Navigando sui social nelle settimane più recenti, potreste aver visto numerose volte un’emoji senza un motivo apparente o esplicito: stiamo parlando dell’emoji dell’anguria. Ma il motivo c’è ed è anche molto importante.
L’emoji dell’anguria sta infatti facendo da simbolo della Palestina in questi discussi tempi di scontri in Medio Oriente. E non è la prima volta che accade: il perché è presto spiegato.
L’emoji anguria si diffonde: ecco perché diventa un simbolo di supporto alla Palestina
Il social in cui è possibile vederla di più è sicuramente TikTok, dove i trend corrono più veloce che mai e si diffondono non solo per balletti, ma anche per importanti temi sociali.
La violenza in Palestina registra una triste crescita e in questi giorni sui social sono moltissimi i video che vogliono esprimere sostegno alla popolazione palestinese. Di norma avrebbero utilizzato l’emoji della bandiera della Palestina, ma molto spesso ciò non è possibile.
I social impediscono spesso di pubblicare post sul conflitto in corso, finendo così per limitare o bloccare anche contenuti pacifici e solidali. E poiché su queste piattaforme l’assistenza clienti non esiste o non risponde quasi mai, gli utenti hanno deciso di schivare il blocco.
Utilizzando un’altra emoji, riconosciuta da tutti come un nuovo simbolo “social” della Palestina, è possibile parlarne senza essere scoperti da alcun algoritmo. E in questo caso è stata scelta l’anguria: ecco il perché della sua nascita.
Il perché della sua scelta specifica è ancora più semplice. L’anguria possiede gli stessi 4 colori della bandiera della Palestina: verde (nella buccia), bianco (nella parte interna), rosso (nella polpa) e nero (nei semi). Tutti e 4 sono ben visibili nell’emoji, adatta quindi a rappresentare la Palestina. Infatti, non è la prima volta che accade.
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L’emoji anguria per la Palestina: una diffusione enorme
L’origine dell’anguria come simbolo palestinese ha delle radici lontane, fino a prima che nascessero le emoji e addirittura prima che si utilizzasse internet.
A partire dal 1967, infatti, le autorità israeliane avevano impedito non solo l’uso della bandiera della Palestina, ma anche l’utilizzo dei 4 colori nelle composizioni artistiche: un dipinto con nero, bianco, rosso e verde poteva causare la chiusura di un’intera mostra.
Artisti e attivisti hanno allora fatto il possibile per superare questi blocchi. Oggi si raccontano molte storie, non tutte confermate, ma tutte simboliche e che rappresentano l’impegno degli attivisti e la nascita della storia dell’anguria.
Alcuni raccontano che gli attivisti portassero fisicamente con sé delle fette di anguria, perché portavano i loro colori. La pittrice Sliman Mansour, invece, ha raccontato un evento a lei accaduto nel 1980, quando insieme a due colleghi artisti si è vista chiudere una mostra in Palestina dopo sole tre ore.
Mansour racconta di aver chiesto agli officianti israeliani cosa sarebbe accaduto dipingendo un semplice fiore con quei 4 colori. L’agente aveva risposto che sarebbe stato confiscato, aggiungendo che lo stesso sarebbe accaduto con un’anguria. Tempo dopo, il simbolo si sarebbe effettivamente diffuso, tra una storia e l’altra.
Oggi, tra divieti sulla bandiera imposti non solo da Israele ma anche da Paesi come il Regno Unito, l’anguria come simbolo palestinese impazza: su TikTok l’hashtag ha superato il miliardo di visualizzazioni e ha favorito iniziative sociali per offrire aiuti umanitari e raccogliere fondi destinati ai civili innocenti coinvolti nel conflitto.