Vitalizio parlamentari, importo, quando scatta e perché è “salvo” nonostante la crisi

Vitalizio parlamenti, quanto spetta a senatori e deputati e perché ne hanno diritto anche se le Camere sono sciolte.

Quando si parla di vitalizi, il trattamento pensionistico percepito dai parlamentari, gli animi si scaldano per diverse ragioni, in primis per i privilegi di cui per lungo tempo ha goduto “la casta”. L’importo del vitalizio è stato ridotto negli anni, ma non si può certo dire che si percepisca una pensione da poco.

Nonostante lo scioglimento delle Camere, deputati e senatori in carica fino al 24 settembre 2022, per una manciata di giorni, salvano il diritto al vitalizio. La data scelta per le elezioni anticipate, il 25 settembre, fa maturare il periodo necessario a far scattare il trattamento pensionistico. Spieghiamo il perché e gli importi.

Mattarella scioglie le Camere ma i parlamentari conservano il vitalizio: ecco perché

Salva in calcio d’angolo la pensione di deputati e senatori nonostante la crisi di Governo, le dimissioni di Draghi e lo scioglimento anticipato delle Camere ordinato da Sergio Mattarella. Il motivo è questo: la data scelta per andare alle urne, il 25 settembre 2022, permette ai parlamentari in carica di raggiungere i 4 anni, 6 mesi e un giorno di mandato, il tempo necessario a far maturare il vitalizio.

L’attuale Parlamento resta in carica fino alla formazione di uno nuovo, del resto come il Governo, operativo per quanto riguarda il disbrigo degli affari correnti. Lo prevede la Costituzione all’articolo 61:

“finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”.

Dunque l’ultimo giorno dell’attuale legislatura sarà sabato 24 settembre 2022. Difatti le elezioni anticipate devono per legge essere indette entro 60 giorni dallo scioglimento da parte del Presidente della Repubblica.

L’importo del vitalizio, ecco come si calcola

Le regole di calcolo e l’importo del vitalizio sono enormemente cambiate rispetto al passato. Il 2011 ha fatto da spartiacque: da allora deputati e senatori, al termine del mandato, hanno diritto alla pensione il cui importo è calcolato con il sistema contributivo. I requisiti per ottenerla sono i seguenti:

  • aver compiuto il 65° anno di età;
  • aver svolto un mandato di almeno 4 anni, 6 mesi e un giorno (poco meno della durata della legislatura, ovvero 5 anni).

A questi requisiti vi è una eccezione: i parlamentari hanno diritto ad uno “sconto” per ogni anno di mandato ulteriormente svolto oltre il 5°.

Ma qual è l’importo? Di che cifre stiamo parlando? Come anticipato, il vitalizio ha subito diverse modifiche; fino alla XIII legislatura (a cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del 2000), l’importo oscillava tra il 25 e l’85% dell’indennità parlamentare lorda. Successivamente la percentuale fu ridotta fino ad arrivare all’importo compreso tra il 20% e il 60% per cento.

Ma il 2011 segna il passaggio definitivo al sistema di calcolo contributivo, quello oggi in vigore per tutti i lavoratori. Dal quel momento per calcolare l’importo esatto si applica l’aliquota del 33% su 10.435 euro (cioè l’indennità mensile che percepisce ogni parlamentare).

La “scappatoia” per salvare la pensione

Secondo la legge, tuttavia, anche qualora senatori e deputati non avessero raggiunto i 4 anni, 6 mesi e un giorno di mandato per conseguire la pensione, avrebbero potuto sfruttare una “scappatoia” legale. Si tratta di una particolare forma di riscatto del periodo in carica. I mesi mancanti per raggiungere la soglia minima si possono “recuperare” versando 3.000 euro per ciascun mese di mandato portato al termine.

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