Attenti a lavorare in nero, potreste pentirvene amaramente!

Il lavoro in nero è una piaga che riguarda il nostro Paese, da Nord a Sud; sono quasi 4 milioni i lavoratori in nero. Quali sanzioni si rischiano? Scoprilo!

Molti nostri concittadini prendono la malsana decisione di lavorare in nero o perché non vogliono perdere alcuni sussidi come la Naspi o il reddito di cittadinanza, oppure perché lavorando in nero i datori di lavoro pagano una retribuzione maggiore (non dovendo versare contributi e tasse).

Ma se il lavoro in nero viene scoperto dall’Agenzia delle Entrate, attraverso la Guardia di Finanza, i guai che ne conseguono possono far pentire amaramente chi ha preso questa decisione

L’Agenzia delle Entrate ha dichiarato una lotta senza limiti al lavoro in nero

L’Agenzia delle Entrate ha deciso di effettuare controlli più stringenti sul lavoro in nero, attraverso le dichiarazioni dei redditi, l’Ente è sempre alla ricerca di operazioni strane, sotterranee e non tracciate. 

Nascondere le somme riguardanti il lavoro in nero non è così difficile come sembra, visto che basta poco a non emettere uno scontrino o a non emettere fattura per una somma incassata in contanti. 

Ma l’Agenzia delle Entrate controlla tutto, anche lo stile di vita. Se una persona che ha perso il lavoro continua a mantenere un tenore di vita alto, i controlli saranno stringenti per scoprire se ci siano o meno lavori in nero ed entrate illecite. 

Che cosa controlla l’Agenzia delle Entrate per scoprire i lavori in nero?

L’Agenzia delle entrate oltre a controllare lo stile di vita, controlla anche i movimenti sui conti correnti, entrate e uscite. Se ci sono dei dati sospetti, è compito del contribuente convincere l’Agenzia delle Entrate della legalità delle operazioni effettuate.

Cosa rischia il datore di lavoro che fa lavorare risorse in nero?

I lavoratori in nero possono denunciare il proprio datore e ottenere tutto quello che spetta loro: straordinari, contributi, tfr, risarcimenti. 

Il datore di lavoro invece dovrà pagare una sanzione tra le 100 e le 500 euro per ogni assunzione non dichiarata. A cui si aggiungono multe da 1500 a 9000 euro se la dichiarazione non è stata effettuata entro trenta giorni dall’inizio del lavoro, da 3mila a 18 mila per ogni lavoratore se la dichiarazione non è stata effettuata superata i 30 giorni. Se si sono superati i sessanta giorni, si rischiano 36mila euro di sanzione. 

Se i lavoratori in nero sono minorenni o stranieri, le sanzioni possono essere aumentate sino del 20%. 

Il lavoro in nero è una vera piaga del nostro paese!

Il lavoro nero è una pratica ancora molto, molto diffusa in Italia. Molti datori di lavoro si avvalgono ancora della collaborazione di risorse umane senza sottoscrivere alcun contratto e, dunque, senza alcuna garanzia, assicurazione, contributi e così via.  

Il lavoro in nero prevede, come abbiamo già visto prima, sanzioni molto pesanti sia per il datore di lavoro e, in casi specifici, anche per il lavoratore (anche se, nella maggior parte dei casi, quest’ultimo viene considerato sempre la parte debole).

Perché in Italia si procede spesso con rapporti di lavoro in nero, irregolari?

Il motivo principale è il risparmio che il datore di lavoro riesce ad ottenere, perché non verserà né contributi né tasse per godere della collaborazione con il lavoratore in nero. 

Nel caso in cui si venga scoperti dalla Guardia di Finanza, però, i rischi sono davvero alti, soprattutto per il datore di lavoro; le sanzioni possono raggiungere anche i 36.000 euro a dipendente.

Vediamo quali sono le conseguenze del lavoro sommerso e come si può denunciare. 

Cos’è il lavoro nero?

Il lavoro in nero è il lavoro irregolare, ovvero basato sul nulla, su nessun contratto e senza comunicare nulla all’Inps, all’Inail o al Centro per l’Impiego. 

Tutti i lavori effettuati senza contratto o senza fattura, vengono considerati lavori irregolari.

Questa del lavoro in nero è una vera e propria piaga per il nostro paese; solo nel 2020 il lavoro in nero ha fruttato circa 80 miliardi di euro, all’incirca il 4,3% di tutto il Pil Italiano, secondo l’Istat.

Nel 2020 circa 4 millioni di cittadini hanno lavorato in nero, senza alcuna tutela e senza alcun diritto. 

Spesso sono i lavoratori stessi a richiedere di lavorare in nero, perché?

Spesso e volentieri sono gli stessi lavoratori a richiedere ai datori di lavoro di non essere assunti e di lavorare in modo irregolare e senza contratto. Perché avviene questo? Spesso perché i lavoratori vogliono ottenere una doppia entrata: la paga del lavoro in nero e un sussidio statale che stanno ricevendo (come il reddito di cittadinanza o la Naspi). 

Il lavoratore di solito viene considerato la parte debole di un rapporto di lavoro in nero, ma ci sono delle eccezioni che prevedono anche per i lavoratori multe e sanzioni salate. 

Come denunciare un rapporto di lavoro in nero

Si può denunciare un rapporto di lavoro in nero, recandosi direttamente presso l’Ispettorato del lavoro competente territorialmente. Lì nella denuncia si indicherà tutto: la ditta, il suo indirizzo, da quanto tempo si lavora, in quali giorni, gli orari svolti, lo stipendio ricevuto.  

Ci vogliono anche prove documentali e testimoniali che possano supportare la tesi che si è lavorato in nero. 

Il passo successivo è rivolgersi ad un sindacato o ad un professionista (un legale) e far partire la pratica. Ovviamente il sindacato è meno costoso dell’attività di un legale.

L’organizzazione sindacale tenterà certamente la via della conciliazione extragiudiziale, senza arrivare in tribunale.  Ma se l’azienda non è concorde nel firmare una conciliazione, si arriverà in tribunale dinanzi al giudice del lavoro, con una vera e propria vertenza. 

Un altro modo per porre fine al lavoro in nero e presentare una denuncia, anche anonima, alla Guardia di Finanza.  

Le sanzioni pecuniarie per il datore di lavoro sono molto pesanti, come abbiamo visto sopra, e possono arrivare anche a 36 mila euro a lavoratore in nero. Inoltre se si stratta di minorenni o stranieri, le sanzioni possono essere aumentate del 20%!

Cosa può fare il datore di lavoro per evitare le sanzioni derivanti dall’aver fatto lavorare lavoratori in nero?

Il datore di lavoro può decidere di regolarizzare tutti i lavoratori in nero entro un periodo massimo di 4 mesi, con contratto a tempo indeterminato o determinato. 

In questo modo il datore di lavoro pagherà comunque una sanzione, ma sarà minima rispetto a quella che avrebbe dovuto pagare se non avesse accettato di mettere in regola i dipendenti. 

Il lavoratore in nero può ricevere anche un risarcimento danni

Il lavoratore in nero dopo la vertenza, potrà ricevere tutto ciò che gli spetta (contributi, tfr, straordinari e così via) e anche un risarcimento danni, che comprenderà anche la tredicesima, la quattordicesima e le ferie non godute. 

Il lavoratore sarà risarcito di tutto ciò che non gli è stato concesso durante il periodo in cui ha lavorato in nero.

L’importo dello stipendio sarà stabilito in base a quello che riporta il Contratto Collettivo Nazionale per quel tipo di lavoro e per quel tipo di qualifica. 

Quali sanzioni ci sono per il lavoratore che decide autonomamente di lavorare in nero o che, addirittura, lo preferisce?

Il dipendente assunto in nero di solito è considerato la parte debole e non è soggetto ad alcuna sanzione. Ma ci sono delle eccezioni, vediamole!

Se il lavoratore in nero ha dichiarato all’Inps di essere in disoccupazione, ma non riceve la Naspi, compie falso ideologico per il quale rischia due anni di carcere.

Se il lavoratore in nero, invece, percepisce la Naspi o altri ammortizzatori sociali, si tratta di reato di indebita percezione ai danni dello Stato. La reclusione può arrivare sino a quattro anni e la sanzione può toccare i 26 mila euro.  

Quindi attenzione a fare i furbi per poter beneficiare di doppia entrata, una in nero e una a carico dello Stato. 

Redazione Trend-online.com
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