Microchip: l’Europa vuole diventare leader della produzione!

L'Europa ha deciso d'interrompere la dipendenza dall'Asia nell'importazione di microchip, necessari per la produzione di numerosi prodotti. Scopriamo di più.

Come sappiamo in Europa non si producono microchip e questo ha fatto sì che con il passare degli anni il vecchio continente sia diventato dipendente dall’Asia, soprattutto da Taiwan, per l’importazione di suddetti microprocessori, necessari soprattutto per produrre o assemblare vari prodotti tecnologici.

Durante la pandemia, quando però le fabbriche asiatiche hanno chiuso, il blocco si è esteso anche a tutta l’Europa. 

Da quel momento in poi la Comunità Europea ha iniziato a pensare di iniziare a diminuire la sua dipendenza dall’Asia, ma come? Ovviamente producendo in casa i microchip necessari al fabbisogno europeo. 

Il commissario europeo Thierry Breton: “potenzieremo la produzione di chip”

Therry Breton parla di potenziare la ricerca e costruire grandi impianti di produzione di chip, in Europa stessa. Come abbiamo accennato poco fa, i chip sono indispensabili perché alimentano tutti i tipi di dispositivi elettronici, per questo sono diventati un bene prezioso e il loro approvvigionamento è diventato indispensabile.

Con il nome EU Chips Act, la Commissione Europea ha previsto di stanziare 11 miliardi di euro di fondi pubblici per la ricerca, la progettazione e la produzione di semiconduttori, con l’obiettivo di arrivare a mobilitare un totale di 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati ​​fino al 2030.

Gli 11 miliardi di euro necessari per la ricerca e la produzione, saranno prelevati da fondi europei già esistenti, come quelli per il programma di ricerca Horizon Europe e il recovery fund (Next Generation EU), oppure i fondi riguardanti i piani finanziari che gli Stati membri prevedono di implementare a livello nazionale.

Il raggiungimento della soglia dei 43 miliardi di euro di investimenti, però, dipenderà da quanto l’UE diventerà attraente per gli investitori privati.

Le prospettive sono buone, infatti già la Intel Corp ha dichiarato di essere disposta a investire oltre 80 miliardi di euro nell’industria dei chip in Europa, nei prossimi anni.

L’obbiettivo dell’Europa è espandere la produzione chip fino al 20% entro il 2030

L’obiettivo finale della Commissione Europea è espandere la quota di mercato globale europea dall’attuale 9% fino al 20% entro il 2030, un obiettivo davvero ambizioso, non molto semplice da raggiungere. “Garantire l’approvvigionamento dei chip più avanzati è diventata una priorità economica e geopolitica”, ha affermato Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno.

Solo qualche giorno fa, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato un pacchetto legislativo per finanziare con 52 miliardi di dollari la produzione americana di chip. Anche la Corea del Sud ha presentato un piano decennale da 450 miliardi di dollari per rafforzare il settore dei microchip del paese e aumentarne la competitività.

Produzione microchip: obbiettivo economico fondamentale per l’Europa

Tentare di produrre i microchip in casa, è diventato l’obbiettivo principale di molti paesi, dopo che durante la pandemia si è interrotta la catena di approvvigionamento e ha esposto le loro vulnerabilità a carenze di produzione e ritardi di consegna. Soprattutto le multinazionali come Toyota, Sony, Ford e Volkswagen sono state direttamente colpite dalla scarsità di chip, scarsità che si è riversata in tutto il mondo.

La crisi ha anche messo in luce la posizione quasi monopolistica di Taiwan, nella produzione dei chip. La piccola isola, infatti, ha prodotto quasi il 63% dei chip nel 2020. L’azienda Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), ha raggiunto così, nel tempo, una quota del 54% del mercato globale, servendo clienti come Apple, Qualcomm e Nvidia.

La Samsung della Corea del Sud è arrivata al secondo posto, con una quota di mercato superiore al 17%, lasciando una piccola parte ai concorrenti di Cina, Singapore, Stati Uniti e UE.

Bruxelles: stop dipendenza sui microchip

Per Bruxelles questa dipendenza è fonte di particolare rammarico: negli anni ’90 l’UE controllava oltre il 40% del mercato dei chip. All’inizio degli anni 2000, la cifra era scesa al 24% e oggi raggiunge a malapena il 10%. Ciò significa che il 90% dei chip necessari vengono importati.

L’Europa permetterà così gli aiuti di Stato affinché ci sia un sostegno “mirato” e “proporzionato” a “strutture uniche” a beneficio dell’intera Unione Europea.

“Dobbiamo evitare una corsa ai sussidi”, ha sottolineato Margrethe Vestager, commissaria Ue per la politica della concorrenza, che ha affermato che gli aiuti di Stato per i chip devono arrivare “senza discriminazioni” e “solo quando serve”. Uno dei grandi rischi è che queste sovvenzioni vadano a favore solo dei grandi stati.

Uno dei principali obiettivi dell’EU Chips Act è colmare il divario tra la ricerca sui semiconduttori, un campo in cui l’Europa è considerata un leader mondiale e la produzione, eclissata nella quasi totalità dalle importazioni asiatiche.

Come verrà finanziata la produzione di chip in Europa?

La Commissione europea verserà denaro pubblico e sfrutterà gli investimenti privati ​​nella produzione dei chip nelle fabbriche con sede nell’UE. Particolare attenzione sarà posta sulla prossima generazione di semiconduttori, incisi a 3 e 2 nanometri, e anche al di sotto. Man mano che i chip diventano più piccoli, diventano più veloci e consumano meno elettricità.

Questa spinta alla produzione nel nostro continente, avrà ovviamente un prezzo molto alto: costruire da zero nuovi impianti di fabbricazione di semiconduttori (i cosiddetti “fabs” e “mega-fabs”) che possono arrivare a costare tra i 3 e i 20 miliardi di euro, secondo alle dimensioni e alla tecnologia utilizzata. 

L’EU Chips Act mirerà a creare un ambiente più favorevole agli investitori in cui le start-up e le PMI troveranno più facile accedere a finanziamenti azionari per espandersi e crescere. La Commissione europea intende anche costruire partnership internazionali con “paesi che la pensano allo stesso modo”, come gli Stati Uniti e il Giappone.

Al di là di questi piani a lungo termine, Bruxelles vuole stabilire un nuovo meccanismo di ricerca e monitoraggio, per comprendere lo stato del mercato dei semiconduttori, monitorare le tendenze della domanda e dell’offerta.

Tutte queste misure e queste proposte sono state raccolte in un regolamento che deve essere discusso e negoziato tra il Parlamento europeo e il Consiglio europeo. La Commissione europea sta già esortando gli stati membri ad andare in questa direzione, ovvero di produzione interna di microchip.

Le associazioni approvano il piano europeo sui chip

Reagendo all’annuncio, la European Semiconductor Industry Association (ESIA) ha accolto favorevolmente l’EU Chips Act, l’attenzione alle forniture all’avanguardia e l’adeguamento delle norme sugli aiuti di Stato.

Anche Digital Europe, un’associazione con sede a Bruxelles che rappresenta l’industria tecnologica, è stata soddisfatta dell’atto, definendolo un “passo nella giusta direzione”, ma ha chiesto “maggiore chiarezza” su quale quantità di denaro proverrà dagli Stati membri e quanta dal settore privato.

Nel 2020 sono stati prodotti oltre un trilione di microchip, che sono finiti in lavatrici, automobili, smartphone, laptop, fotocamere, televisori e persino nei ventilatori per curare i pazienti COVID-19.

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