Reddito di cittadinanza, se fai lavoro in nero ora rischi sanzioni anche penali

Per chi viene beccato a lavorare in nero pur percependo il reddito di cittadinanza, ora le sanzioni si fanno penali. Ecco cosa si rischia da oggi

Diversi delinquenti stanno usando il Reddito di Cittadinanza come”stampella” economica per il proprio lavoro in nero.

Così facendo, non solo prendono dallo Stato soldi che non gli spetterebbero, ma fanno anche concorrenza sleale nei confronti di tutti i lavoratori che vogliono lavorare ma non in nero.

Per questo il Governo ha fatto sua una sentenza della Corte di Cassazione, che propone misure ancora più severe nei confronti dei lavoratori in nero, fino a rasentare scenari da codice penale.

Va detto che ancora è in sede di discussione l’effettiva applicabilità di queste sanzioni penali per questi percettori RDC “non virtuosi”, ma è vero che come mossa potrebbe dare del filo da torcere a tutti coloro che promuovono l’economia sommersa.

Reddito di cittadinanza, se fai lavoro in nero ora rischi sanzioni anche penali

A parlare di sanzioni penali è la sentenza della Corte di Cassazione n. 25306 del 2022. Se si omette dai redditi percepiti quelli derivanti da un’attività “sommersa”, si commetterebbe una violazione ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del decreto n. 4/2019.

Pertanto, la responsabilità penale ricade anche sul dipendente percettore del Reddito di Cittadinanza.

Oltre ad aver accettato l’offerta di lavoro in nero, il dipendente processato dalla Cassazione non ha provveduto a registrare i nuovi redditi da lavoro all’ente previdenziale. E dato che all’INPS risultava nullatenente, gli è sempre stato riconosciuto il Reddito di Cittadinanza ogni mese.

In pratica ha truffato lo Stato. E la Cassazione ha deciso di condannarlo alla reclusione.

Da oggi infatti scatta il penale anche per il percettore. Se prima era previsto il penale per il solo datore di lavoro, con la sentenza della Cassazione si apre un nuovo scenario sanzionatorio anche per chi è percettore RDC.

Cosa succede se non dichiaro il lavoro mentre percepisco il Reddito di cittadinanza

Il Reddito di Cittadinanza è previsto o come “sussidio di disoccupazione” per chi è in cerca di lavoro, o come “integrazione redditualeper chi lavora ma ha redditi troppo bassi.

Pertanto, si può lavorare pur avendo l’RDC, ma tutto deve essere registrato. Perché se il reddito da lavoro supera una certa soglia, esso viene sospeso.

Per questo in diversi sfruttano il fatto di percepire l’RDC ma di lavorare in nero. Una doppia entrata, e senza versare tasse o contributi.

Se prima le sanzioni per i furbetti del Reddito di Cittadinanza si limitavano alla sospensione immediata dell’RDC e al pagamento di una multa pari alla somma erogata, da ora scatta la reclusione, dell’ordine di anni.

Nella sentenza della Corte di Cassazione è stato precisato, nel caso mandato a processo, che il reo non solo ha fatto “omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio“, ma ha anche impedito ulteriori “informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio“.

In pratica ha truffato lo Stato, con dolo. Proprio per questo la Corte ha deciso per una sanzione penale: il lavoratore è stato condannato in primo grado alla pena di 20 mesi di reclusione, poi ridotta a 11 mesi e 10 giorni.

In sede di difesa, il lavoratore ha voluto giustificare tali redditi sostenendo che fossero delle “regalie”, ovvero dei compensi saltuari, occasionali. Anche in questo caso, dice la Cassazione, tali compensi vanno obbligatoriamente vanno comunicati all’INPS. Perché tali “regalie” provengono da un’attività lavorativa, pertanto sono ascrivibili ai redditi da lavoro, anche se in nero.

Quanto è la multa per chi lavora in nero

Dalla sentenza della Corte di Cassazione viene fatto presente solo la reclusione per aver omesso intenzionalmente i redditi da lavoro. Ma è indubbio che il dipendente (e il suo datore di lavoro) saranno accusati di altri reati, come evasione fiscale, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e falso ideologico.

In genere non è prevista una multa per il dipendente, a meno che non benefici di ammortizzatori sociali come l’RDC. In tal caso, la sanzione è pari alle somme percepite durante il periodo del beneficio. Se si trattava della NASPI, in caso di somma inferiore ai 4.000 euro, la multa sarebbe andata da un minimo di 5.164 euro a un massimo di 25.822 euro.

Per il datore di lavoro è ancora peggio. Nel caso di ritardo nella comunicazione del rapporto di lavoro ai Centri per l’Impiego, la sanzione va da un minimo di 1.800 euro per ritardo inferiore a 30 giorni, fino ad un massimo di 43.200 euro se superiori a 60 giorni.

Anche la mancata emissione di busta paga è penalizzata, con multe che vanno dai 150 euro ai 7.200 euro in base al ritardo.

Nel caso in cui il giudice emetta una condanna penale, e quindi la reclusione, in genere se la durata è inferiore a 3 anni il giudice può commutare la pena in arresti domiciliari, oppure in servizi sociali. Ma questo dipende dall’entità del reato e dal rischio che il condannato possa scappare o reiterare il reato.

È una situazione che porterà sempre meno persone a richiedere l’RDC, soprattutto dopo il 1° luglio, vero punto di svolta per il reddito di cittadinanza.

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