Da diversi giorni i mercati sono in fermento, in attesa delle decisioni della Federal Reserve che potrebbe decidere di alzare nuovamente i tassi di interesse ed i rendimenti delle obbligazioni. Secondo molti analisti l’aumento dei tassi sarà dello 0,75%, altri sostengono un più marcato e incisivo rialzo dell’1%. In ogni caso, per i mercati non ci sono dubbi, oggi la Fed aumenterà i propri tassi.
Possibili rialzi
Secondo molte agenzie di analisi e monitoraggio dei tassi di interesse, è molto probabile che i rialzi dei tassi da parte della Fed saranno prolungati nel tempo e continueranno almeno fino a primavera. Una delle ipotesi più quotate ipotizza rendimenti fino al 4,25% entro fine anno che arrivando al 4,75% entro fine marzo.
Secondo altri invece, tra cui Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates LP, è molto probabile che il tetto massimo che verrà raggiunto sarà collocato nel limite superiore della forbice tra 4,5% e 6%.
Non sembrano però esserci molti dubbi in merito, tutti concordano nell’ipotizzare aumenti che porteranno i tassi di rendimento, attualmente al 3,5% ben oltre il 4%.
Possibili effetti sui mercati
Gli effetti dei rialzi della fed sui mercati sono in larga parte già in corso, o meglio, già prezzati, poiché la notizia dei rialzi imminenti, che sta circolando da diversi giorni, ed indicava mercoledì 21 settembre come il giorno decisivo, ha spinto i mercati a muoversi d’anticipo ed eventualmente correre ai ripari prima degli effettivi rialzi. In altri termini molti sostengono che sui mercati, da domani, non vi saranno troppe variazioni rispetto agli ultimi giorni.
Per quanto riguarda invece il rischio recessione per gli USA, l’aumento dei rendimenti incide sicuramente, portando la probabilità di una recessione entro agosto 2023 al 27%. Una percentuale ancora contenuta e non troppo allarmante, sulla quale la Fed dovrà lavorare duramente nei prossimi 10 mesi per evitare che questa previsione si concretizzi.
La curva dei rendimenti si riflette anche sui cambi tra dollaro ed altre valute, facendo segnare alla valuta statunitense una serie di rialzi che hanno portato il dollaro al suo massimo da marzo 2020. In altri termini il dollaro è tornato a livelli pre pandemia.
Il nodo inflazione
Uno dei motivi, se non il motivo principale per cui la Fed ha deciso di riunirsi e varare nuovi rincari è dovuto alla lotta all’inflazione. Gli USA così come l’UE e la Cina, stanno fronteggiando un costante aumento dell’inflazione che ha portato le diverse banche centrali ad intervenire nel tentativo di contrastarla e contenerla o di assecondarla, come nel caso della banca centrale cinese.
La Federal Reserve, così come la BCE hanno interesse a tenere a freno l’inflazione, e, le ultime manovre sembrano aver sortito effetti positivi.
L’inflazione negli USA è alta, ma, negli ultimi mesi si è registrata una leggera contrazione, che ha portato nel mese di settembre l’inflazione all’8,1%.