Elezioni 25 settembre, perché 5 milioni di fuori sede rischiano di non votare

Votare all'estero è più facile che votare fuori sede, cioè in un Comune diverso da quello di residenza. Questo vuol dire perdere milioni di voti.

È ormai tardi per trovare una soluzione. Nonostante l’appello di Maria Cristina Pisani, Presidente del Consiglio nazionale dei giovani, che invita a trovare tempo per mettere una toppa alla situazione, sembra inevitabile che nella prossima tornata elettorale del 25 settembre circa 5 milioni tra studenti e lavoratori fuori sede non rientreranno nei rispettivi comuni per esprimere il proprio voto. Una questione mai risolta e paradossale, visto che gli italiani all’estero possono esercitare il loro diritto a distanza, mentre questa possibilità è al momento preclusa a chi si trova entro i confini nazionali.

Elezioni 25 settembre, il rischio di astensionismo “involontario”

La denuncia del Consiglio nazionale dei giovani viene ripresa dalla pagina Instagram @unterroneamilano, e oltre a spiegare con tono deciso e senza censura in che modo i fuori sede andranno a votare, il creatore Stefano Maiolica lancia un sondaggio per capire le motivazioni per cui il 64% afferma che non rientrerà nel proprio comune di residenza.

Nel suo piccolo, l’indagine mostra chiaramente come ci sia tutt’altro che disinteresse per l’esito delle elezioni che si terranno a settembre (appena il 12% è sfiduciato dalla classe politica). Il motivo principale è di natura economica (57%), oltre che per la mancanza di tempo (31%). In effetti, al momento l’unica data designata è il 25 settembre, che cade di domenica e potrebbe creare non pochi problemi a chi debba recarsi a votare e il giorno stesso prendere un treno o un aereo per essere in ufficio il lunedì. Altro fattore da considerare è la concomitanza con le ultime sessioni di esame, e da qualche anno non sono poche le università che incominciano l’anno accademico in anticipo rispetto al mese di ottobre.

Il voto per corrispondenza: una garanzia non estesa a tutti

C’è già chi trasforma l’indignazione in ironia scherzando sul fatto che partendo da Milano in direzione di Matera si potrebbe impiegare lo stesso tempo di quello che ci vuole per fare Berlino – Orio Al Serio andata e ritorno in aereo.

Fatto sta che, a differenza dei connazionali che si trovano all’estero, a studenti e lavoratori fuori sede in Italia è negato il voto per corrispondenza. Si tratta di uno strumento per garantire l’esercizio del voto per tutti gli aventi diritto che vivono temporaneamente fuori dal territorio italiano per un periodo di almeno tre mesi, introdotto nel 2001 dalla Legge Tremaglia e utilizzata per la prima volta nel 2006. Per usufruirne è sufficiente essere iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), recarsi all’ufficio responsabile dove verrà consegnata la tessera elettorale da inviare per via postale alle circoscrizioni elettorali di appartenenza.

Il voto per corrispondenza è nato come applicazione delle modifiche apportate all’art.48 della Costituzione, che è stato aggiornato per far fronte al tema dei cittadini italiani all’estero, ma non sembra aver preso minimamente in considerazione il problema di tutte le persone che vivono in un comune diverso dal proprio, senza averne cambiato la residenza.

Voto fuori sede, tante proposte ma nessuna legge in vigore

Al momento ci sono ben 6 proposte di legge per la risoluzione di questo problema che stagnano ormai da diversi anni nei cassetti del Parlamento.

Con l’insediamento del nuovo governo il tema era ritornato tra i primi punti dell’agenda, al punto che è stato pubblicato un Libro bianco sull’astensionismo elettorale elaborato dalla Commissione istituita presso il Ministero per i rapporti con il Parlamento. In aggiunta, la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati aveva ultimamente ripreso in esame le diverse proposte, volte a introdurre degli strumenti per consentire l’esercizio del voto a distanza. Se ne sarebbe dovuto discutere il 25 luglio, ma dopo la caduta del governo Draghi, l’esecutivo ha le mani legate in materia, potendosi solo occupare degli affari correnti fino al giorno delle elezioni.

In altre parole, la questione del voto da parte dei fuori sede è rinviata a data da definirsi, anche se, a giudicare dalle proposte politiche dei vari schieramenti, è un argomento che non compare nemmeno in fondo all’ultima pagina dei rispettivi programmi.

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