Zona gialla, ecco le regioni che ci entrano da oggi

Dopo il passaggio di altre tre regioni in zona gialla, alcune zone del nostro paese rischiano da settimana prossima di passare in già in zona arancione.

Ieri lunedì 3 gennaio è il giorno in cui le regioni che raggiungono il primo livello di restrizioni pandemiche sale a otto. Lombardia, Sicilia e Piemonte passano nella zona gialla, con alcune piccole novità per quanto riguarda le nuove regole. La maggior parte dei provvedimenti era però stata già abbondantemente anticipata durante il periodo delle feste natalizie dalle regioni stesse, senza aspettare che il sistema anti covid le imponesse. 

Intanto in tutta Italia la situazione dei contagi continua a peggiorare. Ogni giorno il numero dei tamponi positivi fa segnare un record dall’inizio della pandemia. Questo picco è causato dall’imporsi della variante Omicron sulla Delta. Questa nuova variante, proveniente dal Sudafrica, è molto più contagiosa ma anche meno aggressiva. 

Questa quarta ondata si distingue dalle altre che il nostro paese ha subito per il relativamente basso numero di decessi. I morti per le conseguenze del Covid-19 si aggirano attorno al centinaio al giorno, tanti ma comunque molto meno che in passato. Questo risultato è stato possibile grazie alla campagna vaccinale, che ha ormai raggiunto quasi il 90% della popolazione con almeno una dose.

Zona gialla, parametri e nuove regole

Il sistema a regioni colorate per affrontare la pandemia da nuovo Coronavirus è rimasto silente per mesi. Da quando in estate l’epidemia si è calmata e tutte le regioni sono tornate in zona bianca, l’Italia si era dimenticata delle restrizioni imposte da queste norme, che però sono rimaste in vigore, ma senza attivarsi. 

Con l’accenno di quarta ondata verificatosi a fine estate, ci eravamo ricordati che le regioni colorate erano però ancora presenti, e che sarebbe bastata una nuova fiammata di contagi per riattivarle. Così è accaduto, partendo dal Friuli Venezia Giulia, la quarta ondata sta colorando ormai buona parte dell’Italia. 

Al momento ci sono otto regioni in zona gialla, il Friuli appunto, poi Veneto, Marche, Calabria, Liguria e le province autonome di Trento e Bolzano, cui da oggi 3 gennaio vanno ad aggiungersi anche Sicilia, Lombardia e Piemonte. Di fatto però non ci saranno nuove restrizioni. Il governo ha infatti già introdotto su tutto il territorio nazionale la principale regola che il passaggio in zona gialla portava con sé, cioè la mascherina all’aperto. 

La zona gialla è quindi ormai solo un segnale della situazione degli ospedali di una determinata regione. Per passarci infatti le strutture ospedaliere pubbliche e private di una regione devono avere il 15% dei posti letto ordinari e il 10% di quelli di terapia intensiva occupati, condizione che ormai si sta verificando in sempre più strutture ospedaliere. 

La zona che invece rappresenta il primo passo verso nuove restrizioni è quella arancione. Quando l’una regione raggiunge il 30% di posti occupati nei reparti ordinari e il 20% in terapia intensiva, dato che fa unito ovviamente ad un numero minimo di contagi giornalieri. A questo punto su tutto il territorio regionale chiunque non sia in possesso di un Green Pass non potrà più accedere a locali e palestre, oltre che eventi e strutture sciistiche. Servirà il Green Pass anche per spostarsi fuori dal proprio comune di residenza. 

Zona gialla, quali regioni rischiano la zona arancione

Al momento però nessuna regione è in zona arancione. I cambiamenti di colore avvenuti oggi riguardano infatti soltanto regioni che dalla zona bianca sono passate in zona gialla. Lombardia, Sicilia e Piemonte hanno superato i parametri minimi, ma per i loro abitanti per ora non cambierà ancora nulla.

A preoccupare invece è la situazione in Liguria. La regione è già da tempo in zona gialla, ma le lievi restrizioni che questo livello di allerta comporta non hanno per ora rallentato l’avanzamento della pandemia. Al momento in Liguria la situazione più critica è nelle terapie intensive degli ospedali. Qui la soglia del 20% di occupazione è già stata superata, con 47 letti occupati su 219. 

Ma anche i reparti ordinari stanno per oltrepassare la soglia limite per l’introduzione di nuove restrizioni. Negli ospedali liguri ben 510 posti su 1764 sono occupati, basterebbero quindi altri 20 ricoveri per avere dati da piena zona arancione. La situazione è particolarmente critica nella provincia di Imperia, che a quanto riportano i quotidiani locali fa segnare numeri a un passo dalla zona rossa. 

Zona gialla, le altre regioni a rischio 

Ma ci sono anche altre regioni che potrebbero a breve ritrovarsi a fare i conti con nuove restrizioni. La Calabria ad esempio, anche se presenta ancora un margine di una decina di posti in terapia intensiva, ha già superato i parametri da zona arancione nei reparti ordinari. Qui alcuni sindaci stanno già imponendo restrizioni straordinarie nei propri comuni che ospitano focolai particolarmente aggressivi. 

Situazione opposta nelle Marche, dove le terapie intensive sono in sofferenza. Anche la provincia autonoma di Trento rischia un cambio di colore, assieme alla Valle d’Aosta, che in maniera anomala ha le terapie intensive sotto controllo, ma i reparti ordinari sull’orlo addirittura della zona rossa. In bilico anche le terapie intensive del Veneto, che hanno ormai toccato i livelli di guardia della zona arancione. 

Molte altre regioni sembrano poi destinate al salto da zona bianca a gialla. La Campania ad esempio ha evitato il salto per un singolo ricovero in terapia intensiva, e sembra destinata a cambiare colore da lunedì prossimo. 

Situazione simile in Umbria, dove i reparti ordinari sono già oltre il 20% di occupazione e solo due letti di terapia intensiva separano la regione dalla zona gialla. La Toscana è invece a pochi ricoveri ordinari dal primo cambio di colore. Le regioni meno colpite dalla nuova ondata di coronavirus per ora sembrano essere Puglia, Molise, Basilicata e Sardegna. 

Zona gialla, cosa fare se si entra in contatto con un positivo

La variante Omicron non ha peggiorato soltanto la situazione negli ospedali. Ha anche portato a nuovi record nel numero di casi giornalieri nel nostro paese. Il numero di tamponi positivi ha ormai stabilmente superato i 100.000 ogni giorno, e questo ha comportato diverse situazioni complesse, oltre alle restrizioni. 

Uno dei problemi emersi fin da subito in questa quarta ondata è quello delle quarantene. Quando si entra in contatto con un positivo bisogna isolarsi, non avere nuovi contatti, per evitare di diffondere ulteriormente il virus. Ma i vaccini hanno reso le vecchie regole di quarantena obsolete, chiudendo migliaia di persone in casa per periodi eccessivamente lunghi. 

Per questa ragione da oggi il governo ha cambiato le regole della quarantena, rendendole più agili e meno macchinose, specialmente per chi ha completato il ciclo vaccinale. Tutte le nuove regole girano attorno ad un periodo di tempo, quattro mesi o meglio 120 giorni, che determina se un soggetto deve o no rispettare una quarantena. 

In caso una persona venuta in contatto con un positivo abbia terminato il ciclo vaccinale, sia guarito dalla malattia o si sia vaccinato con il booster, o terza dose, da non più di 120 giorni, non c’è bisogno che questa persona finisca in quarantena. Nonostante ciò è tento ad indossare la mascherina FFP2 per 10 giorni.

Zona gialla, gli effetti della variante omicron

La nuova variante Omicron ha ormai preso il sopravvento sulla Delta e sta diventando la forma più diffusa di Coronavirus nel nostro paese. Questa nuova variante si sta dimostrando estremamente contagiosa, ma presenta alcune differenze con la variante delta. In primis come riporta, il ministero della salute, è cambiato l’effetto dei vaccini sulla malattia:

“la [variante Omicron] sarebbe in grado di ridurre l’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione, della trasmissione, e della malattia sintomatica, soprattutto in chi ha completato il ciclo di due dosi da più di 120 giorni. La terza dose riporterebbe tuttavia l’efficacia dei vaccini a livelli comparabili a quelli contro la variante Delta conferendo una buona protezione nei confronti della malattia grave”.

Come si era ipotizzato fin dall’inizio della sua diffusione poi, Omicron risulta molto più infettiva ma anche meno mortale. Questa è infatti la naturale evoluzione di un virus. Le varianti che causano malattie più gravi si auto eliminano, uccidendo l’ospite e quindi limitando la loro capacità di riprodursi. Quelle meno gravi invece si diffondono meglio e finiscono per prevalere. 

A differenza della variante Delta inoltre, sembra che Omicron preferisca attaccare le alte vie respiratorie, quindi la gola, piuttosto che i polmoni. I sintomi ricordano sempre più quelli di un raffreddore piuttosto che di una vera e propria influenza come in passato. 

Zona gialla, avanza l’obbligo vaccinale

Nonostante queste notizie relativamente positive su Omicron, il governo è intenzionato a stringere ulteriormente sui vaccini. Draghi lo ha annunciato già prima delle feste natalizie: da gennaio l’intenzione dell’esecutivo è quella di estendere l’obbligo vaccinale a tutti i lavoratori. Il tampone quindi non basterà più, per lavorare sarà obbligatorio essere in possesso del Green Pass. 

Nel governo questa decisione è appoggiata da Partito Democratico, Italia Viva e Forza Italia, mentre Lega e Movimento Cinque Stelle stanno provando ad opporre una lieve resistenza. Ma ormai la decisione sembra essere presa, date anche le pressioni della società civile, dai sindacati a Confindustria. A seguire l’obbligo per i lavoratori, anche gli studenti universitari dovranno vaccinarsi per accedere alle strutture accademiche. 

Ma questo potrebbe essere soltanto l’inizio. Una volta approvate queste norme infatti, in caso la situazione epidemiologica non dovesse migliorare in tempi brevi, il governo potrebbe iniziare a pensare ad un obbligo vaccinale per l’intera popolazione adulta. 

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