in modo continuativo, stabilendo la propria residenza, effettiva e fiscale, in un paese europeo o fuori dai confini dell’Unione Europea. Anche nel caso di soggetti pensionati, ovvero che recepiscono pensione italiana ma vivono all’estero, fa fede la residenza fiscale.

Tuttavia la regola stabilisce che, dato che le pensioni costituiscono una fonte di reddito che deriva dallo stato italiano, siano comunque tassate in Italia. Va ricordato che, come per i lavoratori dipendenti, i pensionati devono provvedere annualmente al pagamento delle imposte in base all’IRPEF, che per il 2022 stabilisce quattro aliquote in base allo scaglione di reddito prodotto.

La residenza fiscale all’estero potrebbe anche comportare l’obbligo di pagare le imposte nel paese estero in cui il pensionato risiede, anche se possono essere applicate le convenzioni tra stati che evitano le doppie imposizioni. Per quanto riguarda invece le pensioni private, queste vengono tassate nel paese in cui è stabilita l’effettiva residenza fiscale, che può essere all’estero.

Per i pensionati esistono particolari regimi fiscali vantaggiosi per diverse imposte, non solamente per chi si sposta all’estero. Come visto prima, per i pensionati che vivono stabilmente all’estero, ma hanno una proprietà immobiliare in Italia, è possibile accedere all’agevolazione sull’IMU del 50%.

Ma anche per i pensionati italiani che trasferiscono la propria residenza in un Comune italiano esistono alcune agevolazioni. Sono dedicate in particolare a chi si sposta nelle regioni del sud Italia, come Sicilia e Sardegna, Calabria, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, purché con popolazione non superiore a 20.000 abitanti: l’imposta è unica, sostitutiva, al 7% in caso di pensione dall’estero.

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