Pro e contro del Decreto lavoro, tra aumenti in busta paga e contratti a termine

Tra taglio del cuneo fiscale ed abolizione del reddito di cittadinanza, ecco tutti i pro e i contro del nuovo decreto lavoro.

Il nuovo decreto lavoro, come ogni provvedimento approvato dal governo, ha sia dei pro che dei contro. La norma più attesa era quella sul taglio al cuneo fiscale, motivo di vanto soprattutto per la premier; poi la norma sull’abolizione del reddito di cittadinanza, molto contestata dall’opposizione. Scopriamo alcune criticità di questo nuovo decreto e quali sono invece i suoi punti di forza.

Decreto lavoro: tra punti di forza e criticità: ecco una lista di pro e di contro

Attenendoci ai fatti, il primo punto di forza del decreto si traduce in un aumento del netto in busta paga. Con il taglio del cuneo fiscale si è ridotta la differenza tra gli stipendi lordi percepiti e il netto. I lavoratori, a partire dal mese di luglio, potranno già osservare questo agognato aumento in busta paga. La criticità di questo provvedimento riguarda la durata temporale di tale aumento degli stipendi. Il taglio del cuneo fiscale sarà in vigore solo per cinque mesi, non di più; a meno che il governo non decide di prorogare la norma e quindi fare debito.

La Meloni ha dichiarato che questa legge è la più importante degli ultimi 10 anni per quanto riguarda il taglio delle tasse, ma sta di fatto che le precedenti riforme di Mario Draghi, come anche il taglio dell’Irpef voluto dal governo Renzi, hanno mosso più risorse.

Tesoretto o aumento del debito? Scontro tra maggioranza e opposizione

Un altro punto di forza riguarda proprio le risorse. Dal governo fanno sapere che per approvare il decreto lavoro è stato utilizzato un tesoretto di circa 4 miliardi di euro, dunque niente debiti extra. A smentire la testi della maggioranza vi è però l’opposizione, che oltre a parlare di un presunto tesoretto di soli 3 miliardi circa, ha sottolineato che il governo ha dovuto necessariamente fare debito per realizzare le norme previste dal decreto lavoro, trattandosi di uno scostamento di bilancio.

Dal reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione

Il reddito di cittadinanza è da sempre terreno di battaglie politiche. Con il nuovo decreto lavoro è stata annunciata a gran voce l’abrogazione del sussidio fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle (M5). Al suo posto il governo ha deciso di sostenere le famiglie in difficoltà economiche e coloro che sono inabili al lavoro con l’assegno di inclusione.

Sicuramente abrogare il reddito di cittadinanza potrebbe spostare molti fondi e alleggerire le tasche dello Stato, ma il problema resta uno: “Ai danni di chi?“. Anche il questo caso lo scontro è tra maggioranza ed opposizione. I primi sostengono che il reddito di cittadinanza, oltre ad essere molto costoso, sia privo di controlli; i secondi, invece, sostengono che il governo abbia deciso di andare contro i più deboli. Stando alle tesi dell’opposizione, sarebbe stato più opportuno inserire maggiori pene per gli evasori fiscali piuttosto che abolire il reddito di cittadinanza; ma questo è un tema che riguarda più la riforma fiscale e non quella del lavoro.

Felice Emmanuele Paolo de Chiara
Felice Emmanuele Paolo de Chiara
Redattore, classe 1994. Sono nato a Napoli ma ho vissuto un po’ in Toscana dove mi sono laureato in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Siena e un po’ a Milano dove mi sono specializzato in Cooperazione Internazionale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Sono appassionato di politica, attualità, sport (grande tifoso del Napoli), cinema e libri. Nel tempo libero mi dedico alla scrittura di racconti e quando ho tempo viaggio.
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