Regime forfettario: cosa scaricare? Nulla! Invece non è così

Chi lavora in regime forfettario non può scaricare molte delle spese per le quali invece normalmente è così. Ma ci sono alcuni costi che è possibile dedurre!

Chi fa parte di questo regime fiscale sa che può beneficiare di numerose agevolazioni, dal punto di vista burocratico, ma soprattutto di una tassazione vantaggiosa, pari al 15% dei ricavi annuali.

In realtà però, aderire al regime forfettario significa anche rinunciare a una serie di benefici che invece fanno parte del regime ordinario o semplificato. I titolari di partita Iva, che affrontano numerose spese per mandare avanti la propria attività imprenditoriale, non potrebbero scaricare tutti questi costi, se aderissero al regime forfettario.

Dunque, possiamo dedurre che i forfettari non possono scaricare praticamente nulla. Né acquisti di forniture, né spese mediche…

Ma a ogni modo, non è corretto affermare che i titolari di partita Iva che abbracciano questo regime fiscale, non possono dedurre alcun tipo di costo dal loro fatturato!

la percentuale di decurtazione del reddito rappresenta i costi medi sostenuti dalla categoria di contribuenti in oggetto. Nel regime forfettario, è anche possibile dedurre dal reddito la contribuzione previdenziale obbligatoria e le perdite pregresse.

In questo articolo, analizziamo i vari aspetti nel dettaglio, procedendo con ordine in base a quanto anticipato in questa introduzione.

Ultime novità del regime forfettario 2022

Abbiamo approfondito l’argomento riguardante la riforma fiscale (e le novità introdotte anche per il regime forfettario) in questo articolo dal titolo Regime forfettario: cosa cambia nel 2022? Ultime notizie! 

Lo scorso 14 gennaio sono scaduti i termini per presentare gli emendamenti, tra l’altro voluti per la stragrande maggioranza, da parte della Lega.

In questa sede, ci limitiamo a riassumere che le novità a carico dei forfettari non sono poche, in particolare riguardano la diminuzione della pressione fiscale e l’introduzione della fatturazione elettronica, anche per chi si trova ad operare nell’ambito di questo regime fiscale.

In particolare, per ciò che concerne la fattura elettronica

Che si tratti dunque di un’incombenza che a breve riguarderà da vicino tutti i diretti interessati, pare non esserci dubbi. Ciò che resta da definire, al momento in cui si scrive, è la data di attuazione di tale obbligo.

Le proposte più interessanti riguardano l’eliminazione di ogni forma di tassazione, per chi fattura meno di 10-15 mila euro all’anno, evitando però di innalzare l’aliquota per chi invece fattura di più!

Non dimentichiamo alcune proposte dei mesi scorsi, che riassumiamo in questa sede, in un tweet della Meloni, a tal riguardo

Nel Governo si sta pensando ad un aumento delle tasse per i lavoratori autonomi in regime forfettario, alzando aliquota Irpef dal 15 al 23%. Non sono bastate le restrizioni mirate e la presa in giro dei ristori e dei sostegni, ora si pensa alla stangata fiscale.

Ebbene sì, perché c’era anche chi proponeva di portare l’aliquota dal 15% al 23%.

Analizziamo maggiormente nel dettaglio.

Come funziona il forfettario

Volendo dare una definizione riguardante il regime forfettario, riportiamo la descrizione a cura di informazionefiscale.it

Il regime forfettario è uno dei regimi fiscali sostitutivi dell’IRPEF. Possono accedervi i titolari di partita IVA che, nel rispetto dei requisiti previsti, beneficiano di una tassazione agevolata del 15 per cento, che scende al 5 per cento per le nuove attività.

Cosa significa, in parole semplici? Che dal totale del fatturato annuo di un forfettario, si decurta un’aliquota (corrispondente a una media di spese che si presume, quel libero professionista o lavoratore autonomo devono affrontare per mandare avanti l’attività), ottenendo quindi un monte ricavi, da tassare al 15%.

La decurtazione ammonta al 22% (con coefficiente di redditività pari quindi al 78%), pertanto si tratta già, di per sé, di una parte di spese che è possibile scaricare dal proprio fatturato lordo.

A onor del vero, bisogna precisare che tali aliquote variano a seconda del tipo di attività svolta. Tanto per fare un esempio, un commerciante ha una decurtazione di spese pari al 60%, mettendo in conto quindi un coefficiente di redditività dall’attività pari al 40%.

Solo per fare un esempio pratico, se un libero professionista fattura 1.000 euro al mese, allora deve calcolare un netto di 780 euro al mese, su cui applicare l’aliquota del 15%.

Netto pari a 663 euro.

Ovviamente, tra i commenti al tweet c’è anche chi insinua che questa tassazione sia scandalosa. Forse perché ignora che, alla tassazione, ci siano da aggiungere anche i contributi Inps, per chi è iscritto alla Gestione Separata, a oggi pari a circa il 26%.

Netto pari a 490 euro.

Meno del 50% di quanto fatturato al mese, dunque. E siamo davvero certi che, non potendo scaricare né spese mediche né altri costi vivi, la percentuale del 22% sia realistica, in relazione a quanto effettivamente un lavoratore autonomo spende ogni mese? Basti pensare all’affitto da corrispondere per il locale in cui svolge l’attività oppure le tasse da versare sugli immobili, se invece sono di proprietà o ancora gli stipendi dei collaboratori, le spese per i fornitori, le tasse dovute per le licenze, la parcella del commercialista eccetera…

Regime forfettario, cosa si può scaricare?

Alla luce di tutte queste considerazioni da riportare doverosamente, per avere un quadro più netto della situazione, possiamo ora occuparci di fornire una risposta diretta alla domanda che fa da titolo a questo articolo: Cosa scaricare in regime forfettario?

Innanzitutto, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, è prevista un’aliquota del 22% in considerazione di tutte le spese che un libero professionista normalmente dovrebbe affrontare per mandare avanti la propria attività.

Come già sottolineato, le aliquote variano a seconda della tipologia di attività commerciale e che oscillano tra un minimo del 22% per i consulenti o freelancer e un massimo del 60%, soprattutto nel caso di ristorazione e hotellerie.

Certamente, l’aliquota del 22% per un libero professionista (corrispondente, come abbiamo visto, a 220 euro al mese di spese) può in alcuni casi risultare davvero al limite. Basti pensare alle utenze da pagare, come riscaldamento dei locali, fornitura elettrica, connessione ultra veloce, per non parlare di un eventuale affitto da versare per il proprio ufficio, all’acquisto di computer o smartphone performante, attrezzature per architetti o software informatici e via di seguito.

Il regime forfettario propone per l’appunto un “forfait”: se le spese superano l’aliquota o se al contrario quelle che si sostengono sono irrisorie, il calcolo non muta.

I lavoratori in regime forfettario possono dedurre dal fatturato lordo anche l’ammontare dei contributi previdenziali.

I vantaggi nell’aderire al regime forfettario però vanno oltre la presa in considerazione di questa aliquota o la tassazione agevolata al 15%.

A onore del vero infatti, bisogna tenere in considerazione anche una serie di benefici, dal punto di vista amministrativo, come esenzione iva Irpef Irap, esenzione adempimenti Iva e via di seguito).

Fino allo scorso anno potevamo tenere in conto anche l’esclusione dall’obbligo di produrre fatture elettroniche, aspetto che invece ora è da contemplare a tutti gli effetti.

Partita Iva a regime forfettario: fatturazione elettronica

Senza dubbio, si tratta di una notizia che ha fatto discutere non poco tutti i diretti interessati dalla misura. Infatti, l’obbligo di produrre la fattura elettronica è istituito a tutti gli effetti anche per i titolari di partita Iva in regime forfettario

Resta da aspettare solo la data di attuazione che verrà stabilita. 

La finalità è quella di arginare quanto più possibile l’evasione fiscale, nella speranza però che non si vada a complicare proprio quella “snellezza” delle operazioni che caratterizza questo regime.

D’altronde soprattutto per tutti coloro che lavorano in remoto da casa, la tracciabilità dei pagamenti alle varie fatture avviene a monte, essendo ormai tutto corrisposto tramite bonifici sul conto corrente, a seguito di emissione di fatture progressive.

Non da ultimo va considerato anche il fatto che un software per l’elaborazione e la gestione delle fatture elettroniche ha un costo, oltre a quello del commercialista che le monitora. E per il consulente che ne emette davvero poche, può diventare velocemente controproducente.

Non resta che rimanere in attesa di altri aggiornamenti in questa direzione.

Regime forfettario 2022, requisiti

Al di là di ogni singola valutazione dei pro o contro del regime forfettario, se contestualizziamo il tutto, è possibile tirare le somme e riconoscere che, perlomeno questo tipo di regime fiscale permette a tanti lavoratori in proprio di sbarcare il lunario, seppur tra mille difficoltà.

D’altronde, al momento della sua entrata in vigore, il regime forfettario è stato accolto con un sospiro di sollievo soprattutto da tanti giovani che avevano l’intraprendenza giusta per immettersi nel mondo del lavoro, ma nella consapevolezza di quanto sia gravosa la gestione economica della partita Iva in Italia.

Per quanto concerne il regime forfettario 2022, il limite reddituale massimo annuo resta fissato a 65 mila euro.

Chi apre la posizione fiscale per la prima volta può beneficiare dei primi cinque anni di tassazione al 5%, in fase di startup dell’attività. In seguito, come abbiamo visto, passa al 15%.

A questo requisito di base, se ne aggiungono due altrettanto importanti. Chi ad esempio è un insegnante ma svolge anche consulenze in qualità di ingegnere, beneficiando di una partita Iva in regime forfettario, non può superare la soglia di 30 mila euro annui, da reddito dipendente. Inoltre, chi si avvale dell’ausilio di collaboratori, per mandare avanti la propria attività, non può corrispondere in retribuzioni più di 20 mila euro all’anno.

Così presentato, sembrerebbe quasi che il regime forfettario sia il più vantaggioso in assoluto per tutti ma, alla fine dei conti, non è così.

Solo il commercialista o un consulente fiscale di fiducia può dimostrare quale sia in effetti il regime fiscale migliore da adottare, tenendo conto delle spese da sostenere per l’azienda e dei costi da dover scaricare anno dopo anno, non da ultimi quelli relativi a spese mediche, detrazioni dei figli a carico, interessi del mutuo, di ristrutturazioni, relative ad assicurazioni personali e via di seguito. 

Natalia Piemontese
Natalia Piemontese
Consulente lavoro online e professioni digitali, classe 1977. Sono Natalia, Piemontese di cognome, pugliese di nascita e calabrese d'adozione. Laureata in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Bari, ho conseguito un Master in Selezione e Gestione delle risorse umane. Mamma bis, scrivo sul web dal 2008. Sono specializzata in tematiche del lavoro, business nel digitale e finanza personale. Responsabile del blog #mammachebrand, ho scritto un e-book "Mamme Online, come gestire casa, lavoro e figli".
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