Cedolare secca al 26% per gli affitti brevi nel 2024. Chi deve pagare di più

Novità sulla cedolare secca: la percentuale passa dal 21% al 26% sugli affitti brevi, ad alcune condizioni. Ecco chi paga di più nel 2024.

A seguito della Manovra finanziaria 2024, il Governo Meloni ha introdotto un’ulteriore novità per quanto riguarda gli affitti brevi.

Stiamo parlando del metodo di tassazione sugli affitti introdotto nel 2011, con la cedolare secca.

A partire dal primo gennaio di quest’anno, infatti, in alcuni casi i contribuenti si sono visti interessati da un aumento della percentuale relativa alla cedolare secca sugli affitti, che passa dal 21% al 26%.

Si tratta di una delle novità introdotte dall’esecutivo guidato dalla premier Meloni pensate per fronteggiare il tema degli affitti.

In questo articolo, quindi, vediamo come funziona il meccanismo di tassazione della cedolare secca al 26% per gli affitti brevi e chi sono i contribuenti interessati da queste novità.

Cedolare secca al 26%: le novità 2024

Come anticipato, tra le misure introdotte con la recente Manovra finanziaria dal Governo Meloni sul tema degli affitti in Italia, c’è anche quello dell’innalzamento della percentuale di cedolare secca.

A questo proposito, cambiano le regole legate all’imposta sostitutiva che prevedeva un unico versamento per i contratti di locazione.

Con le nuove disposizioni entrate in vigore a partire dal primo gennaio di quest’anno, quindi, il Governo Meloni è intervenuto sull’aliquota della cedolare secca, che passa dal 21 al 26 per cento per alcuni casi specifici.

Discorso diverso, invece, per quanto riguarda l’aliquota calmierata al 10%, ovvero quei contratti d’affitto che prevedono dei canoni inferiori rispetto al corrente valore di mercato. In questo caso, l’aliquota calmierata per gli affitti concordati resta invariata, con la percentuale del 10%.

Come funziona la cedolare secca

Ricordiamo che la cedolare secca è stata introdotta per la prima volta nel 2011 limitatamente alle locazioni di lunga durata che venivano stipulate tra cittadini privati con uno scopo residenziale.

Con la cedolare secca, va sottolineato, i locatori non devono versare le imposte di registro e le imposte di bollo che normalmente sono dovute per registrazioni, risoluzioni oltre che proroghe dei contratti di locazione di un immobile.

Tuttavia, negli anni, l’applicazione della cedolare secca è stata ampliata anche per altre tipologie di locazioni al di là della limitazione abitativa.

Infatti, nel 2017, la cedolare secca è stata riconosciuta anche per gli affitti brevi, quindi per gli affitti non superiori a 30 giorni, inclusi anche quelli legati al settore turistico.

Mentre, l’anno successivo è stata estesa anche per quanto riguarda gli affitti legati ad immobili di tipo commerciale che rientrano nella categoria catastale C/1, ovvero botteghe e negozi.

Queste premesse sono fondamentali proprio per capire cosa cambia con l’ultima novità legata alla cedolare secca al 26%.

Se ti interessa l’argomento della cedolare secca, ti consigliamo anche la lettura del seguente articolo: Cedolare secca con aliquota del 10%: quali sono i requisiti per applicarla.

Chi paga di più con la cedolare secca al 26%

Come  abbiamo detto, l’ultima Manovra finanziaria coinvolge in particolare modo le locazioni brevi, proprio per fronteggiare l’emergenza abitativa che sta coinvolgendo l’Italia.

A questo proposito, si tratta di un rincaro che andrà a coinvolgere soltanto quei cittadini che sono locatori di più di un’abitazione.

Dunque, questo significa che la cedolare secca al 26% sugli affitti brevi andrà ad interessare esclusivamente per coloro che hanno più di un immobile in affitto.

Ciò significa che per tutti gli altri soggetti privati che mettono in affitto per periodi brevi soltanto un’abitazione, la cedolare secca resta pari al 21%

In tal senso, ad essere interessati dall’aumento della cedolare secca al 26% sono soltanto quei cittadini che hanno in locazione per brevi periodi, ovvero entro 30 giorni, due, tre o quattro immobili.

Lo scatto al 26% si verifica soltanto dal secondo immobile fino al quarto. Dunque, il contribuente se ha tre immobili in locazione, potrà godere della cedolare secca al 21% sul primo immobile, mentre per gli altri due sarà applicata la percentuale al 26%.

Se, invece, gli affitti risultano essere superiori a quattro, in questo caso l’attività dovrà essere inquadrata con una vera e propria attività di impresa. Ciò vuol dire che il locatore ha l’obbligo di apertura della partita IVA.

Leggi anche: Cedolare secca, cos’è e quali sono i requisiti per i contratti di locazione.

Viviana Vitale
Viviana Vitale
Aspirante giornalista e social media manager freelance, classe 1995. Le mie più grandi passioni sono la scrittura e il marketing digitale. Sono state proprio queste a portarmi oggi a far parte del team di redattori di Trend-online e a collaborare come professionista della comunicazione con varie aziende italiane.
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