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Arriva il bollo auto europeo! Cosa cambia e come funziona!

Una vera e propria novità, all’orizzonte, per tutti gli automobilisti: arriva il bollo auto europeo. Il costo dipenderà da quanto si guida e si inquina. Ma soprattutto da quanto si utilizzerà la propria vettura: chi la tiene spesso ferma in garage potrà risparmiare un po’ di soldi. Sostanzialmente stiamo parlando di una vera e propria riforma del bollo auto, che dovrebbe arrivare nel 2026.

Difficile rispondere a chi ci chiede se questa sia una bella o una brutta notizia. Sono molti i contribuenti che fino ad oggi hanno auspicato che il bollo auto fosse abolito definitivamente. Il fatto che la tassa abbia una veste europea, non la farà di certo accettare meglio agli automobilisti. Quello che forse un po’ tutti potrebbero apprezzare è che, nel caso in cui venisse approvata e diventasse realmente operativa, non sarebbe uguale in tutti i paesi dell’Unione europea. Ma soprattutto arriverebbe a premiare chi la propria vettura la usa di meno.

Bollo auto europeo, una strada per armonizzare le tasse!

Per il momento quella relativa al bollo auto europeo è solo e soltanto una discussione. L’intenzione sarebbe quella di armonizzare e semplificare la normativa a livello comunitario. Nel corso del mese di maggio del 2021 il Parlamento europeo ha iniziato ad analizzare una serie di proposte che dovrebbero coinvolgere la tassazione e la circolazione dei veicoli nel vecchio continente. Tra i progetti più innovativi dei quali si è discusso ci sono:

  • bollo auto europeo, che dovrebbe essere calcolato sugli effettivi chilometri che gli automobilisti percorrono;
  • Telepass europeo, che dovrebbe essere un dispositivo unico su tutte le autostrade europee.

Ma partiamo con il soffermarci sulla voce più popolare: il bollo auto. Questa tassa, almeno come la conosciamo oggi, deve essere pagata per il solo fatto che si è proprietari di una vettura. L’importo viene calcolato in base alla potenza del veicolo e dalla sua classe di inquinamento. Poco importa quanti chilometri si percorrono nel corso dell’anno o se si tiene il mezzo tutto l’anno in garage. Alla fine il costo sarà sempre uguale.

L’iniziativa europea, sostanzialmente, modifica e rivoluziona questa situazione. Il bollo auto europeo è legato ai chilometri che vengono percorsi. Dietro a questo progetto c’è un principio di fondo molto semplice: dovrà pagare di più chi percorre più chilometri. Ma non solo: sarà costretto a pagare di più sarà chi inquina e chi usa più sovente i mezzi di trasporto privati. Per calcolare il costo del bollo auto si utilizzeranno gli stessi criteri in tutta Europa ed i singoli stati dovranno stabilire delle tariffe che siano legate alle emissioni di CO2.

Bollo auto ed ecologia: un matrimonio dalle mille speranze!

A giocare un ruolo molto importante nella partita del nuovo bollo auto europeo sono la conferenza sul clima di Parigi e gli obiettivi ambientali inseriti all’interno del Libro bianco sui trasporti. Perché la nuova norma sia applicabile sarà necessario installare su tutti i mezzi, che sono in circolazione, un dispositivo che sia in grado di registrare i movimenti e che possa tenere traccia dei chilometri percorsi. Sarà possibile farlo attraverso le scatole nere, che sono già ampiamente installate. O con dispositivi molto simili.

Premettiamo che il percorso che porta al bollo auto europeo è molto lungo. Ma soprattutto sono molti anni che se ne continua a parlare. L’ultima proposta discussa dalla Commissione Trasporti del Parlamento Europeo dovrà essere vagliata anche dal Consiglio Europeo. Il passo successivo sarà la negoziazione con gli Stati membri. Una strada lunga e tortuosa da percorrere. Certamente la nuova tassa renderà felici quanti usano poco o niente la propria auto, ma sicuramente sarà bocciata da quanti la devono usare tutti i giorni per lavorare. Lo scopo è quello di tutelare l’ambiente e contrastare in maniera efficace le emissioni di sostanze inquinanti.

All’orizzonte, per il momento, ci sono già alcune date. Nel caso in cui non ci dovessero essere dei ritardi nei processi legislativi, il bollo auto europeo dovrebbe arrivare per i mezzi pesanti ed i furgoni di oltre 2,4 tonnellate di peso già nel 2023. Sarà esteso, invece, a tutti i mezzi privati, alle auto e alle moto nel 2026.

Telepass europeo: novità altrettanto importante!

Il bollo auto europeo non sarà l’unica novità che modificherà le abitudini dei consumatori europei. La Commissioni Trasporti del Parlamento Europeo ha voluto introdurre anche il Telepass europeo, un dispositivo unico in tutto il vecchio continente, che dovrebbe servire a pagare il pedaggio grazie ad un unico dispositivo.

Questa novità permetterà agli automobilisti di viaggiare liberamente non solo nelle autostrade italiane, ma anche in quelle degli altri paesi. Si affianca a quello che esiste già per i camion e che al momento è in vigore in Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Belgio, Polonia e Austria. Grazie la Telepass europeo gli automobilisti potranno risparmiare quasi 370 milioni di euro ogni anno.

Strategic beta orientati ai dividendi, patrimonio in salita

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“Strategic beta” è la definizione che Morningstar ha scelto per indicare gli indici e gli strumenti finanziari passivi (ETF e index fund non quotati) che superano le metodologie tradizionali a capitalizzazione e cercano sia di incrementare la performance, sia di modificare il livello di rischio relativo rispetto ai benchmark standard, rappresentando una via di mezzo nello spettro attivo-passivo. Comunemente vengono denominati smart beta, enhanced beta o alternative beta. Clicca qui per approfondire.

Secondo i dati di Morningstar, attualmente su 367 fondi Strategic beta domiciliati in Europa, ce ne sono 86 che si basano su di una strategia focalizzata sui dividendi. Questi ultimi gestiscono 33,7 miliardi di euro a fine 2021, in salita rispetto ai 25,8 miliardi di inizio anno.

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Dati in euro al 31 dicembre 2021. Fonte: Morningstar Direct

A livello di raccolta, nel corso del 2021, i replicanti strategici che puntano all’income hanno registrato a livello europeo flussi netti per 2,2 miliardi di euro. Osservando il dettaglio mensile, notiamo tuttavia come i mesi di marzo, aprile e maggio abbiano decisamente pesato (in positivo) sul risultato annuale e che, anzi, l’anno passato si sia chiuso con due mesi in negativo sul piano della raccolta.

Questo rimbalzo potrebbe anche essere dovuto alla forte volatilità che i mercati azionari hanno subito durante i mesi estivi, particolarmente in agosto. È risaputo, infatti, che i titoli high dividend, siano meno volatili della media e che facciano gola a quegli investitori di lungo periodo con una bassa propensione al rischio.

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Dati in euro al 31 dicembre 2021. Fonte: Morningstar Direct

Nel dettaglio, il fondo Strategic beta dividend-focused che ha raccolto di più nel 2021 è stato il Vanguard FTSE All-World High Dividend Yield UCITS ETF USD Distributing, il quale detiene un Morningstar Analyst Rating pari a Bronze, seguito a una certa distanza dall’iShares Swiss Dividend ETF (CH).

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Su 86 prodotti di questo tipo, ce ne sono a fine anno 10 che gestiscono oltre il miliardo di euro e solo due che superano quota due miliardi.

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Qui sotto invece i 15 fondi che pagano lo dividend yield più alto (dati a fine dicembre 2021). Attenzione però a non farsi troppo ingolosire solo da questo dato, seppur importante; occorre infatti stare sempre attenti, perché questo tipo di fondi presenta strategie spesso molto diverse tra loro, che possono portare a profili di rischio differenti. La cosa più importante è evitare la cosiddetta “trappola del dividendo”, cioè investire in aziende che presentano un dividend yield elevato, ma in alcuni casi non sostenibile. Una possibile soluzione a questo noto problema, ad esempio, è scegliere un indice che seleziona le società che presentano una crescita costante nei propri dividendi.

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Infine, nel 2021 sono stati lanciati in Europa sette nuovi fondi di questo tipo, di cui due disponibili anche in Italia. Si tratta di due ETF sostenibili: lo SPDR S&P® U.S. Dividend Aristocrats ESG UCITS ETF e l’L&G Quality Equity Dividends ESG Exclusions Europe ex-UK UCITS ETF.

Di Valerio Baselli

Vuoi acquistare un autoveicolo usato? Ecco cosa devi sapere!

Hai bisogno di cambiare la tua autovettura troppo vecchia? Devi ottimizzare la tua mobilità e cerchi un comodo veicolo a quattro ruote? Hai voglia di cambiare auto perché vuoi toglierti un piccolo sfizio? Se ti trovi in una qualsiasi di queste situazioni, o per altre ragioni sei intenzionato a cambiare automobile, magari stai valutando di optare per un autoveicolo usato e risparmiare sul prezzo d’acquisto del nuovo.

Questa scelta è la principale da fare, quando si deve o vuole cambiare auto. Meglio decidere per una vettura nuova, dunque più affidabile e maggiormente coperta da garanzie ma la quale, inevitabilmente, costerà di più? Oppure dovrei orientarmi su un autoveicolo usato, del quale difficilmente possono conoscere l’intera storia e sapere come sia stato trattato ma che mi farà risparmiare al momento dell’acquisto?

Macchina nuova o autoveicolo usato?

Nel video del canale YouTube dedicato alle automobili Stepway Mania, alcuni consigli sull’orientamento preacquisto: meglio un’automobile nuova o un autoveicolo usato?

Il dilemma tra nuovo o usato è uno di quelli con i quali si confrontano numerosi automobilisti. Certo, c’è anche chi ha le idee ben chiare fin da subito, dall’inizio, e la questione neanche se la pone. Chiunque abbia possibilità di spesa più esigue o sia magari un giovane neopatentato, preferirà probabilmente un autoveicolo usato, mentre chiunque possa permettersi di sborsare qualcosa in più, e sia magari anche appassionato di motori, opterà per il nuovo.

Per numerose tipologie di consumatore, però, il ragionamento su nuovo o usato è una prima fase fondamentale nel customer journey che porterà all’acquisto di una nuova autovettura; un momento delicato: l’investimento sarà, comunque, importante, e andrà scelta l’automobile che soddisfi al meglio le nostre esigenze. Tanto la scelta del nuovo quanto quella dell’usato hanno vantaggi e svantaggi.

Il budget è il primo elemento da tenere in considerazione: esso può essere di importanza capitale per prendere la decisione. Non pensiamo a questo elemento in maniera superficiale, non sempre se posso spendere meno devo rinunciare al nuovo, perché potrei orientarmi su una vettura di categoria inferiore. Similmente, a parità di prezzo potrei trovare la disponibilità di una vettura usata con maggiori optional e più spaziosa.

Dopo aver valutato questo aspetto, dobbiamo tener presente l’utilizzo che andremo a fare della vettura, che significa soprattutto quanti chilometri percorriamo. Dobbiamo essere in grado di misurare il chilometraggio annuale e stimare il tempo per il quale pensiamo di tenere l’autoveicolo.

Chi ha l’abitudine di cambiare spesso auto, farà bene a orientarsi su un autoveicolo usato, altrimenti si corre il rischio di soffrire troppo  a causadella svalutazione sul modello.

Autoveicolo usato: che cosa controllare?

Un grosso vantaggio dell’autoveicolo usato, rispetto al nuovo, è quello che non subiremo il deprezzamento immediato del 22%, ovvero l’IVA pagata ogniqualvolta si acquisti un’auto nuova. La svalutazione del modello nel corso degli anni, invece, riguarda indifferentemente sia le macchine nuove sia quelle usate. D’altra parte, le vere occasioni sono ben più rare sull’usato che sul nuovo, perché c’è sempre l’incognita usura.

L’automobile a chilometri zero va di gran moda, e ha goduto di un aumento esponenziale della sua popolarità negli ultimi anni. C’è una netta differenza tra queste vetture e un autoveicolo usato. Esse sono ben più simili al nuovo, pur essendo tecnicamente di seconda mano – perché di proprietà della concessionaria – ma presentano un chilometraggio veramente irrisorio e spesso dispongono di optional interessanti.

L’autoveicolo usato presenta alcuni vantaggi rispetto al nuovo, oltre al prezzo. Vetture usate poco potrebbero essere ancora in garanzia – accertiamoci dunque sempre di quale tipo di assistenza fosse stato acquistato dal precedente proprietario – e darci meno preoccupazioni, specialmente nel caso in cui viaggiamo con bimbi o animali: un conto è rovinare un’auto nuova, un altro un autoveicolo usato.

I costi di avviamento sono tendenzialmente meno alti per un autoveicolo usato, specialmente se acquistiamo da privati, e l’assicurazione è più bassa. Vi sono però anche svantaggi, dei quali va sempre tenuto conto. Innanzitutto non avremo alcuna possibilità di scelta su modello, motorizzazioni e colore e, in secondo luogo, dobbiamo porci la questione dell’affidabilità.

Verifiche e controlli specifici

Controlliamo la carta di circolazione: gli interventi fatti, la frequenza dei tagliandi e se siano stati effettuati all’interno della rete ufficiale o, comunque, presso una officina autorizzata. Per stare ancora più sicuri, portiamo avanti un controllo sulle componenti dell’autoveicolo usato. Che cosa faremmo bene a controllare?

Iniziamo dai freni, verificando eventuali spie e ascoltando se udiamo stridii in frenata; in questo caso, le pastiglie vanno sostituite. Passiamo poi alla trasmissione: in accelerata o curva non dovremmo sentire rumori forti o vibranti; verifichiamo che la frizione sia in regola e poi controlliamo batteria e volante (se non siamo capaci, o desideriamo procedere con la corretta strumentazione, possiamo farci aiutare da un meccanico). 

Infine, prestiamo attenzione al cuore della vettura, il motore. Odoriamo l’olio e misuriamone il livello: se ci pare scuro o sa di benzina, dobbiamo cambiarlo. I motori diesel, scuriscono normalmente l’olio. Ascoltiamo eventuali ticchettii, suoni stridenti o colpi troppo sordi: sono sintomi di problemi alla distribuzione o ai cuscinetti, rispettivamente. Controlliamo temperatura e spia dell’olio per vedere se vi siano situazioni delicate.

Come verificare lo stato d’uso di un autoveicolo usato

I controlli sulle componenti sono il punto di partenza per avere un’idea dello stato d’uso di ogni autoveicolo usato. Qualora vi fossero problemi nei controlli elencati, ripensiamo l’acquisto. Se invece andasse tutto bene, passiamo alla seconda serie di test sull’usura. Lo stato della carrozzeria deve essere compatibile con il numero segnato dal contachilometri.

Passiamo agli pneumatici, verificandone lo stato di usura. Controlliamo la presenza di graffi, bolle, danni, rotture o buchi e che l’utilizzo non sia difforme tra le quattro gomme. Chiediamo quanto tempo sia passato dall’ultimo check sugli pneumatici. Sulla spalla della gomma troviamo il cosiddetto numero DOT; le ultime quattro cifre si riferiscono all’anno di produzione.

Facciamoci aiutare per controllare la corretta accensione di tutte le luci frontali e posteriori e chiediamo se siano in vigore multe o limitazioni; verifichiamo poi se il veicolo sia stato coinvolto in incidenti perché, in tal caso, potrebbe non essere possibile portare avanti il passaggio di proprietà.

Documentazione necessaria all’acquisto di un autoveicolo usato

Visti i controlli consigliati prima di decidere per l’acquisto di un autoveicolo usato, vediamo ora quali documenti sono necessari per poterci dire effettivamente proprietari. Fondamentalmente è solo uno: il certificato di proprietà. Esso ci consente di verificare se, per caso, vi siano ipoteche sulla vettura. Questo controllo si può fare anche da casa, tramite il portale ACI, a fronte di un pagamento di qualche euro. Occorre conoscere la targa.

Dopo l’atto del passaggio di proprietà, l’auto – e il relativo certificato di proprietà – diviene nostra. Facciamo però attenzione a non fidarci troppo e eseguiamo altri controlli prima di decidere, senza avere troppa fretta. Sul sito del Ministero dell’Interno, inserendo targa e numero di telaio possiamo verificare che il mezzo non sia stato rubato. Controlliamo poi la carta di circolazione, meglio nota come libretto.

Qui verifichiamo quanti proprietari abbia avuto il mezzo, gli interventi ordinari e straordinari che abbia subito e la corrispondenza di targa e telaio tra documento e autoveicolo usato. Le targhe devono essere due, metalliche, e combaciare con quanto riportato. Il telaio deve essere chiaramente leggibile e la revisione in regola. Anche le dimensioni degli pneumatici vanno riportate sul libretto, verifichiamo anche quelle.

Prendiamoci senza preoccupazione tutto il tempo necessario a portare avanti i controlli burocratici di questo paragrafo e quelli tecnico-meccanici di cui abbiamo scritto nel precedente e non abbiamo timore di farci aiutare se non siamo propriamente degli esperti. L’acquisto di un’automobile va ponderato e dovremmo muoverci solo quando ci sentiamo veramente sicuri, specie quando si tratta di un autoveicolo usato, non è infatti troppo rara la truffa.

Attenzione alle truffe

Le statistiche ci dicono che molti italiani ormai preferiscono scegliere un autoveicolo usato rispetto a uno nuovo, quando decidono di cambiare automobile. Ciò non significa necessariamente che il mercato dell’usato sia sicuro, non al 100% almeno. Ciò non vuole intimorire nessuno, sovente ci si può fidare ma trattandosi di vetture che sono state messe in strada già da tempo, è bene fare attenzione.

Uno studio europeo ha dimostrato come circa il 30% delle auto rivendute nell’Unione abbia subito un incidente. Spacciare un mezzo sinistrato per uno perfetto, è una delle truffe – di tali si tratta, non sono trucchi di vendita – più utilizzate dal venditore.

Frequentemente, poi, si va a manomettere il chilometraggio. L’episodio riguarda circa un autoveicolo usato su sei, che non è poco, ed è anche molto pericoloso: si corre infatti il rischio di acquistare una vettura molto meno efficiente di quanto ci si aspetti e, di conseguenza, meno sicura. Meno di frequente si può incappare in un’auto rubata: ricordiamoci di fare un controllo, anche il venditore stesso potrebbe non esserne a conoscenza.

Talvolta può accadere che si acquistino veicoli utilizzati precedentemente come taxi, mezzi a noleggio o vetture per autoscuola cui sono stati rimossi i doppi pedali. In questo caso, l’auto sarebbe stata usata in condizioni gravose e potrebbe essere più usurata di quanto ci aspetteremmo dal suo chilometraggio. Faremmo bene a verificare il passato del veicolo, perché è un elemento importante per prendere la nostra decisione.

Lasciamoci insospettire, infine, se il prezzo dell’autoveicolo usato fosse troppo basso rispetto alle stime degli esperti del settore – per un rapido controllo, basta utilizzare il sito di Quattroruote oppure sfogliare la rivista cartacea; questa testata è sempre molto affidabile sui prezzi e qualora la vettura avesse un costo molto distante da quelle stime, faremmo bene a indagare in maniera approfondita.

BancoPosta click: un conto corrente che conviene o flop?

Molti dei nostri lettori ci hanno chiesto dei pareri in merito al conto corrente BancoPosta click, il nuovo conto corrente online di Poste italiane. Ma conviene? Quali sono i costi e le opinioni in merio a questo nuovo conto corrente?

La comodità della digitalizzazione dei servizi è proprio avere tutto a portata di mano. Adesso con le App di Home Banking è possibile effettuare qualsiasi tipo di operazioni da quelle più comuni, come bonifici e pagamenti, a quelle meno comuni, come ad esempio il download della giacenza media ai fini ISEE.

Anche questo conto corrente, il BancoPosta click, permette di accedere a qualsiasi servizio online di Poste Italiane, tutto a portata di click. Vediamo insieme le novità, i servizi offerti, i costi e come utilizzarlo.

BancoPosta click: un conto corrente utile o solo un flop?

Il conto corrente BancoPosta click, secondo Poste italiane, è uno dei più convenienti conti correnti attualmente in circolazione, ma sarà davvero così? Purtroppo, le pubblicità molto spesso ingannano ed è anche questo il caso.

Il conto corrente BancoPosta click viene descritto come un conto corrente senza spese e senza costi, ma in realtà da momento in cui si comincia ad utilizzarlo, e si ha modo di visionare i movimenti, ci si accorge della comparsa di spese sempre nuove che alla stipula del contratto, ovviamente, non erano state messe in evidenza. 

Se pensiamo che avere un conto corrente online possa farci risparmiare e farci scampare da certi costi e certe spese, vi state sbagliando. Certo, non tutti i conti correnti presentano delle sorprese, ma molti di loro presentano dei costi non indifferenti, per cui bisognerà stare molto attenti e valutare qualsiasi opzione.

BancoPosta Click: come aprire il conto corrente e quali sono i costi

Per aprire un conto corrente BancoPosta click bisognerà essere in possesso di una firma digitale certificata. Questo vuol dire che nel caso in cui ne foste sprovvisti, dovrete necessariamente recarvi al più vicino ufficio postale per procedere all’identificazione, ma solo dopo aver compilato il modulo online.

Se invece si è in possesso di una firma digitale certificata o si è già dei clienti banco posta, basterà riempire i moduli online e firmare il contratto attraverso la firma digitale. Ma vediamo quali sarebbero i costi per l’apertura di un conto corrente BancoPosta click.

Intanto, dalle informazioni messe a disposizione da Poste Italiane, possiamo dire che il canone annuo del conto corrente è completamente gratuito. Ma appena guardiamo la voce Imposta di Bollo è qui che viene svelato l’arcano: questa è stata fissata a 34,20 euro, ma solo se il valore della vostra giacenza media sale a più di 5.000 euro annui.

Ma oltre ciò, i servizi gratuiti offerti dal conto corrente BancoPosta click sono tantissimi, come spiega anche https://finanza.economia-italia.com/:

  • Estratto conto online, 1 al mese;
  • Saldi e lista movimenti online;
  • Ricariche del telefono online.

Attraverso il conto BancoPosta click è possibile effettuare pagamenti in tutta Europa per un massimo di 15.000 euro, così come anche i postagiro, sempre per un massimo di 15.000 euro.

Anche le commissioni sui prelievi e sui versamenti sembrano azzerati, ma per un massimo di 13.000 euro. Ricordiamo che sarà possibile prelevare o versare in maniera gratuita su tutti i bancomat Poste italiane, ovvero i Postamat.

Se avrete bisogno di sottoscrivere un contratto per Buoni Fruttiferi online, sarete felici di sapere che questa è completamente gratuita. Ma quindi, quali saranno gli aspetti negativi del conto corrente BancoPosta click?

Conto corrente BancoPosta click: aspetti negativi ed opinioni

Se avete letto la parte precedente, vi starete chiedendo quali saranno effettivamente gli aspetti negativi del BancoPosta click, perché fino ad ora abbiamo fatto cenno solamente agli aspetti positivi. Non sono state pervenute lamentele o opinioni negativi al momento e questo non è un dato da sottovalutare.

Quando un cliente o un utente è insoddisfatto del prodotto, lo recensisce in maniera negativa ed è chiaro che molti comincerebbero a non acquistare più il prodotto. Quindi, sinteticamente possiamo dire che non esistono delle lamentele in merito a costi e spese eccessivamente alte.

Forse l’unica nota dolente è appunto la digitalizzazione dei servizi che, per risultare sicuri, necessitano di passaggi, chiavi e step che non sono proprio facilissimi da oltrepassare. Per una persona anziana sarebbe difficile accedervi.

Ma nel caso in cui dovreste avere dei problemi, vi raccomandiamo di contattare il numero verde 800.00.22.33, oppure se si sta chiamando dall’estero il numero da chiamare è +39.02.8244.33.33.

BancoPosta click: parliamo di sicurezza

Se avete dei dubbi in merito alla sicurezza del conto corrente vi anticipiamo che, come per tutti i servizi online, non esiste una sicurezza al 100%. La sicurezza del vostro conto corrente dipende anche da chi lo utilizza, per cui bisognerà stare attenti a non diffondere dati sensibili o a non accettare pagamenti non autorizzati tramite sms o e-mail, per farne qualche esempio.

 Ma per rendere sicuri i vostri pagamenti il conto prevede una doppia autorizzazione per dare avvio ai pagamenti o alle vostre transazioni.

Ovviamente, come già accennato, evitate di rispondere a mail sospette o ad sms sospetti se non avete ricevuto delle comunicazioni preventive da parte della stessa Poste italiane. Queste, generalmente vengono fatte mediante posta semplice o raccomandata, quindi occhio alle truffe!

BancoPosta click: come scaricare la giacenza media ai fini ISEE

Adesso tutti i clienti con un conto corrente Banco Posta potranno accedere al servizio che permettere di scaricare la giacenza media ai fini della compilazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente, o ISEE. 

Questo mese, infatti, sarà necessario rinnovare l’ISEE se volete accedere ai bonus o ai sostegni economici attualmente in vigore. Ma come scaricare la giacenza media relativa al 2020 direttamente da casa vostra? Secondo https://www.consumatore.com/

“La giacenza media è un calcolo delle somme a credito presenti all’interno del conto corrente in un particolare periodo di tempo ed è calcolata nel mese di dicembre dell’anno precedente. La giacenza media del conto BancoPosta può essere chiesta seguendo due procedure.”

Generalmente, la giacenza media può anche essere richiesta direttamente allo sportello, ma come fare per richiederla attraverso il servizio online o attraverso app?

Intanto, per accedere al servizio dovrete essere registrati, dopodiché dovrete accedere alla vostra area riservata e selezionale il vostro conto Banco Posta, andare al servizio estratto conto online. All’interno di quest’area vi sarà possibile scaricare in formato pdf l’estratto conto online.

Stessa cosa vale per il servizio offerto dalle App. Per accedere dovrete essere registrati e se non lo siete potrete farlo direttamente dal sito Poste Italiane e seguire la procedura. Dunque, direttamente dall’app potrete accedere alla sezione degli estratti conti e dovrete selezionare l’estratto conto di dicembre e scaricare il file.

In alternativa, potrete chiedere l’invio del documento tramite e-mail.

ISEE precompilato: 5 domande e risposte per il 2022!

Anche nel 2022 è possibile usufruire dell’ISEE precompilato, il servizio online messo a disposizione da INPS  dal 2020 e che permette al cittadino di compilare in totale autonomia la DSU, semplicemente collegandosi al sito dell’Istituto, da casa, senza necessità di compiere spostamenti. 

Nonostante i numerosi vantaggi, alcuni cittadini non hanno ancora molta dimestichezza con il servizio online. Altri, invece, vorrebbero poter compilare la DSU comodamente da casa, ma hanno timore di compiere errori o ancora perplessità sulle modalità di compilazione. In effetti, un primo step da affrontare è la scelta della DSU da compilare. Infatti, se di norma la DSU MINI è quella giusta per richiedere o continuare a percepire bonus e agevolazioni statali, in altri casi sarà necessario compilare la DSU integrale.

INPS mette a disposizione proprio un tutorial completo per la compilazione della DSU, dai primi step dell’acquisizione della precompilata fino al rilascio dell’attestazione. 

Proviamo, allora, a rispondere a 4 tra le domande più frequenti da parte di chi intende compilare l’ISEE online, ma ha paura di commettere errori o si trova per la prima volta a compilare la DSU. Chiariamo, quindi, quando va fatto l’ISEE, i vantaggi per il cittadino, quali sono i dati che sono già presenti nella DSU e quali quelli che bisogna autodichiarare, come controllare lo stato dell’elaborazione ed entro quanto tempo è possibile ricevere il modello ISEE.

ISEE precompilato 2022: a cosa serve l’ISEE e quando va fatto

Il mese di gennaio vede molti cittadini alle prese con la raccolta dei documenti per il rinnovo dell’ISEE. Questo perché, per poter avere accesso o continuare a percepire agevolazioni, bonus o sussidi statali come il reddito di cittadinanza e la nuova misura a sostegno delle famiglie, cioè l’assegno unico e universale, è fondamentale rinnovare l’ISEE che, normalmente, ha una validità di un anno. 

L’ISEE 2021, quindi, è scaduto il 31 dicembre. Ma se per percepire bonus e sussidi nel mese di gennaio non si presentano particolari problemi, dal mese di febbraio in poi chi non ha rinnovato ancora l’ISEE potrebbe perdere il diritto a usufruire delle misure messe a disposizione. 

I cittadini hanno quindi tempo fino al 31 gennaio per procedere con il rinnovo dell’ISEE. Per farlo, è fondamentale recuperare tutta la documentazione richiesta in fase di compilazione della DSU (dichiarazione sostitutiva unica). Informazioni sul nucleo familiare, sui redditi e i patrimoni sono essenziali per poter compilare correttamente il modello. 

Dal 2020, INPS mette a disposizione l’ISEE precompilato: in sostanza, la DSU contiene già alcune informazioni derivanti dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e dall’Agenzia delle Entrate, mentre altri dati devono essere autodichiarati dal cittadino. 

Senza dubbio, compilare la DSU online offre innumerevoli vantaggi. Vediamo quali sono.

ISEE precompilato 2022: quali sono i vantaggi per il cittadino?

Cominciamo subito col chiarire che l’ISEE precompilato non è obbligatorio e che il cittadino ha pur sempre la possibilità di decidere se provare a ottenere il modello ISEE in autonomia oppure continuare a richiederlo tramite, per esempio, CAF e patronati. 

È indubbio, però, che utilizzare il modello precompilato riservi molti vantaggi, in particolare: 

è possibile compilare la DSU e ricevere il modello ISEE senza dover compiere spostamenti, né fare la fila al CAF; molti dati sono già presenti nella dichiarazione e tutto quello che deve fare il cittadino è confermare o modificare i dati presenti; il rischio di incorrere in omissioni o difformità è minore, proprio perché alcune informazioni sono già inserite in DSU. 

Specialmente se si pensa a gennaio 2022, mese dal quale è possibile presentare richiesta per l’assegno unico, è possibile ritrovarsi di fronte a lunghe file ai CAF e, di conseguenza, ottenere il modello ISEE in tempi molto lunghi. 

In questo contesto, utilizzare l’ISEE precompilato permette prima di tutto di compilare la DSU da casa, evitando assembramenti, e ricevere il modello ISEE in poco tempo, per via telematica. 

ISEE precompilato 2022: quali sono i dati già presenti e quali quelli da autodichiarare?

Come per tutti i servizi online INPS, per poter procedere alla compilazione della DSU è necessario essere in possesso di SPID, CIE oppure CNS. Una volta effettuato l’accesso è possibile procedere all’acquisizione della DSU precompilata. 

Quest’ultima, come già accennato, conterrà già alcuni dati, inseriti automaticamente grazie a un incrocio di informazioni tra INPS e l’Agenzia delle Entrate. Tra questi dati ci saranno: 

i patrimoni mobiliari; i patrimoni immobiliari; il canone di locazione; i redditi ai fini IRPEF; trattamenti erogati dall’INPS. 

Altri dati dovranno, invece, essere autodichiarati, come ad esempio il patrimonio immobiliare detenuto all’estero o la casa di abitazione del nucleo. 

Fondamentale, poi, è indicare il tipo di DSU che si intende compilare, scegliendo tra MINI e Integrale. Se normalmente la DSU MINI è quella che deve essere compilata per la maggior parte di prestazioni e agevolazioni, ci sono anche casi nei quali è invece richiesta la compilazione della DSU Integrale, per esempio per coloro che devono compilare la DSU per l’ISEE Università. 

Come controllare lo stato dell’elaborazione della DSU precompilata

Una volta compilata la DSU è possibile visualizzare lo stato di elaborazione della stessa nella pagina di verifica dello stato. 

Gli stati dell’elaborazione della DSU possono essere:

da elaborare; sospesa; bloccata; elaborata.

Quando nello stato riscontro compare da elaborare, i riscontri con l’Agenzia delle Entrate non sono ancora disponibili. In questo caso, il cittadino deve solo rimanere in attesa dell’esito. 

La DSU risulta Sospesa quando c’è almeno un esito dei riscontri negativo: in questo caso si può scegliere di correggere la DSU. 

La DSU può anche risultare Bloccata quando si è superato il limite di 3 tentativi per inserire i dati di riscontro: si può proporre una nuova DSU precompilata oppure acquisire una DSU non precompilata. 

Infine, se nella colonna dello stato compare Elaborata vuol dire che gli esiti dei riscontri sono positivi, quindi la DSU potrà essere completata, controllando e confermando (o modificando) i dati precompilati. 

Entro quanto tempo si riceve l’ISEE 2022 con l’ISEE precompilato?

In linea generale, i tempi di restituzione del modello ISEE non differiscono molto da quelli che impiega il CAF o il patronato per consegnare l’ISEE. Dalla presentazione della DSU, e dopo i controlli e le verifiche INPS, generalmente il modello ISEE viene restituito nel giro di 15 giorni. 

Possono volerci un paio di settimane, quindi, sia per ricevere l’ISEE con DSU compilata dal CAF sia con ISEE precompilato. Ciò non toglie che con l’ISEE precompilato le possibilità che siano presenti omissioni o difformità nella DSU siano molto minori rispetto alla compilazione del CAF. Ogni omissione o difformità porta, infatti, l’INPS a “rimandare indietro” la DSU che dovrà poi essere modificata e che verrà restituita nel giro di altri 15 giorni. 

Sia che si decida di compilare la DSU online, sia che si decida di affidarsi al CAF è sempre importante ricordare la documentazione da avere a portata di mano al momento della compilazione. 

In primis, lo stato di famiglia, la carta di identità e i codici fiscali di tutti i componenti il nucleo familiare; in secondo luogo, le dichiarazioni dei redditi, i saldi e le giacenze di tutta la famiglia, i dati del patrimonio immobiliare e il contratto d’affitto.

Bonus Mobili 2022: le regole! Come fare senza ristrutturare

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Bonus Mobili ed Elettrodomestici prorogato. La misura è stata confermata anche per gli anni 2022, 2023 e 2024 ed è contenuta nella Legge di Bilancio per il 2022 approvata in maniera definitiva in Parlamento il 30 dicembre 2021.

La Legge Fondamentale dello Stato, legge numero 234 del 2021 prevede la conferma del Bonus Mobili ed Elettrodomestici per il prossimo triennio.

La misura prevede un incentivo per le persone che intendono fare acquisti di mobili ed elettrodomestici. Ma ci sono determinate caratteristiche da rispettare.

Tra queste occorre effettuare un intervento di ristrutturazione. Ma ci sono anche alcune casistiche nelle quali non serve un intervento completo di ristrutturazione. Basta anche qualcosa di meno invasivo.

Vediamo la situazione generale anche alla luce della recentissima pubblicazione di gennaio 2022 dell’Agenzia delle Entrate che ha pubblicato la nuova Guida per il Bonus Mobili ed Elettrodomestici.

Bonus Mobili ed Elettrodomestici: di che cosa si tratta?

Il Bonus Mobili ed Elettrodomestici è una misura che è stata confermata anche nella Legge di Bilancio per il 2022. E vale anche per il 2023 e per il 2024.

Che cosa prevede questa misura? Con questa misura i cittadini possono avere una detrazione Irpef pari al 50% della spesa che viene effettuata se si acquistano ad esempio mobili o grandi elettrodomestici che sono destinati ad arredare un immobile.

C’è una condizione da rispettare: la casa deve essere oggetto di un intervento di recupero o di ristrutturazione.

Anche se, come vedremo, ci sono casistiche nelle quali si può accedere al Bonus anche senza effettuare un intervento completo di ristrutturazione ma ad esempio effettuando solamente la sostituzione di una caldaia, a patto che si migliori la situazione legata al risparmio energetico di quell’immobile.

Bonus Mobili ed Elettrodomestici: i prodotti che si possono acquistare

Per avere questa detrazione Irpef pari al 50% della spesa che si effettua occorre acquistare mobili e grandi elettrodomestici. Nella fase di dichiarazione dei redditi vanno poi inserite le spese che si sono effettuate.

Occorre che ci sia univocità: deve essere la stessa persona alla quale è intestato l’intervento di recupero edilizio e che poi sostiene la spesa per arrivare alla ristrutturazione dell’immobile

Come detto occorre avviare prima un intervento di recupero o ristrutturazione alla propria casa e poi occorre effettuare l’acquisto di mobili o elettrodomestici. La detrazione vale anche se si va ad arredare con l’acquisto una zona della casa che non è stata oggetto dell’intervento di ristrutturazione.

Importante è che lavori e acquisto siano riferiti alla stessa casa: non importa alla stessa stanza. 

Il Bonus è accessibile per abitazioni a uso residenziale: ovviamente vale per abitazioni private ma è attivabile anche effettuando acquisti che vanno ad arredare le parti comuni dei condomini.

Requisito basilare per avere la misura è che la data di inizio lavori sia antecedente alla data nella quale si effettua l’acquisto del bene materiale.

Nei casi in cui la data di avvio dei lavori non sia necessaria è sufficiente presentare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. 

Bonus Mobili ed Elettrodomestici: quali sono gli interventi necessari per attivare la detrazione

Eccoci al cuore dell’articolo. Quali sono gli interventi che sono necessari per dare il via alla possibilità di avere una detrazione per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici?

Occorre effettuare un intervento di manutenzione o risanamento di un singolo appartamento. Non bastano ad esempio semplici tinteggiature, sosituzioni di pavimenti o di infissi.

Va bene se si effettua il ripristino di un edificio che è stato danneggiato da calamità e ancora interventi di restauro e interventi di manutenzione ordinaria di parti comuni di edifici. 

Il Bonus Mobili si applica anche alle persone che usufruiscono del Sismabonus.

Vediamo nel dettaglio gli interventi che danno diritto ad accedere al Bonus: valgono per avere il Bonus anche installazione di ascensori e scale di sicurezza, la creazione di servizi igienici, cambiamento di infissi con cambiamento di materiale.

E ancora il rifacimento di rampe e scale, la creazione di recinzioni e muri di cinta e scale interne. 

Bonus Mobili ed Elettrodomestici: però bastano per il bonus anche interventi meno invasivi

Ma attenzione rientrano nella manutenzione straordinaria anche altri aspetti.

Sono validi, spiega la Guida aggiornata dell’Agenzia delle Entrate, anche altri interventi di manutenzione straordinaria che danno diritto al Bonus. Come ad esempio una semplice installazione in casa di una stufa a pellet.

L’installazione ad esempio di un impianto di climatizzazione invernale o estiva a pompa di calore. E ancora la semplice sostituzione della caldaia. Che deve portare, ad una situazione di risparmio energetico maggiore rispetto alla situazione precedente.

Valgono ovviamente anche altri tipi di interventi molto più invasivi come ad esempio una modifica della facciata, la creazione di una mansarda o di un balcone, l’apertura di nuove porte o finestre. 

Bonus Mobili ed Elettrodomestici 2022-2024: ecco che cosa si può acquistare

La nuova guida dell’Agenzia delle Entrate aggiornata adesso a gennaio 2022 illustra anche nel dettaglio che cosa è possibile acquistare.

Per quel che riguarda i mobili possono essere acquistati armadi, letti, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, divani, poltrone, comodini, cassettiere, credenze, materassi e apparecchi che portano illuminazione nelle case. Non validi gli acquisti di porte, pavimenti, tende e tendaggi.

Per quel che riguarda invece l’aspetto degli elettrodomestici va detto che deve trattarsi di elettrodomestici nuovi ovviamente . La guida a questo link illustra anche le caratteristiche di consumo energetico che devono avere gli elettrodomestici e le norme legate all’etichetta energetica.

Sono acquistabili ad esempio congelatori, frigoriferi, lavatrici, asciugatrici, lavasciuga, lavastoviglie, forni, piastre, apparecchi di riscaldamento o il condizionamento dell’aria e ventilatori.

Alla detrazione sono concesse anche delle spese che eventualmente si dovessero verificare legate al trasporto e al montaggio presso la propria abitazione del prodotto.

Bonus Mobili ed Elettrodomestici 2022: ecco tutte le cifre della misura

La Legge di Bilancio approvata per il 2022 ha fissato anche dei paletti ben definiti dal punto di vista delle cifre: intanto non viene tenuto in nessun conto quanto è stato speso per l’intervento di ristrutturazione.

Questa spesa non va a condizionare in nessun modo quel che sarà della detrazione. Basta un piccolo intervento come abbiamo elencato in precedenza per avere la detrazione. 

Le cifre stabilite dalla Legge di Bilancio sono le seguenti: per il 2022 l’importo massimo di spesa è di 10.000 euro per acquistare il mobile o l’elettrodomestico. Quindi ad essere ammesso a detrazione è il 50% di questi 10.000 euro.

Si abbassa il livello per i due anni successivi: per il 2023 e il 2024 il limite massimo di spesa va calcolato su una spesa massima di 5.000 euro. Quindi si tratta del 50% di 5.000 euro.

La detrazione alla persona che ne fa richiesta viene assegnata in 10 quote, una all’anno per 10 anni. Tutte le quote saranno dello stesso importo.

Per avere la detrazione occorre effettuare i pagamenti con carte di credito o di debito, comunque con strumenti tracciabili. Vanno conservate le ricevute del bonifico, della transazione avvenuta, addebito sul conto corrente e le fatture di acquisto dei beni. 

Per maggiori informazioni è possibile consultare la guida dell’Agenzia delle Entrate a questo link.

Bonus internet 2022: confermato per aziende e non solo!

È finalmente partita la fase II del nuovo bonus internet, che prevede l’erogazione di voucher fino a 2.500 euro per la digitalizzazione e l’installazione diffusa della banda ultralarga. A renderlo noto è stato proprio il MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, che tramite il Decreto Attuativo del 30 dicembre 2021 fa sapere che le risorse messe in campo a tale scopo ammontano a ben 609 milioni di euro, in linea con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR.

A tale proposito il Ministro Giorgetti scrive:

Dobbiamo velocizzare gli investimenti nella banda ultralarga del Paese e cogliere l’opportunità delle risorse stanziate nel Pnrr. […] sosterremo accompagnando l’attivazione anche con iniziative di comunicazione mirate a far conoscere a tutti i possibili beneficiari la nuova misura. Non è ammissibile, […] che risorse stanziate non vengano utilizzate interamente per carenza di informazioni operative adeguate a far comprendere l’importanza dello strumento.

Giorgetti non va sul sottile e tocca un tasto dolente. La fase I del bonus internet era infatti stata inaugurata lo scorso anno, ma si è dimostrata un mezzo fallimento poiché gran parte delle risorse stanziate non sono state utilizzate dai cittadini.

Dunque, il Governo torna alla carica con il bonus internet anche nel 2022, ma cambiano un bel po’ di cose.

Cos’è e come funziona il bonus internet 2022?

Se la prima tornata del bonus internet era destinata a privati, famiglie e scuole, ora i voucher spettano alle imprese e alle partite Iva: si tratta di buoni economici di diverso valore che mirano a migliorare la connessione, aumentandone la velocità da 30 Mbit/s a 1Gbit/s e oltre entro il 2026, ben quattro anni prima rispetto ai termini fissati dall’Unione Europea.

I bonus internet si inseriscono nella cosiddetta Strategia italiana per la Banda Ultralarga – “Verso la Gigabit Society” che il Comitato interministeriale per la transizione digitale (CITD) ha approvato il 25 maggio 2021 e che:

definisce le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale indicati dalla Commissione europea nel 2016 e nel 2021 – rispettivamente con la Comunicazione sulla Connettività per un mercato unico digitale europeo (cd. ‘Gigabit Society’) e la Comunicazione sul decennio digitale (cd. “Digital compass”).

Gli obiettivi che la strategia si propone di raggiungere attraverso il bonus internet sono almeno quattro:

  • migliorare le competenze informatiche dei cittadini
  • digitalizzare i servizi pubblici
  • migliorare il rapporto tra le imprese e il digitale
  • creare infrastrutture digitali non solo sicure, ma anche sostenibili

A tale proposito, ecco un video di Key4Biz, quotidiano di digital economy,  che mostra come si esprimeva il ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale Vittorio Colao la scorsa primavera: 

Bonus internet per le aziende

Il bonus internet nel 2022 è destinato solo ai titolari di partita Iva, nello specifico a piccole e medie imprese fino a 250 dipendenti regolarmente iscritte al REA, il Registro delle imprese:

La platea che, a seconda della tipologia e dell’importo del voucher che verrà richiesto, potrà variare da un minimo di 850.000 a un massimo di 1.400.000 imprese beneficiarie

Ogni azienda può chiedere un solo bonus internet anche in caso di sedi multiple e impegnarsi a stipulare un contratto con il gestore del servizio della durata compresa tra 18 e 36 mesi.

L’ammontare del voucher che le aziende riceveranno è compreso tra 300 e 2mila euro, ma ulteriori 500 euro potranno essere erogati se si passa a connessioni a 1 Gbit/s, in modo da coprire la maggior parte dei costi.

In particolare, il bonus internet ammonta a:

  • 300 euro per installazioni internet tra 30 Mbit/s e 300 Mbit/s; o tra 300 Mbit/s e 1 Gbit/s, soltanto previa stipulazione di un contratto internet di minimo 18 mesi e massimo di 36
  • 500 euro per connessioni a 1 Gbit/s; per connessioni tra 300 Mbit/s e 1 Gbit/s soltanto previa stipulazione di un contratto di fornitura di minimo 18 mesi e massimo di 36
  • 2.000 euro per connessioni di velocità superiore a 1 Gbit/s 
  • 2.500 euro per connessioni superiori a 1 Gbit/s e copertura di parte dei costi installazione

I requisiti per richiedere il bonus internet. I dettagli saranno resi noti nel prossimo Decreto Attuativo del Ministero, ma possiamo già anticipare che, date le risorse non infinite messe a disposizione, avranno la precedenza le aziende che richiedono il bonus per attivare la connessione internet alla migliore velocità disponibile presso l’edificio in cui hanno sede – può essere un miglioramento del servizio già esistente oppure un’attivazione ex novo.

Chi aderisce al bonus internet?

Per ora, gli operatori accreditati che aderiscono al bonus internet 2022 sono i seguenti dodici:

  • Telecom Italia Spa
  • Interfibra Srl
  • Wind Tre Spa
  • Tiscali Italia Spa
  • Vodafone
  • Fastweb
  • Mynet srl
  • Sinergia Telecomunication srl
  • Fidoka Srl
  • Telco&Media Srl
  • Bbbell Spa
  • Global Com Basilicata Srl

Secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore, per il bonus internet dell’anno scorso gli italiani hanno scelto un gestore telefonico in particolare, la Tim. Vittorio Colao ha infatti evidenziato alla Camera che:

Il 76% del richiesto è arrivato da un operatore, il 20% ripartito tra secondo, terzo e quarto, il rimanente tra tutti gli altri. 

Come richiederlo?

Le aziende che intendono avvalersi del bonus internet 2022 devono inoltrare direttamente la domanda – i privati cittadini, invece, potevano rivolgersi personalmente al gestore telefonico.

Le modalità per inoltrare la domanda per il bonus internet non sono ancora rese note: al momento si sa soltanto che sarà Infratel Italia, società in-house del MISE e parte del Gruppo Invitalia, a gestire il tutto ed erogare gli importi.

Dal momento in cui si apriranno le domande, le aziende avranno un anno di tempo per richiedere il voucher internet, ma attenzione: le risorse messe a disposizione non sono infinite e i bonus verranno erogati solo fino a esaurimento delle stesse!

Bonus internet e smart working

Sarebbe facile pensare che con la proroga dello stato di emergenza e dello smart working fino al 31 marzo 2022 siano confermate anche le agevolazioni relative o erogati specifici bonus internet per chi, volente o nolente, deve lavorare da casa.

Ma non è così. I lavoratori in smart working non potranno avvalersi di nessun bonus internet perché, come già detto, quest’anno spetta alle aziende; inoltre, il Governo ha cancellato, tra gli altri, anche il bonus smart working. Richiedibile solo dalle aziende, agevolava l’acquisto di strumentazione per rendere gli uffici improvvisati a casa confortevoli, per esempio, tramite specifiche sedie ergonomiche o un tipo di illuminazione non dannosa per la vista.

Bonus internet anche per i privati?

Una bella nota dolente perché il bonus internet per i privati ha ormai chiuso i battenti, dopo l’insuccesso dell’anno scorso.

Infatti, ha richiesto i voucher internet un numero molto inferiore di cittadini rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato (circa il 50% in meno), facendo restare inutilizzati ben 93 milioni di euro

A questo, si è aggiunto il numero delle richieste scartate, quasi 600, a causa di alcune clausole contrattuali o dispositivi tecnologici che non rispettavano i requisiti previsti dal precedente bonus internet e PC.

I fondi avanzati, comunque, non sono andati sprecati perché sono stati aggiunti ai 516 milioni inizialmente previsti dal Governo e destinati alle imprese, facendo così salire l’ammontare totale a 609 milioni.

Avviato nel novembre 2020 e conclusosi lo scorso 9 novembre, questo bonus internet era destinato alle famiglie con ISEE inferiore a 20mila euro.

Oltre ai servizi di connettività, il bonus internet per le famiglie comprendeva anche l’acquisto di PC e tablet e gli importi erano così distribuiti:

  • da 200 a 400 euro per l’attivazione o il miglioramento della connessione internet
  • da 100 a 300 euro per acquistare PC o tablet

Bonus internet per anziani e disabili

Al di là del risultato deludente dell’anno scorso, nel 2022 rimangono comunque alcune categorie di cittadini che hanno diritto, se non a un vero e proprio bonus internet, a diversi tipi di agevolazioni al riguardo: i disabili, gli anziani e le famiglie con Isee inferiore a 8.112,33 euro.

Anziani e famiglie in difficoltà economica. L’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha varato una serie di misure a favore di questi cittadini, misure che riguardano proprio la telefonia e la connessione internet come strumento per richiedere soccorso e che prevedono 30 minuti di telefonate gratuite al mese e lo sconto del 50% sul canone – l’agevolazione è disponibile solamente tramite Tim.

Chi possiede la Social Card, invece, può richiedere a Tim un abbonamento telefonico a 14,69 euro al mese Iva inclusa, ma attenzione, perché questa agevolazione non è cumulabile con le due nominate poco sopra!

Sordi e ciechi. Le persone con sordità o cecità parziale o totale e/o i nuclei familiari di cui fanno parte possono scegliere, al posto del bonus internet, una delle seguenti agevolazioni a seconda delle proprie esigenze:

  • canone mensile flat o semiflat residenziale per telefono e internet scontato del 50%
  • canone internet per navigazione da postazione fissa al 50% in meno
  • 180 ore mensili di navigazione per quanto riguarda le offerte a consumo

L’Agcom rende noto che è l’utente stesso che deve inoltrare domanda all’operatore con cui vuole avvalersi delle agevolazioni, allegando semplicemente la certificazione medica che attesta la disabilità. Le agevolazioni partono dal giorno in cui viene inoltrata la domanda.

Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali e relazioni istituzionali dell’AISM, Associazione Italiana Sclerosi Multipla, si è detto molto soddisfatto delle agevolazioni introdotte, ma ha sottolineato anche la necessità di estendere queste ed eventuali bonus internet anche ad altre categorie di disabili, come coloro affetti da sclerosi multipla:

Partendo dai dati del Barometro della SM 2021 e prendendo la sclerosi multipla come modello di disabilità e di patologia complessa, abbiamo prodotto evidenze a sostegno di questa necessità non più rimandabile. […] garantire l’accesso ai servizi telefonici e digitali significa mettere in condizione i cittadini di fruire di diritti fondamentali, non solo l’inclusione sociale ma anche la salute e il lavoro.

Vi terremo dunque aggiornati nel caso di ulteriori aggiunte o cambiamenti alle agevolazioni e al bonus internet di cui abbiamo discusso nell’articolo.

Account bloccato NoiPA: come recuperare il cedolino?

Alzi la mano a chi è capitato almeno una volta di bloccare un account!

Account per accesso all’homebanking, ai servizi di Pubblica Amministrazione o di Poste Italiane: quasi sempre un account viene bloccato perchè ci si dimentica la password!

Buona norma sarebbe quella di scriverla da qualche parte ben custodita, soprattutto perchè per alcuni particolari servizi, siamo costretti a cambiarla spesso e ricordarla a memoria è impossibile.

Ma cosa succede se vogliamo accedere al cedolino del nostro stipendio su NoiPA e proviamo troppe password? L’account si blocca come misura di sicurezza!

Oggi vediamo brevemente cos’è NoiPA e poi vediamo come sbloccare facilmente l’account se malauguratamente l’abbiamo bloccato.

NoiPA: un servizio per la Pubblica Amministazione

Non tutti hanno accesso a NoiPA.

NoiPA è un servizio nato dal Dipartimento dell’Amministrazione Generale del personale e dei Servizi e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per la gestione degli stipendi di tutto il personale, centrale e periferico, facente parte della Pubblica Amministrazione.

Questo portale ha la fondamentale funzione di far accedere qualsiasi dipendente della Pubblica Amministrazione alla consultazione del proprio cedolino stipendio mensile, oltre a presentare un gran numero di servizi di cui abbiamo già parlato in questo articolo

Come per ogni servizio online, per poter accedere all’area riservata, è necessario inserire delle opportune credenziali, composte dal codice fiscale e da una password.

La password, in particolare, si ottiene tramite la registrazione con un indirizzo di posta elettronica valido.

Se la mail scelta è quella già in possesso all’amministrazione di appartenenza, si otterrà facilmente la password, sennò sarà necessario rivolgersi al Responsabile dell’Identificazione del Dipendente (RID) del proprio ufficio di servizio, a cui sarà necessario comunicare indirizzo di posta elettronica e numero di cellulare.

Una volta ricevuta la mail di conferma, in entrambi i casi, sarà possibile accedere tramite una password provvisoria che andrà modificata al primo accesso.

NoiPA in realtà, chiede di cambiare periodicamente la propria password per evitare che possano esserci accessi non autorizzati, quindi per evitare che qualcuno possa accedere ai nostri dati personali.

Cambiando spesso la password, quindi, può capitare facilmente che ce ne si dimentichi, ricordando magari la password precedente e bloccando il proprio account nel tentativo di provare l’accesso.

Ma non è una tragedia, i metodi per recuperare l’accesso sono molteplici e oggi vediamo come fare in maniera autonoma e con l’aiuto del servizio di assistenza tecnica.

NoiPA: ho dimenticato la password!

Come abbiamo detto, il sistema chiede spesso di cambiare la password, quindi, è comune potersi dimenticare la password di accesso se non la si è appuntata nella propria agenda.

Prima di tutto, non bisogna perdere la calma. Se ci si accorge che la password non funziona, è meglio cliccare sul tasto “password dimenticata” e seguire le istruzioni indicate dal sito per il recupero della password. Generalmente viene chiesto di inviare alla mail prescelta una mail in cui viene chiesto di reimpostare da zero la password.

Ogni volta che sbagliamo la password, esce la dicitura “autenticazione non riuscita” che ci avvisa che c’è qualcosa che non va nei dati da noi inseriti.

Ma se hai provato per 5 volte consecutive, convinto di ricordare la password, il tuo account per la tua sicurezza è stato bloccato!

Il blocco, se si tratta di un accesso successivo al primo di attivazione, si disattiva automaticamente dopo un’ora dall’ultimo tentativo errato.

Dopo aver atteso questa ora, è il caso di riprovare a inserire la password solo se si è sicurissimi di star inserendo la password giusta.

Importante è ricordare di inserire tutti i dati in maniera corretta, rispettando maiuscole, minuscole o simboli che compongono la password, poichè in particolare per maiuscole e minuscole, il sistema le riconosce come caratteri differenti.

Se il problema dovesse persistere oltre l’ora di riattivazione, è il caso di chiedere aiuto al servizio di assistenza.

NoiPA: servizio assistenza

Se proprio non abbiamo modo di rientrare nel nostro account e accedere al nostro cedolino, è il caso di contattare il servizio clienti.

La richiesta di aiuto deve essere inviata dal sito di NoiPA direttamente al seguente link

Questa pagina di supporto ci dà la possibilità di chiedere aiuto sotto tanti aspetti dell’utilizzo di NoiPA.

Noi dobbiamo focalizzarci sul modulo di assistenza “Amministrato” dove in sequenza dovranno essere scelte le seguenti opzioni:

  • Area: accesso e gestione utente
  • Tematica: Reset password
  • Tipo di problema: Reset Password;

Per procedere con questa richiesta è necessario allegare un documento di identità valido.

Una volta inviata la richiesta, l’utente presso la mail segnalata per l’iscrizione, riceverà una nuova mail con le indicazioni per confermare la richiesta di assistenza.

Solo dopo la conferma di questa mail, il supporto tecnico potrà effettivamente procedere nel reset della nostra password.

Può a volte capitare che questa mail non arrivi. Cosa bisogna fare in questo caso?

Quando si inseriscono i propri dati anagrafici personali, può sempre capitare un errore, soprattutto se ad inserirli è il Responsabile dell’Identificazione Dipendente (RID).

In questo caso, se si è sbagliato l’inserimento dell’indirizzo della posta elettronica, non sarà possibile ricevere nessuna mail dal supposto di assistenza.

In questo caso è proprio necessario rivolgersi al Responsabile dell’Identificazione Dipendente (RID) che è l’unico autorizzato ad apportare modifiche ai dati anagrafici in caso di errore.

Generalmente il Responsabile dell’Identificazione Dipendente (RID) è il Dirigente o un responsabile di ufficio.

Questa figura preposta dovrà comunicare nuovamente l’indirizzo di posta elettronica esatto e avviare il processo di reset della password.

Ma la mancata ricezione della mail può anche essere legata ad altre motivazioni, apparentemente banali:

  • la casella di posta elettronica non dispone di spazio sufficiente alla ricezione;
  • il server di posta del gestore identifica la mail mittente [email protected] come SPAM e quindi la indirizza nella parte preposta alle mail indesiderate;
  • l’operazione di identificazione non è conclusa correttamente;

Non tutti però vogliono proseguire con una procedura online, quindi il servizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze dà la possibilità anche di chiedere maggiori informazioni tramite assistenza telefonica al numero 800 911 990 attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 18.00 da solo telefono fisso.

La chiamata a questo numero di telefono dà la possibilità di gestire ogni problema relativo allo stipendio e quindi anche al recupero del proprio cedolino.

L’account Youtube di NoiPA- servizi PA a Persone PA ha caricato un video molto esplicativo in cui presenta una guida alla richiesta di assistenza tecnica al server NoiPA, mostrando passo passo la procedura da seguire per mandare una richiesta efficace ed efficiente al servizio:

NoiPA: e se non siamo noi il problema?

Come ogni sistema online, qualche bug o problema può sempre capitare e magari non capiamo cosa sta accadendo perchè siamo sicuri dei dati che stiamo inserendo.

La casistica dell’errore di accesso all’utenza è un problema generalmente legato ad un malfunzionamento del sistema che può a volte anche presentarsi con una schermata bianca dopo aver inserito i propri dati in maniera corretta.

A volte, invece, è necessario ricaricare più volte la stessa pagina per riuscire ad accedere al servizio.

Ci sono però anche casi estremi, in cui per mesi un utente non riesce ad entrare nel proprio account e quindi accedere al proprio cedolino poichè la propria utenza risulta inspiegabilmente bloccata.

Riportiamo una testimonianza di una giovane dipendente MIUR di 26 anni:

Sono una dipendente Miur da 26 anni. La mia utenza MEF è bloccata così come si evince dal file allegato (sono anche un operatore scolastico, cioè uso la mia utenza per lavorare nell’ area riservata alle scuole e che, ovviamente, non è fruibile). Sono estremamente stanca delle continue richieste al servizio di assistenza che, ad oggi, non hanno dato esito. Non ho accesso ai miei documenti stipendiali e fiscali, non posso lavorare sugli accessori del comparto scuola. Uso questo servizio nella speranza di giungere ad un risultato.

In questi casi estremi, bisogna direttamente rivolgersi all’assistenza del Ministero preposto per riuscire a risolvere la situazione.

Lo stesso portale denuncia, in alcune circostanze, malfunzionamenti del sistema di autenticazione del portale che non consentono l’accesso all’area privata e quindi al cedolino.

Un portale con così tante funzionalità ci si aspetta funzioni sempre al meglio; purtroppo non è sempre così ed è a volte necessario avere pazienza affinchè i tecnici risolvano i bug presenti o rivolgersi all’assistenza tecnica telefonica.

Nonostante ciò, il servizio online NoiPA è fondamentale per ogni membro della Pubblica Amministrazione vista la moltitudine di servizi che ricopre.

Controlli su conti correnti: fino a 50mila euro di multa! A chi

Già dalla fine del 2021 il governo aveva cominciato ad attuare delle misure per impedire il riciclaggio di denaro sporco favorendo i pagamenti attraverso bancomat e scoraggiando i pagamenti in denaro contante. Ma anche la nuova legge finanziaria porta con sé una normativa antifrode e antiriciclaggio.

Una delle principali novità della suddetta normativa riguarda il tetto massimo consentito per effettuare i pagamenti in denaro contante, fissato a 1.000 euro. Ma cosa comporterebbe, secondo la normativa antiriciclaggio, il prelievo o il versamento di una tale cifra?

Le sanzioni potranno essere davvero importanti in certi casi e ad intervenire sarebbe proprio l’Autorità Antiriciclaggio. In questo articolo individueremo la normativa, spiegando i pro e i contro, e cosa prevede in materia di sanzioni.

I controlli sul bancomat e sui conti correnti

La nuova normativa antiriciclaggio potrebbe essere davvero una spina nel fianco per i contribuenti. Questa pone dei limiti sia sui versamenti che sui prelievi, ma si concentra soprattutto sui primi, ovvero sui versamenti.

Ad effettuare i controlli, sotto la stretta sorveglianza dell’Autorità antiriciclaggio, saranno l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di finanza che, in caso di attività sospette, dopo una segnalazione da parte della banca, potrebbero intervenire ed effettuare i controlli, con conseguenze più o meno gravi.

Ma qual è la motivazione che ci sta dietro? Ovviamente, l’intento dell’Autorità Antiriciclaggio è quello di stanare eventuali attività illecite e riciclaggio di denaro sporco. Il fatto che questo denaro versato non venga dichiarato potrebbe in certi casi rappresentare l’esito di un’attività illecita.

“Come riportato da Business Online, gli obiettivi fissati dal fisco sono chiari: recuperare circa 16 miliardi di euro di gettito (nello specifico 15,8) attraverso 390mila verifiche dell’Agenzia delle entrate e 170mila in collaborazione con le fiamme gialle. Il riferimento è al triennio tra il 2021 e il 2023.”

I controlli non saranno effettuati solamente sui versamenti, ma anche su altri movimenti come ad esempio bonifici bancari, pagamenti online, servizi di addebito bancario, prelievi all’estero, pagamenti contactless, carte bancarie e libretti degli assegni.

Ma quali saranno le sanzioni applicate? Abbiamo già accennato al fatto che al superare di una soglia di versamento presso un bancomat, attualmente fissata a 1.000 euro, l’Autorità Antiriciclaggio procederà ad effettuare dei controlli e se risulteranno dei movimenti sospetti allora potranno essere applicate delle sanzioni. Ma vediamo in cosa consisteranno.

Controlli sui versamenti nei conti correnti: ecco le sanzioni

Ma in cosa consisteranno le sanzioni applicate dall’Autorità Antiriciclaggio? Generalmente, dopo aver effettuato i controlli, le autorità si accertano che i movimenti di denaro contante non abbiano a che fare con attività illecite. In questo caso tutto potrebbe concludersi con una semplice stretta di mano.

Ma se dai controlli dovessero emergere delle anomalie, allora in quel caso scatterebbero delle multe, consistenti in un importo che potrebbe variare dai 1.000 euro ai 50.000 euro. Ovviamente, l’ammontare dell’importa varia in base all’entità dell’anomalia.

Infatti, un normale cittadino che si limita a superare il tetto massimo fissato dall’Autorità porterebbe a casa una multa da 1.000 euro, mentre per un professionista che commette lo stesso illecito la multa sale a 3.000 e 15.000 euro.

Ma bisogna fare una puntualizzazione. Secondo il Giornale, infatti,

“Il limite massimo di 1000 euro non si applica per i prelievi e per i versamenti in banca, visto che non si tratta di transazioni tra due soggetti ma di operazioni sul conto corrente personale. Invece la soglia non deve essere superata per acquisti in negozi, negli alimentari, dall’elettricista, dal veterinario e dal dentista.”

Quindi, chi non si attiene agli obblighi previsti dalla normativa, rischia grosso. Ma come sono cambiati i controlli dell’Autorità antifrode in questo ultimo anno?

Controlli sui Conti correnti durante il 2021

Nel corso di quest’ultimo anno sono cambiate tantissime cose e tante sono state le nuove misure per sfavorire l’uso di denaro contante premiando, invece, i pagamenti attraverso carta o bancomat. Tutte queste misure avrebbe un obiettivo comune, ovvero la lotta all’evasione fiscale e il controllo sulla attività illecite.

La pandemia ha certamente agevolato questi controlli. Ricordiamo, infatti, che molte misure come il cashback o la lotteria degli scontrini sono state emanate proprio a seguito della pandemia proprio perché, secondo gli esperti, l’uso di denaro contante contribuiva alla diffusione del virus.

Ma sappiamo benissimo che quelle misure avrebbero avuto tutt’altro scopo. I controlli delle autorità e dell’Agenzia delle entrate possono essere effettuati non solo sui conti correnti, ma anche nella dichiarazione dei redditi e nel modello ISEE che, come sappiamo, da adesso potrà essere presentato in autonomia attraverso il portale INPS dedicato.

Controlli sui conti correnti dichiarati nell’ISEE

Durante la dichiarazione dei redditi, mediante la presentazione del modello ISEE, sappiamo che ogni soggetto dovrà dichiarare tutto il patrimonio mobiliare e immobiliare posseduto, come anche le carte ed i conti correnti bancari o postali.

Il Fisco potrà controllare anche tutti i conti correnti dichiarati nel vostro modello ISEE. Come abbiamo già accennato nel paragrafo precedente, ogni utente avrà la facoltà di presentare la DSU precompilata direttamente sul portale INPS, ma questo potrebbe rappresentare un’arma a doppio taglio.

Una dichiarazione errata e non corretta porterebbe il Fisco ad effettuare tutti i controlli del caso. Per presentare una DSU in maniera corretta, bisognerà seguire le indicazioni fornite direttamente dall’INPS attraverso alla comunicazione numero 96 del 13 gennaio.

Ma bisogna puntualizzare che il fisco si limiterà ad effettuare i controlli su eventuali omissioni o difformità in merito al patrimonio.

Controlli sui conti correnti: cos’è la super anagrafe?

La super anagrafe è un database con cui il fisco potr�� effettuare dei controlli ancora più serrati. Nel medesimo sono contenuti tutti i dati degli utenti dell’Agenzia delle Entrate e i dati della Guardia di finanza.

In questo modo, il fisco ha modo di avere a disposizione una grande mole di dati di tutti gli utenti, come ad esempio i movimenti in entrata e in uscita, il saldo dei conti correnti e la giacenza media degli utenti presenti all’interno del database.

Controlli sui conti correnti ma solo se a rischio evasione

I controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate saranno effettuati su tutti i conti correnti di qualsiasi persona fisica. Ma per rincuorarvi, possiamo assicurarvi che i suddetti controlli saranno effettuati solamente in caso di evasione e di movimenti che l’Autorità percepirà come sospetti e a rischio elevato.

Per farvi un esempio pratico, il Fisco potrebbe procedere ad effettuare un controllo su un accredito di una certa entità e non presente nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata. 

Ma ad essere maggiormente controllati saranno i liberi professionisti ed i titolari di partite iva, oltre che anche gli imprenditori e titolari di grandi aziende.

3 ETF azionari per chi cerca reddito

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I fondi di tipo income, cioè che staccano periodicamente un dividendo da distribuire agli investitori, possono sembrare allettanti per coloro che cercano una fonte di reddito stabile. Raggiungere tale obiettivo è possibile, purché si seguano determinate regole nella scelta dello strumento finanziario più appropriato.

Quando si cerca un reddito periodico è facile lasciarsi tentare dalle società con i più alti dividendi, o dai fondi con la migliore esposizione a quei titoli specifici. Ci sono diverse sfumature da tenere in considerazione nel determinare cosa costituisce una buona strategia ad alto dividendo, soprattutto nell’universo passivo. Gli investitori income, infatti, sono sempre più attratti dagli Exchange traded fund per accedere a determinati mercati e temi.

Attenzione a tassi d’interesse e sostenibilità delle cedole

Un parametro da tenere sotto osservazione è il costo del denaro. I titoli a reddito fisso, infatti, non sono gli unici a esserne interessati. Anche i prodotti high dividend, in particolar modo quelli molto diffusi come gli Exchange traded fund, sono piuttosto sensibili a oscillazioni nei tassi d’interesse, in quanto si ritrovano a competere proprio con i bond.

A prescindere dai tassi d’interesse, comunque, quello che bisogna davvero ricercare in un prodotto high dividend è la stabilità dei pagamenti e l’incremento costante della cedola, piuttosto che il dividendo più alto. Una crescita stabile e continua nei dividendi suggerisce, infatti, una gestione aziendale responsabile. Ad esempio, un’azienda che paga l’1,5% di dividendo con una crescita pari al 10% annuo, è in grado di generare in sei anni un reddito maggiore di quello prodotto da un’azienda che paga ogni anno il 3%. È importante quindi capire in che modo l’indice replicato dall’ETF sceglie i propri titoli.

3 idee d’investimento

DI seguito elenchiamo tre ETF di tipo income  – due globali, uno sui mercati emergenti – messi in evidenza dal nostro team di analisti sulle strategie passive.

Fidelity Global Quality Income ETF

Questa strategia ottiene un Morningstar Quantitative Rating pari a Silver. Nel corso degli ultimi tre anni ha battuto sia la propria categoria Morningstar sia il suo benchmark, l’indice MSCI World High Dividend Yield. Nel 2021 ha reso il 31,2%, ed è persino riuscito a produrre un rendimento positivo nel 2020 (0,9%), in uno degli anni peggiori mai registrati per le strategie ad alto dividendo.

In termini di quota di portafoglio, l’azionario statunitense fa la parte del leone con una ponderazione del 68%, sopra la media di categoria (44%) e dell’indice (57%). Le società americane hanno risposto alla crisi dei dividendi del 2020 riducendo i riacquisti di azioni proprie piuttosto che tagliare i pagamenti, in contrasto con le loro controparti europee, le quali hanno cancellato e tagliato miliardi di cedole. Le banche statunitensi sono state anche autorizzate a continuare a effettuare pagamenti, mentre i regolatori del Regno Unito e dell’Unione europea hanno congelato i dividendi per un certo numero di mesi.

Le maggiori partecipazioni dell’ETF sono i giganti tecnologici Microsoft e Apple, così come le società di chip Nvidia e ASML. Il fondo detiene più titoli tecnologici e meno titoli difensivi rispetto ai suoi concorrenti.

Fidelity Emerging Markets Quality Income UCITS ETF

Il secondo ETF è un altro prodotto di Fidelity e, secondo l’analisi Morningstar, gode dei rigidi filtri di qualità e redditività della sua casa madre e risulta essere un’ottima opzione per completare la strategia internazionale. Come il suo cugino globale, questo strumento emergente ha sovraperformato la categoria Morningstar e il benchmark, l’MSCI Emerging Market. Nel 2020, nonostante le difficoltà riscontrate dai paesi in via di sviluppo, è stato in grado di offrire una performance del 13,6%.

Il fondo investe il 48% nell’Asia emergente e il 29% nell’Asia sviluppata, in linea con il resto della categoria e dell’indice. Le sue partecipazioni più grandi sono Samsung e Tencent, al 5,2% e 4,6%, rispettivamente. La preferenza per le società poco indebitate, poi, ha rappresentato un vantaggio durante la crisi del debito di Evergrande.

Xtrackers MSCI World High Dividend Yield UCITS ETF

Per gli investitori interessati a rendimenti più elevati, segnaliamo infine l’ETF globale ad alto dividendo di Xtrackers, il quale ottiene un Morningstar Analyst Rating pari a Silver. La strategia si basa su un processo d’investimento un po’ meno rigido rispetto a quello di Fidelity in termini di indebitamento e redditività, il che però non impedisce di fornire una crescita dei dividendi più stabile nel tempo rispetto ad altri portafogli ad alto rendimento, seppur con un dividend yield corrente inferiore.

L’ETF detiene ben 961 titoli, con Apple e Microsoft in cima alla lista. Questo non sorprende, dato che alloca il 23% del portafoglio alla tecnologia – un livello significativamente più alto della media di categoria e del benchmark di riferimento. Inoltre, detiene il 42% in titoli a larga capitalizzazione e il 25% in titoli a bassa capitalizzazione.

La strategia ha offerto un reddito che varia tra il 2,4 e il 4,4% all’anno negli ultimi 20 anni – e solo i titoli che rendono più del 2,2% sono considerati per l’inclusione.

L’ETF di Xtrackers ha anche sovraperformato l’indice di circa 15 punti base all’anno. Secondo gli analisti di Morningstar questo è dovuto al fatto che il fondo è domiciliato in Irlanda e paga un tasso inferiore di ritenuta alla fonte sui dividendi rispetto al benchmark.

Di Valerio Baselli