Elusione fiscale: cos’è, chi riguarda e come combatterla!

Elusione fiscale: cos'è? Come viene combattuta a livello europeo? Quali svantaggi comporta per la comunità? Ecco tutto ciò che c'è da sapere.

L’Unione Europea è di fatto, ad oggi, un’unione monetaria. Non è un’unione fiscale, anche se la direzione sembra essere questa. Uno dei motivi, sicuramente tra i più importanti, è quello di combattere i fenomeni elusivi delle tasse. Fenomeni molto frequenti in Europa e nel mondo e che costituiscono un danno per la società quasi incalcolabile.

Il danno è infatti proveniente ovviamente dal mancato gettito, proprio come accade con l’evasione, ma il fenomeno è diverso. Piccole sfumature che cambiano in maniera sostanziale e che restano sul filo di ciò che è legale e ciò che invece non è legale. Affrontare l’argomento può servire per fare chiarezza, ma effettivamente si tratta di un fenomeno che è difficilmente affrontabile dal singolo cittadino… soprattutto quando parliamo di multinazionali.

I fenomeni elusivi sono di fatto presenti anche tra i privati, non riguardano solo le società, ma sono proprio queste ultime a costituire la maggior parte di quanto viene eluso a livello europeo. Combattere il fenomeno a livello di privati senza intervenire a livello di imprese è esattamente pari a diminuire i consumi domestici di acqua e continuare ad utilizzarne milioni di litri a livello industriale.

Migliorare l’atteggiamento tra i privati, anche attraverso la sensibilizzazione sul tema, è sicuramente buona pratica ma nei fatti non può risolvere il problema. Purtroppo questi sono i fatti, soprattutto guardando i numeri, e solo politiche congiunte almeno a livello europeo possono migliorare la situazione.

L’argomento è molto ampio e molto complesso, ma ovviamente non è obiettivo di questo articolo entrare in tecnicismi, ma piuttosto vedere il fenomeno dall’alto, capire cos’è e chi riguarda e soprattutto qual è la strada intrapresa per combatterlo. Uno sguardo dall’alto potrebbe essere comunque parziale, ma può dare molto bene un’idea di come funzioni il meccanismo, grazie anche all’esempio più celebre di tutti: Amazon.

Elusione fiscale ed evasione fiscale: cosa sono e cosa cambia tra l’una e l’altra?

L’evasione fiscale è il fratello maggiore dell’elusione, su questo non c’è dubbio, ma sono due fenomeni strettamente correlati e combattendo l’uno si combatte indirettamente anche l’altro.

L’evasione, in sostanza, è il comportamento illegale di chi occulta e contrasta il prelievo fiscale attraverso pratiche che violano la legge. L’elusione, invece, ha un confine molto più sottile con l’illegalità ed è tecnicamente un abuso del diritto, cioè un comportamento atto a raggirare la legge al fine di ottenere un vantaggio fiscale.

In pratica, è evasione ricevere un pagamento senza emettere la fattura: lo Stato non sa dell’esistenza di quella transazione, non può tassarla ed il soggetto intasca denaro “pulito”, senza pagarci le tasse. L’elusione è invece il comportamento di chi emette quella stessa fattura, ricercando deliberatamente le condizioni a cui quella fattura può essere più conveniente.

Un esempio molto attuale di elusione è quello delle Partite IVA forfettarie: chi raggiunge la soglia dei 65.000 euro di fatturato, smette di dichiarare quanto fattura oltre questa cifra e lo fa “slittare” all’anno successivo, in modo da non superare tecnicamente la soglia e non ricadere nel regime ordinario (più costoso in termini di tassazione). Questa non è evasione, perché quanto fatturato viene dichiarato, ma è elusione perché il comportamento è deliberatamente atto a diminuire la tassazione.

Elusione fiscale: un fenomeno molto europeo

L’esempio proposto in precedenza riguarda comunque i “piccoli”, nel senso che parliamo di lavoratori individuali che mettono in pratica comportamenti elusivi che creano un danno allo Stato relativamente piccolo, seppur moralmente sia comunque un atteggiamento sbagliato.

A fare la differenza sono purtroppo le multinazionali, che fanno questo stesso tipo di “raggiro” su cifre con almeno sei zeri in più. Come si dice colloquialmente “giocano un altro sport”. Parliamo di milioni, spesso anche di miliardi, spostati appositamente nel paese europeo con minore tassazione.

In questo modo, i conti risultano a posto e le tasse pagate pesano molto meno sul bilancio di queste società. Al momento la maggior parte delle multinazionali pagano nei singoli paesi una piccola quota di tasse, mentre spostano nel paese a minor tassazione la parte più sostanziosa dell’utile (quindi di quanto viene effettivamente guadagnato), pagandoci così una quota irrisoria di tasse.

In Europa ciò accade molto più di quanto si pensi, dato che comunemente si pensa alle multinazionali con sedi in paradisi fiscali dall’altra parte del mondo. Ci sono in realtà esempi molto vicini a noi, come Irlanda e Lussemburgo, con multinazionali a noi molto note, come la già citata Amazon ed Apple.

La domanda, soprattutto per chi conosce meno questo fenomeno, viene naturale: come si combatte l’elusione, alla luce del fatto che non è tecnicamente illegale?

Elusione fiscale: come si combatte? Ecco l’agenda europea

Combattere un fenomeno che non è strettamente illegale (seppur resti immorale) è complicato, perché richiede uno sforzo che va oltre la semplice legislazione e tassazione.

L’obiettivo è favorire la trasparenza, portare le amministrazioni nazionali a conoscenza del maggior quantitativo di dati fiscali possibili, sia dei privati che delle imprese. Una battaglia lunga e dispendiosa per ogni singolo Paese, almeno per quelli che davvero stanno andando in questa direzione.

Battaglia dei singoli che vale praticamente zero se non vi è anche un’agenda condivisa, un progetto messo in piedi a livello comunitario che permetta di coordinare le azioni dei singoli Paesi. Il lavoro è esattamente questo: coordinare le azioni anti-elusive tra i Paesi europei e non solo.

Alla base dei comportamenti elusivi c’è infatti l’opportunità concessa dalle discordanze tra la fiscalità nel Paese A e la fiscalità nel Paese B: differenze di calcolo delle imposte, differenze nella definizione dell’imponibile e in generale discrepanze costituiscono uno spazio che permette di spostarsi nel Paese più conveniente e pagare così meno tasse, senza per altro commettere alcun reato.

Si intuisce quanto questa battaglia sia difficile, per altro ancor più se posta all’interno dello scenario attuale, già denso di complessità tra il post-pandemia e la guerra scoppiata sul territorio europeo. L’obiettivo è quello di trasformare l’UE in un’unione fiscale oltre che monetaria, in modo da coordinare azioni e progetti che rendano sempre più difficile l’assunzione di comportamenti elusivi.

Elusione fiscale e multinazionali: l’esempio (si fa per dire) di Amazon

Amazon non ha bisogno di presentazioni: tutti sappiamo chi è e cosa fa. Purtroppo sappiamo anche come lo fa, tra polemiche per il trattamento dei lavoratori e discussioni circa le troppe poche tasse che paga in Lussemburgo.

Amazon sta infatti facendo ingenti investimenti in tutta Europa (così come nel mondo), soprattutto in infrastrutture e logistica, che hanno di fatto abbattuto i suoi ricavi, nonostante il fatturato sia in crescita da anni, grazie anche al boom fatto durante la pandemia.

Questa motivazione non basta però a giustificare le poche tasse pagate dal colosso americano, complice anche la scelta di avere il proprio quartier generale in Lussemburgo, Paese molto conveniente per la sua fiscalità. Addirittura è arrivato un intervento della Commissione Europea che ha definito illegittimi gli accordi tra Amazon e l’amministrazione lussemburghese (i primi risalgono al 2003), ma la strada per ottenere quanto sperato sembra essere ancora lunga.

In sostanza, i passi avanti fatti negli ultimi anni sono considerevoli e già contribuiscono molto ad una situazione migliore rispetto al passato, ma la battaglia è ancora lunga e la strada delineata dalla possibile unione fiscale è politicamente faticosa (quale Stato vuole cedere la sua sovranità fiscale?)… ma se si vuole combattere l’elusione, questa è la strada da percorrere.

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