Bandi universitari per assegno di ricerca: dove trovarli e come partecipare

Novità in vista per chi aspira a un assegno di ricerca. Revisione del preruolo universitario, consigli per partecipare al bando di selezione e importi.

Non così facile trovarli ma per fortuna nemmeno impossibile, dal momento che molti studenti coronano il loro sogno di ricevere un assegno di ricerca, dopo il conseguimento del titolo di dottore, all’Università.

Un obiettivo ambizioso, senza dubbio, dopo anni di studio, laurea, master e via di seguito. Ma come funziona il meccanismo? Come si fa a diventare dottori di ricerca e beneficiari dell’assegno?

Il sistema in realtà è oggetto di riforme al momento e proprio la data del 30 giugno potrebbe segnare l’inizio di una nuova era per l’accademia italiana, con la revisione del cosiddetto pre-ruolo universitario.

Un’accelerazione verso il ruolo di professore universitario e un vero e proprio contratto post-doc, che quindi supera il concetto di assegno di ricerca, che tanto sa di precarietà.

Ecco tutte le novità e le informazioni utili per diventare ricercatore.

Cosa è l’assegno di ricerca?

Si tratta di un contributo economico assegnato a giovani laureati o dottori di ricerca, incaricati di svolgere progetti di ricerca, i quali vengono finanziati da parte dell’Università.

Ovviamente il candidato deve avere titoli e meriti per accedere a questa opportunità, partecipare al bando di assegnazione, sostenere un colloquio con valido curriculum a supporto.

Il problema dell’assegno di ricerca, in tutti questi ultimi anni, è che si è rivelato essere un limbo in cui trattenere i giovani talenti, motivati ed entusiasti, anche per oltre un decennio nell’incertezza, rendendoli ovviamente stanchi, sfibrati e scoraggiati.

Motivo per cui oggi si punta a eliminare queste forme di contratti parasubordinati, come lo sono tutte le collaborazioni, borse o per l’appunto, assegno di ricerca.

L’obiettivo è definire una figura professionale ben chiara e delineata, prima di quella di docente universitario.

Il dottorato è un titolo di alta formazione e come tale va riconosciuto.

Un vero contratto di ricerca, o post-doc, della durata di almeno due anni, con un valore economico uguale a quello di ricercatore con tutele e garanzie sindacali tipiche del lavoro subordinato.

Anche i tempi del percorso si abbreviano. Se un ricercatore non riuscirà a prendere l’abilitazione all’insegnamento nel corso dei sei anni, uscirà dal circuito universitario.

Assegno di ricerca: come averlo

Come già abbiamo avuto modo di sottolineare, non è semplice riuscire a ottenere un assegno di ricerca ma di certo è possibile.

Quindi, il primo passo per trovare un bando a cui partecipare, è quello di monitorare periodicamente il sito della propria Università, dal momento che la pubblicazione è resa nota online.

A volte, è possibile trovare i bandi anche sul sito del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Unione Europea.

In base alle modalità previste, si partecipa alla selezione.

Quelli comuni a tutti gli Atenei d’Italia sono sostanzialmente due ovvero il possesso della laurea e l’assenza di carichi penali.

Normalmente è previsto l’invio della domanda al Rettore dell’Università, tramite PEC oppure una raccomandata con ricevuta di ritorno.

A questo punto, verrà il giorno di sostenere l’esame. Giorno e ora sono fissati a monte, così come sono rese note le modalità di svolgimento delle prove, che possono essere scritte e orali e che vertono su specifiche materie, sempre indicate nel bando.

La commissione d’esame presente quel giorno ha tempo poi 60 giorni per stilare la graduatoria, che a quel punto verrà pubblicata ufficialmente.

Come funziona l’assegno di ricerca

Una volta ottenuto il tanto ambito assegno, finalmente il ricercatore può coronare il suo sogno e iniziare a lavorare sul progetto di propria competenza.

L’assegno ha una durata minima di 12 mesi e si può rinnovare per sei anni.

Cosa succede nel frattempo, se una donna va in maternità o se si ha bisogno di un’aspettativa dal lavoro?

Infatti, può accadere di avere un contratto di lavoro dipendente e nel frattempo partecipare a un bando di concorso per ottenere l’assegno.

Ebbene, la legge in questi casi prevede la possibilità di ottenere un congedo dal lavoro per motivi di ricerca. Quindi, volendo tornare indietro, allo scadere della durata dell’assegno, si può riavere il proprio posto di lavoro, conservato proprio in virtù dell’aspettativa.

Ovviamente, l’aspettativa conserva la titolarità del posto (si pensi alla cattedra di un insegnante, ad esempio) ma lo stipendio viene sospeso.

Se invece, al termine del periodo di ricerca, non si trova un lavoro, allora si ha diritto alla disoccupazione di sei mesi, in tal caso non la Naspi bensì la Dis-coll.

Se invece la ricercatrice è donna, allora ha diritto a un congedo per maternità, pari a cinque mesi, da fissare a cavallo della data del parto presunta (di solito due mesi prima e tre dopo, ma si può scegliere anche di continuare fino alla fine dell’ottavo mese, se la gravidanza lo consente, e quindi restare a casa col bambino per quattro mesi dopo la sua nascita).

Quanto si guadagna con un assegno di ricerca?

Specifichiamo che la legge che disciplina l’assegno di ricerca all’art.22 L. 240/2010; D.M. 102/2011, fissa quello che è l’importo minimo che è possibile erogare, ma non fissa limiti verso l’altro.

Quindi, in base al proprio bando di interesse, è bene verificare quali siano le condizioni fissate per quel che riguarda quell’incarico specifico.

Ecco a quanto ammonta:

L’importo minimo annuo è di 22.947 euro, a cui sottrarre i contributi previdenziali pari a 3.580 euro. 

La retribuzione netta ammonta pertanto a 19.367 euro per 12 mensilità, arrivando dunque a uno stipendio mensile di 1.613,91 euro. 

Non è prevista tassazione Irpef, per ciò che concerne il reddito proveniente da un assegno di ricerca. Quindi l’assegnista ricercatore non è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi.

Inoltre, se il giovane dottore vive ancora con i genitori, quell’assegno di ricerca non concorre alla formazione del reddito, pertanto si può considerare ancora un figlio a carico, con tutte le agevolazioni che ne derivano. Anche l’Isee del nucleo familiare non subisce variazioni.

Natalia Piemontese
Natalia Piemontese
Consulente lavoro online e professioni digitali, classe 1977. Sono Natalia, Piemontese di cognome, pugliese di nascita e calabrese d'adozione. Laureata in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Bari, ho conseguito un Master in Selezione e Gestione delle risorse umane. Mamma bis, scrivo sul web dal 2008. Sono specializzata in tematiche del lavoro, business nel digitale e finanza personale. Responsabile del blog #mammachebrand, ho scritto un e-book "Mamme Online, come gestire casa, lavoro e figli".
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