Da diverse settimane si attendeva un intervento della BCE sui tassi di interesse dell’eurozona e alla fine, l’intervento tanto atteso e a tratti temuto, è giunto. Per la prima volta dopo 10 anni la Banca centrale torna ad intervenire direttamente sui tassi di interessi, varando un nuovo scudo anti spread.
Al termine della riunione del consiglio direttivo, in cui è stato votato all’unanimità l’incremento dei tassi, la BCE ha annunciato la propria decisione di attivarsi su due fronti, intervenendo sul tasso principale e sul tasso sui prestiti marginali, con incrementi rispettivamente dello 0,50% e 0,75% rimane invece invariato il tasso sui depositi che non subirà alcun incremento, almeno nell’immediato.
La BCE aumenta i tassi di interesse, le dichiarazioni di Lagarde
Secondo quanto dichiarato dal presidente Lagarde, questa manovra costituisce uno strumento di protezione del mercato di trasmissione della politica monetaria (Transmission Protection Instrument, TPI) ed avrà il compito di assicurare che “l’ordinamento di politica monetaria sia trasmetto in modo ordinato in tutti i paesi dell’eurozona”.
Si è trattato di una decisione non semplice ma dovuta affinché la BCE potesse continuare a svolgere il proprio ruolo, adempiendo al proprio mandato quale garante della stabilità dei prezzi.
La decisione di ampliare il rialzo a 50 punti, più di quanto annunciato in precedenza, è stata determinata dalle evoluzioni politiche ed economiche che hanno colpito e stanno attraversando l’Europa in questi giorni. Più precisamente, l’intervento ha preso in considerazione le nuove stime sui rischi d’inflazione, così ha dichiarato Christine Lagarde, durante la conferenza stampa in cui è stato annunciato l’incremento.
Sempre durante la conferenza stampa, la presidentessa della BCE ha dichiarato che in questo momento storico, per effetto della guerra intrapresa dalla Russia contro l’Ucraina, e delle sanzioni varate dall’UE, l’economia dell’eurozona sta rallentando e di conseguenza, si è resa necessaria l’attivazione di un nuovo scudo anti spread, il sopracitato TPI.
Queste manovre, hanno tra gli altri obbiettivi, il difficile compito di provare a frenare e rallentare l’incremento dell’inflazione, che sta attraversando l’intera Europa e, secondo le stime della banca centrale, potrebbe proseguire anche oltre il 2022.
Gli effetti dell’incremento
Come è facilmente intuibile, l’incremento dei tassi di interesse della banca centrale interessa direttamente il livello generale dei tassi di interesse, detto più semplicemente, aumenta il costo del denaro e questo si riflette direttamente sulle banche europee che dovranno pagare un costo maggiorato per ottenere prestiti di denaro dalla BCE, di conseguenza, anche prestiti e finanziamenti a tasso variabile, erogati dalle singole banche ad imprese e cittadini, avranno un costo maggiorato.
Detto in altri termini, l’operazione finalizzata a proteggere l’Eurozona dall’ondata di inflazione e da eventuali attacchi speculativi, ha un costo ed effetti diretti sull’economia reale e sul debito pubblico.
Il motivo di questi costi è legato principalmente al forte legame che intercorre tra i mutui a tasso variabili e l’Euribor, legame che è molto sensibile alle variazioni dei tassi d’interesse della BCE.
Se bene gli gli interventi della BCE sono centralizzati, potrebbe accadere, come è già successo in passato, che il costo per i cittadini, utenti finali della filiera del denaro, potrebbe variare da paese a paese e sistemi economici come quello italiano, che in questo momento sta vivendo anche una profonda crisi politica, potrebbero essere più alti rispetto ad altri sistemi come quello tedesco.
In altri termini, l’incremento dei tassi d’interesse della BCE, se bene sia fisso, potrebbe costare di più, attraverso un incremento maggiore di finanziamenti a tasso variabile, ai cittadini italiani rispetto ai cittadini tedeschi.
Aumentano i tassi d’interesse sul debito
Per quanto riguarda invece il debito pubblico, l’incremento dei tassi varato dalla banca centrale, si riflette direttamente anche sui tassi di interesse dei titoli di stato, come BTP e Bund. In altri termini, non solo il denaro è più costoso, ma anche il debito pubblico degli stati ha un costo maggiore perché il rendimento dei titoli è più alto, in altri termini, gli stati emettitori di titoli di debito, dovranno pagare rendimenti più alti ai propri finanziatori.
Questo, nel contesto generale di una situazione già molto delicata per alcune realtà come l’Italia, potrebbe aggravare ulteriormente la scena.