Smart working e lavoro in ufficio: il futuro sarà ibrido?

Un nuovo modello di lavoro ibrido a metà tra smart working e lavoro tradizionale negli uffici, alla ricerca del perfetto equilibrio tra lavoro e vita privata.

È proprio il caso di dirlo: per fortuna che lo smart working c’è!

Soprattutto, per fortuna che è stato possibile utilizzare questo strumento durante gli ultimi due anni di pandemia di Covid, in modo da consentire a molte aziende di poter continuare a lavorare, permettendo ai propri dipendenti di operare da remoto.

In Italia lo smart working è ancora oggi sottovalutato, come dimostrano alcune esternazioni anche del ministro Brunetta

Vaccini e presenza, piuttosto che chiusi a casa, con il telefonino sulla bottiglia del latte a fare finta di fare smart working, perché diciamocelo, far finta di lavorare da remoto, a parte le eccezioni che ci sono sempre.

In realtà, a dispetto di queste affermazioni, varie ricerche hanno mostrato come il cosiddetto “lavoro agile” abbia consentito, per chi lo ha sfruttato al meglio, un aumento di produttività da parte del personale.

E che lavorare da remoto non equivalga a rilassarsi a casa propria, ma piuttosto a lavorare con maggiore benessere e migliori risultati, è ben evidenziato anche dal seguente video (tratto dal canale YouTube TED xTalks) che ci racconta come il bilanciamento tra lavoro e vita privata dei dipendenti contribuisca in realtà anche a massimizzare la competitività delle aziende.

La parola chiave per il futuro dello smart working e del mercato del lavoro in generale è proprio questa: equilibrio

Andiamo allora a scoprire perché, nel corso dei prossimi anni e con lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, non sarà più possibile per le imprese pensare di rimanere competitive senza andare incontro ad un nuovo modello di lavoro ibrido, che sfrutti i concetti dello smart working per migliorare sia il benessere dei dipendenti che la produttività aziendale. 

Smart working, cambio di paradigma con la pandemia

Come abbiamo già accennato, la crisi sanitaria, sociale ed economica innescata dal Covid ha portato ad uno sviluppo capillare dello strumento dello smart working, che prima del 2020 in Italia era tutto sommato un elemento di nicchia all’interno del mercato lavorativo.

La pandemia ha cambiato radicalmente questo scenario, costringendo le imprese e le istituzioni a dover fare i conti con una situazione in cui la scelta era tra il lavoro da remoto ed il blocco delle attività.

Questo contesto ha tuttavia avuto il pregio di dimostrare che lavorare da casa non corrisponde necessariamente ad una riduzione della produttività.

Anzi, si è verificato esattamente il fenomeno opposto, al punto tale che lo smart working, da strumento strettamente correlato ad una situazione di emergenza, si è trasformato in una potenziale risorsa che le aziende hanno capito di dover sfruttare al meglio.

In Italia mancava una vera regolamentazione in questo ambito. Lo scorso dicembre, quindi,  direttamente dal Ministero del Lavoro e in intesa con le parti sociali, sono arrivate le nuove linee guida per lo smart working per i lavoratori nel privato.

Si tratta per l’appunto di una serie di linee guida che spaziano, tra le altre cose, dal diritto alla disconnessione per il lavoratore da remoto fino all’utilizzo delle fasce orarie flessibili per determinare le tempistiche lavorative.

L’aspetto significativo di questo accordo è dato dal fatto che esso dimostra in modo chiaro ed inequivocabile che stiamo assistendo ad un netto cambio di paradigma.

Se prima della pandemia lo smart working era una modalità un po’ snobbata nel nostro paese, vista quasi come una sperequazione che avvantaggiava il dipendente ma andava contro l’interesse dell’azienda, ora ci si è finalmente resi conto che gli interessi delle parti in gioco, in realtà, coincidono molto più di quanto si pensasse.

Nel mondo digitale odierno l’equilibrio tra lavoro e vita privata, per i lavoratori, è diventato fondamentale. Chi riesce a raggiungere il giusto bilanciamento in tal senso, riesce anche ad aumentare la sua produttività. Ecco perché è interesse anche dell’azienda che i propri dipendenti riescano a trovare la giusta stabilità professionale e personale.

Pregi e difetti dello smart working

Oltre all’aspetto psicologico e mentale, lo smart working consente una serie di vantaggi dal punto di vista pratico. E non solo per il lavoratore che sfrutta in prima persona il lavoro agile.

Se i dipendenti possono svolgere le proprie attività da casa, trasformando il proprio salotto in un vero e proprio ufficio (per non parlare di chi ha la fortuna di avere una stanza adibita a studio), il primo a guadagnarne è l’ambiente, grazie al minor traffico di pendolari costretti quotidianamente a fare la spola (e la coda!) tra la propria abitazione ed il luogo di lavoro.

Il vantaggio ambientale dato dall’uso dello smart working può apparire un pregio astratto, poco concreto. In realtà è un elemento importante anche per le stesse aziende.

Oggi come oggi, tutte le più importanti organizzazioni operano sul concetto di impegno sociale (la Corporate Social Responsibility è un tipo di comunicazione fondamentale), non solo per filantropia ma anche per ricavarne, naturalmente, un vantaggio competitivo andando a guadagnare a livello reputazionale.

Ecco perché, per fare impresa in modo moderno, molte aziende cercano di lavorare diventando sempre più green ed in modo da tutelare l’ambiente, che rappresenta una tematica molto importante e sentita in ambito mainstream.

Adottare lo smart working, in questo senso, dimostra che un’azienda è attenta a questo tema, nonché al discorso che vedremo più avanti legato all’equilibrio tra lavoro e vita privata dei propri dipendenti (altro argomento sempre più discusso dopo gli scorsi anni di pandemia).

C’è di più: il lavoro da remoto può garantire alle imprese un risparmio sui costi degli uffici, anche e soprattutto per ciò che riguarda il consumo energetico.

Ovviamente ci sono anche alcuni problemi, legati allo smart working, che possono emergere, e che devono venire affrontati a soprattutto a livello organizzativo.

Uno di questi è il rischio che la mancanza di interazione con i colleghi possa influire negativamente sul proprio modo di operare.

Pensiamo ad esempio anche solo agli incontri casuali con un collega mentre si esce semplicemente dal proprio ufficio, oppure alla macchinetta del caffé. Non che questi debbano trasformarsi ogni volta in un brainstorm, tuttavia possono essere un’occasione per un breve confronto anche su piccoli aspetti di lavoro.

La comunicazione può infatti rappresentare una vera difficoltà: per ogni problematica, magari anche di poco conto, occorre scrivere una mail oppure organizzare una call online, e questo può portare via del tempo prezioso che invece, nella quotidianità della vita d’ufficio, verrebbe risparmiato.

Perché molte aziende non amano lo smart working?

Quest’ultimo aspetto di cui abbiamo parlato è proprio il punto debole dello smart working che lo rende indigesto a diverse aziende.

C’è chi infatti reputa che, senza avere un incontro quotidiano con le altre persone che lavorano negli uffici, il rischio sia quello di perdere molto dello spirito e dei valori aziendali.

Senza contare che l’organizzazione del lavoro dovrebbe venire lasciata all’autonomia delle singole persone, e questo non sempre si può dimostrare positivo in un’ottica d’impresa.

Ecco perciò il motivo per cui, sotto la spinta del cambiamento generato dalla pandemia di Covid, un approccio di lavoro ibrido è divenuto particolarmente apprezzato e viene considerato un elemento futuribile.

L’obiettivo diventa allora la ricerca del giusto punto di incontro tra lavoro d’uffico e da remoto, in modo tale da poter sfruttare i vantaggi di entrambi questi orientamenti, cercando di smussare i difetti di ogni singolo metodo di lavoro.

Approccio ibrido, il punto d’incontro tra smart working e ufficio

Riuscire a combinare smart working e lavoro in office può permettere di limitare le problematiche legate alla difficile comunicazione per chi opera da remoto.

In questo modo, si possono prevedere almeno una o due giornate ogni settimana in cui incontrarsi nella sede aziendale per pianificare il lavoro, evitando call o meeting troppo frequenti che possono divenire, alla lunga, fonte di stress senza tuttavia risultare necessariamente utili.

D’altra parte, incontrarsi è comunque fondamentale per effettuare un certo tipo di monitoraggio e capire se l’ambiente ibrido stia funzionando o meno. Soprattutto, è importante che chi lavora da casa riceva il giusto feedback per sapere se sta svolgendo i propri compiti andando nella giusta direzione richiesta dall’azienda.

Per questo motivo la comunicazione tra dipendenti e manager aziendali racchiude un’importanza fondamentale e deve essere giocoforza la più trasparente e chiara possibile.

Naturalmente anche in un ambiente di lavoro ibrido esistono dei punti di debolezza, in particolare per quanto riguarda il tema della sicurezza digitale. Le connessioni casalinghe, naturalmente, sono molto più a rischio violazione di quelle di un ufficio.

In questo senso le aziende devono investire a monte, sapendo che poi andranno incontro a difficoltà tecniche di questo tipo. Non è un elemento su cui è possibile improvvisare, e di conseguenza adottare un modello di lavoro ibrido richiede un’adeguata fase di pianificazione.

Il futuro e l’equilibrio tra lavoro e vita privata

In sostanza, dunque, il lavoro ibrido consiste in uno smart working che però prevede una minima interazione face-to-face tra i dipendenti ed i propri manager.

L’obiettivo da raggiungere, come abbiamo visto, è quello di offrire ai lavoratori delle condizioni che permettano loro di esprimersi al meglio a livello psico-fisico.

È questo genere di equilibrio che sta alla base del miglioramento delle prestazioni che lo smart working fornisce, come si è visto dalle ricerche e dalle analisi svolte durante la pandemia.

Anzi, è la pandemia stessa che ha accentuato tale fenomeno: lo dimostra il gran numero di persone che negli ultimi mesi si sono dimesse dal proprio posto di lavoro, soprattutto negli Stati Uniti (il fenomeno della Great Resignation, ormai diffuso anche in Europa).

Sempre più lavoratori, infatti, dopo quanto patito con le restrizioni anti-Covid degli ultimi due anni, non sono più disposti a sacrificare il proprio benessere per la carriera professionale, o almeno non tanto quanto avveniva in passato.

Ecco perciò che le imprese devono iniziare, come già sta avvenendo (un po’ meno in Italia rispetto al resto del mondo occidentale), a rispondere anche a queste esigenze dei propri dipendenti, al fine di rimanere al passo con i tempi ed al tempo stesso ottenere da essi le migliori performances lavorative.

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