Andare in pensione 5 anni prima diventa possibile con la nuova proposta del Governo

Il nuovo decreto Lavoro tratta il tema delle pensioni, includendo la possibilità di anticipare questo evento di 5 anni: ecco i dettagli.

È prorogata per due anni la possibilità di andare in pensione cinque anni prima: il contratto di espansione, inizialmente previsto fino al 2023, è esteso di due ulteriori anni dalla bozza del decreto Lavoro.

Scopriamo cosa prevede il contratto di espansione e quali sono i cambiamenti apportati dalla pensione anticipata

Pensioni e l’uscita anticipata di 5 anni: le novità del decreto Lavoro

Sino al 2025, le aziende saranno in grado di avviare una procedura di consultazione per stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il ministero del Lavoro e con le sigle sindacali più rappresentative sul piano nazionale.

In questi processi di reindustrializzazione sono interessate le imprese con un organico superiore a 50 unità lavorative, con la conseguente esigenza di modificare e aggiornare le competenze professionali.

Tecnicamente si tratta della proroga dei contratti di espansione, introdotto nel biennio 2019-2020: ecco i dettagli.

Contratto di espansione: cos’è e cosa prevede

La versione originaria dava la possibilità alle imprese con oltre mille dipendenti (ora limite sceso a 50) di stipulare un contratto mirato allo sviluppo di attività lavorative a contenuto più tecnico.

L’obiettivo consiste nell’assunzione di nuovi lavoratori compatibili con i piani di riorganizzazione e con un ricambio di generazione.

L’impresa che sigla il contratto prevede un prepensionamento quinquennale per una parte dei suoi lavoratori, mentre dall’altra prevede l’assunzione e la formazione di nuovi lavoratori.

Con un esplicito consenso scritto, questi lavoratori possono chiudere il rapporto e avere l’accompagnamento alla pensione.

Cosa cambia con la pensione anticipata

Negli ultimi giorni, diverse sono state le modifiche apportate alla questione lavorativa, includendo sia la modifica degli stipendi più bassi che il caso delle pensioni anticipate.

Nel caso si proceda con la pensione anticipata, l’assegno ricevuto sarà pari alla pensione maturata al momento del recesso del contratto, con la garanzia di non subire modifiche peggiorative in caso di riforma.

Chi esce per vecchiaia ci perde più del lavoratore che esce con l’anticipata, in quanto perde ben 5 anni di contributi.

Per il datore di lavoro, i costi variano a seconda della tipologia di pensione alla quale arriverà il lavoratore al termine dello scivolo. Si possono infatti verificare due casi:

  • nel caso della vecchiaia, il datore paga tramite l’Inps l’indennità mensile sgravata dal controvalore della Naspi che spetterebbe al lavoratore stesso;

  • nel caso di pensione anticipata, va versata anche la contribuzione.

Nel caso i lavoratori non siano in grado di aderire al prepensionamento, possono entrare in uno schema di riduzione dell’orario di lavoro pari al 30%.

Questa non è l’unica via per uscire dal lavoro in anticipo.

Pensione anticipata: tutte le possibilità

Si deve infatti citare un’altra possibilità, ovvero il pensionamento con Quota 41, dedicato a chi si è iscritto a una forma di previdenza obbligatoria prima del gennaio 1996 e lavora da prima dei 19 anni.

Non si prevedono cambiamenti per Opzione donna. La misura coinvolge tre tipologie: caregiver, invalide almeno al 74% e licenziate o dipendenti da aziende in crisi.

Rimane perciò la connessione fra età di pensionamento anticipato e numero di figli: la prima si riduce di un anno all’aumentare del numero dei figli

Leggi anche: Pensioni INPS, ecco l’aumento per reversibilità, invalidità e vecchiaia

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