Allarme surriscaldmento globale, ecco perché il 2023 potrebbe essere un anno senza inverno

Ci sono fondate ragioni sul fatto che il 2023 potrebbe essere un anno senza inverno, a causa del surriscaldamento globale. Ecco quali sono

Non sarà un anno felice, soprattutto da un punto di vista climatico. Secondo una precisione del Centro Europeo di Reading, quest’anno sarà però speciale: un anno senza inverno.

O meglio, senza la classica discesa delle temperature durante ottobre, e con una media stagionale decisamente insolita rispetto agli anni precedenti.

Si prevede quindi un anno eccezionale, in cui il surriscaldamento globale la farà da padrone. Ma questo non significa che si avrà un caldo tale da non dover usare il gas. Anzi, è probabile che ci si ritroverà con una bolletta importante quest’anno, perché il surriscaldamento non riguarda tanto la temperatura, ma le perturbazioni.

E se vengono più violente ed estreme del solito, le infrastrutture possono venire danneggiate, così come un abbassamento radicale delle temperature in tempi brevi mettere sotto pressione le riserve energetiche del paese, soprattutto quelle del gas.

In sintesi, si rischierebbe così di dover pagare nella bolletta gli effetti di questo surriscaldamento globale. Senza contare anche i danni dei nubigrafi, che potrebbero venire essere pagati dalla collettività in forma di nuove tasse.

Perché il 2023 sarà un anno senza inverno a causa del surriscaldamento globale

Secondo il Centro Europeo di Reading, autunno e inverno saranno più caldi rispetto alla norma, di almeno 1 o 2 gradi, con potenziale assenza di neve in pianura e maggior permanenza del clima estivo nelle zone del Centro Sud.

Stando alle previsioni, il vero autunno dovrebbe scattare tra il 15 e il 20 ottobre, ma sarà un autunno decisamente insolito, così come l’inverno, per cui si teme un Natale con temperature miti.

E questo non riguarderà solo l’Italia o l’Europa: l’intero Pianeta si ritroverà con valori termici superiori alla media stagionale. E questo rispetto agli ultimi 30 anni.

Guardando agli ultimi anni, il trend è sempre stato sfavorevole. Solo nel 2022 è stato registrato il 3° autunno più caldo di sempre in Italia, addirittura il più caldo per il Nord: +1,27 gradi centigradi sopra la media registrata negli ultimi trent’anni.

E così anche l’inverno, per cui si teme l’assenza di neve come accaduto nelle scorse stagioni, soprattutto nelle zone pianeggianti.

Anche la frequenza delle nevicate è una spia del surriscaldamento globale: sempre meno nevicate indicano un aumento della temperatura, non a caso in alcune zone montuose si è arrivati a registrare il record del livello più basso degli ultimi 70 anni.

Come sarà l’autunno e l’inverno del 2023

Nel breve periodo avremo la fine dell’anticiclone africano entro il 15 ottobre, per poi passare al ciclone subpolare dell’Oceano Atlantico, la cosiddetta Depressione d’Islanda. Le temperature scenderanno, decretando così la fine dell’autunno caldo.

Ma a preoccupare non è l’improvvisa botta di caldo o freddo, quanto il fatto che la temperatura sia in linea o meno con le medie stagionali.

Un altro centro di ricerca, l’European Center Medium Weather Forecast, segnala come perdurerà comunque un caldo anomalo dalle temperature superiori 1-2 gradi rispetto alla media. E si farà sentire soprattutto nel primo periodo su tutta l’Europa e l’area del Mediterraneo. Una vera e propria ebollizione globale.

Nel caso dell’Italia, si sono registrati a inizio ottobre picchi sopra i 30 gradi centigradi al Centro Nord, mentre al Sud ci sono stati casi di maltempo e acquazzoni sparsi e di breve durata.

Si teme però che questi fenomeni meteorologici non saranno di breve durata in futuro, almeno per questo inverno.

Col calo delle temperature e la formazione di temporalesche, zone come la pianura del Veneto e del Friuli Venezia-Giulia, e così Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna, saranno teatro di acquazzoni che, negli anni precedenti, potrebbero trasformare radicalmente i paesaggi.

Se il giorno prima il clima era proprio da “ottobrata”, nemmeno 24 ore dopo sembrava l’inverno. E non è nemmeno da escludere la formazione di super celle e di conseguenti eventi estremi come nubifragi e inondazioni.

I danni del surriscaldamento globale

Per chi pensa che tutto ciò sia una prova a sfavore della teoria del surriscaldamento globale, è in realtà una prova a favore.

Perché è proprio del surriscaldamento globale quello di rendere sempre più frequenti fenomeni di “scontro” tra fronti di alta e bassa pressione. Proprio da questi scontri si generano temporali intensi, nubifragi, grandinate ed eventi estremi in generale.

Tutti eventi che possono portare alla distruzione di ponti, infrastrutture, case e tanto altro. Si pensi all’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna, oppure quella di Ischia.

Nessun evento dettato da accadimenti sismici o del tutto accidentali: tutti eventi atmosferici figli del surriscaldamento globale.

E con tutti questi danni, soprattutto alle infrastrutture, qualcuno dovrà pagare. Se lo fa lo Stato, i costi ricadranno sulla collettività in forma di tasse o accise sulla benzina.

A questo si aggiunge anche l’aumento del rischio assicurativo: le compagnie saranno meno disposte a coprire edifici o immobili esposti a nubifragi e cataclismi, a meno di non aumentare il premio assicurativo.

Anche sul piano energetico il surriscaldamento potrebbe diventare decisivo per le nostre bollette. Supponiamo che davvero il 2023 sia l’anno senza inverno: teoricamente non sarà necessario accendere la caldaia o i termosifoni, no?

In realtà, se le zone infrastrutturali adibite alla distribuzione energetica (tubi, centrali…) vengono colpite da temporalesche particolarmente estreme, il costo delle riparazioni o gli eventuali ritardi nell’approvvigionamento ricadrebbero comunque sulla bolletta, anche se il consumo è rimasto contenuto.

Se l’anno senza inverno porterà qualche periodo di freddo estremo, il sistema sarà messo sotto pressione, e gli operatori dovranno aumentare le tariffe per venire incontro alla domanda.

Senza contare i danni economici dovuto agli stessi eventi, che possono spingersi anche alla siccità, se si protraggono periodi senza acqua.

O alla distruzione delle colture, se si abbattono sui campi nubifragi di particolare violenza.

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