Putin blocca il gas: rischio vero? 5 motivi per cui funziona

La strategia di Putin di bloccare le forniture di gas potrebbe essere una mossa vincente, mettendo sul lastrico l’economia europea. Vediamo in dettaglio.

L’Europa potrebbe resistere fino a quest’estate nell’ipotesi in cui Putin decidesse di interrompere drasticamente le forniture di gas. Ma come potrebbe farcela?

L’Ue potrebbe avvalersi di un mix di risorse: da una parte intensificando le importazioni di Gnl e dall’altro lato riducendo le attività produttive ad alto consumo energetico.

Ma queste soluzioni comportano un notevole aggravio di costi per l’economia dell’Ue, spingendo i paesi, maggiormente dipendenti dal gas russo e meno connessi al circuito Ue, ad adottare misure di emergenza.

Inoltre occorre sottolineare l’inadeguatezza delle infrastrutture europee a ricevere una maggiore quantità di Gnl.

Ecco perchè l’eventuale strategia di Putin di bloccare le forniture di gas potrebbe essere una mossa vincente, mettendo sul lastrico l’economia europea. Analizziamo in dettaglio quali potrebbero essere le conseguenze per l’Europa.

Blocco gas russo: ecco le conseguenze  

Un recente studio del think tank Bruegel riportato da “Il Sole 24 Ore” ha elaborato tre scenari: il più probabile è rappresentato da forniture contrattuali simili a quelle del 2021, quello di importazioni limitate, e il worst case scenario, ossia la chiusura totale

Tra i fattori che possono incidere maggiormente sono le temperature del prossimo inverno (per questo periodo i Paesi membri dispongono di scorte negli stoccaggi), e la disponibilità di gas liquefatto.

Teoricamente la Ue ha una capacità di importare gas per almeno 1.800 Terawattora, contro i 1.700 che sono forniti dalla Russia, ai quali si andrebbe ad aggiungere la capacità della Gran Bretagna di importare ed esportare nella Ue altri 400 Twh. Va sottolineato come però l’attuazione non sia così semplice.

Il gas non riesce a viaggiare facilmente tra i paesi a causa di alcuni limiti posti dai gasdotti. Altri vincoli sono rappresentati dal rialzo dei prezzi, e dai rapporti geopolitici con i paesi asiatici, oggi i più grandi acquirenti di gas liquefatto.

L’altra strada è allora la riduzione della domanda: nel breve periodo si può convertire la produzione delle centrali con l’utilizzo del petrolio, rinviare la chiusura delle centrali atomiche in Germania, l’accelerazione sull’energia verde (ad esempio la costruzione di impianti solari).

Non basta, però, secondo Bruegel, nel breve periodo la domanda di gas da parte dell’industria può essere ridotta soltanto tagliando la produzione, come hanno già fatto alcune aziende, o chiudendo le fabbriche.

Potrebbero essere istituite leggi d’emergenza che andrebbero a ridurre i riscaldamenti al lavoro o in casa, altre, invece, potrebbero incentivare interventi di risparmio di energia.

Va considerato che solo il 25% degli edifici è attualmente energeticamente efficiente. Le aspettative non saranno quindi impossibile, ma non sarà semplice.

Ingegneri in borsa in un loro video YouTube “Quello che non dicono sul più grande rischio scatenato da Putin” mostrano come la crisi tra la Russia e la l’Ucraina avrà forti conseguenze non solo sul comparto energetico, ma anche su un comparto strettamente legato e presente nella maggior parte delle aziende. 

Blocco gas russo: il caso dell’Italia

L’Italia importa da Mosca una quota sul fabbisogno che risulta inferiore a quella tedesca, ma il sistema produttivo dipende dal gas per il 40% mentre quello tedesco per circa il 26%.

Anche la Spagna è un paese importatore dalla Russia (circa il 50%), ma il suo sistema ne dipende per l’8% circa e, soprattutto, è in grado di sostituire facilmente sostituire il gas russo con quello liquefatto al punto che potrebbe addirittura esportarlo, qualora disponesse di gasdotti sufficienti.

In termini di assorbimento di gas per il sistema produttivo il Belgio è ai primi posti e quindi tra i più paesi maggiormente colpiti.

Blocco gas russo: l’intervento del governo a sostegno di famiglie e sistema economico

Draghi ha detto che per far fronte alla crisi economica provata dalla guerra, l’Iva sarà ridotta al 5 per cento per le bollette del gas e il governo ha destinato 16 miliardi per sostenere le famiglie con i rincari sulle utenze.

L’obiettivo del governo sarà di tutelare il potere d’acquisto e mantenere una politica di bilancio prudente che non comporti l’adozione di nuove rilevanti misure permanenti di spesa ma attui interventi necessari a sostenere l’economia nell’emergenza.

Il premier ha tenuto a ribadire la necessità di svincolarsi dall’acquisto del gas dalla Russia in tempi rapidi sottolineando come la quota di gas russo sia aumentata molto negli ultimi 10-15 anni, anche dopo l’invasione della Crimea. Per cui il governo è impegnato a diversificare le forniture e aumentare le fonti rinnovabili in una strategia di lungo periodo.

Blocco gas russo: il piano italiano per liberarsi dal gas russo

Per liberarsi dal gas russo ieri il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani ha dichiarato che all’Italia serviranno 24-30 mesi.

Inoltre, sarà necessario avere maggiori importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) e di gas da fornitori diversi, così come è stato rimarcato dalla Commissione Europea relativamente al piano per l’approvvigionamento energetico della Ue e svincolarla dalla dipendenza dal gas di Mosca (importato mediamente il 40% del fabbisogno).

Un tema, quello dell’importazione da gasdotti non interconnessi alla rete europea, su cui il governo Draghi ha notevolmente accelerato nell’ultimo periodo con l’obiettivo di emanciparsi dalle forniture russe.

Ieri, il premier Mario Draghi ha contattato il presidente della Repubblica azera, Ilham Aliyev che avrebbe fornito rassicurazioni rispetto alla possibilità di far arrivare in Italia attraverso il Tap, il gasdotto che trasporta il gas azero in Europa un incremento dei volumi forniti fino al raggiungimento del pieno utilizzo dell’attuale capacità di trasporto dell’infrastruttura per arrivare successivamente, al previsto raddoppio nei prossimi anni.

Tra i fornitori alternativi, però, sarà l’Algeria contribuire al possibile raddoppio della fornitura di gas dal Transmed. Si parla infatti della possibilità di ricevere altri 10 miliardi di metri cubi in Italia in tempi non particolarmente lunghi. 

Un ulteriore apporto, poi, potrebbe arrivare anche dal Qatar, con volumi aggiuntivi di Gnl rispetto ai quasi 7 miliardi attuali (lavorati in gran parte dal rigassificatore di Rovigo). Sono però da verificare quantitativi e tempi di realizzo da concordare con i qatarini. 

Questo tipo di forniture richiederebbe però un potenziamento degli impianti nel nostro paese: attualmente i rigassificatori attivi sono soltanto tre (Rovigo, Panigaglia e Livorno), ma il governo vorrebbe sbloccare nuovi impianti con la collaborazione di Eni e Snam.

Quest’ultima sarà anche il riferimento sugli stoccaggi, su cui nella Ue è passata la proposta dell’Italia circa gli acquisti comuni di gas e che, anticipando quanto riportato ieri da Bruxelles, si era già attivata sulle aste CO2 e gli extraprofitti.

Inoltre, c’è prospetticamente, il tema delle rinnovabili che secondo le stime di Terna potrebbero portare 60 gigawatt di nuova capacità produttiva permettendo quindi che i consumi di gas scendano di circa 15/ 20 miliardi di metri cubi l’anno.

Oltre queste azioni il governo starebbe lavorando anche delle soluzioni da adottare in caso di emergenza. Come ad esempio l’utilizzo delle centrali a carbone e a olio (che permetterebbero un risparmio di gas, pari a circa 3,5 miliardi di metri cubi annui) o la definizione di limiti soglia delle temperature per il settore civile (case e uffici) mediante l’emanazione di una legge ad hoc. 

Blocco gas russo: lo shock energetico per i singoli Paesi Ue 

La scelta di applicare sanzioni da parte dei Paesi membri e le relative controsanzioni da parte della Russia potrebbero penalizzare l’intera Unione europea. I costi di possibili interruzioni delle forniture sono stati ampiamente analizzati dai Paesi Ue. Ma non tutti i Paesi verrebbero colpiti allo stesso modo.

 L’Unione europea nei prossimi mesi avrà l’obiettivo di restare unita nella condivisione degli oneri e nella gestione dei problemi. Da questa situazione ne potrebbe uscire rafforzata.

Ma dovrà gestire le problematiche diverse per i singoli paesi. Un recente studio di Redeker individua tre differenti livelli:

  • il primo è quello dei Paesi orientali e centrali, che presentano maggiori legami con la Russia e risultano più sensibili (Lettonia, Lituania, Cechia, Ungheria importano quasi il 100% di gas dalla Russia);
  • il secondo comprende la Germania e l’Italia, per le importazioni di gas e le forniture alle imprese dell’automotive;
  • il terzo, è legato ai rincari poiché alcuni paesi ad alta intensità di energia potrebbero subire maggiormente le conseguenze.

Poiché dal punto di vista commerciale, la Russia, oltre alle forniture di gas, rappresenta un partner commerciale di importanza minore per la Ue il vero problema quindi è rappresentato dall’energia: il gas, ma anche petrolio e carbone le cui importazioni sono aumentate dopo la crisi della Crimea nel 2014. 

Blocco gas russo: il piano per l’energia della UE

Intanto ieri è stato presentato un piano d’azione sull’energia con il quale la UE vuole eliminare la dipendenza dei Paesi membri dal gas russo entro i prossimi anni. L’obiettivo è innanzitutto ridurla di due terzi entro la fine dell’anno e di aiutare le aziende in difficoltà a causa del caro energia.

Come? Andando a diversificare le fonti di energia verso il gas naturale liquefatto e il biometano, favorendo lo sviluppo delle energie rinnovabili, migliorando l’efficienza energetica.  

Nel contempo, per evitare rischi di carenza di gas, la UE presenterà entro aprile un testo di legge che andrà ad imporre ai Paesi membri di avere riserve piene al 90% entro il 1° ottobre di ogni anno.

Inoltre, l’esecutivo Ue vuole consentire un uso più liberale delle regole sugli aiuti di Stato per permettere ai singoli paesi di aiutare le aziende che risulteranno più colpite dalla crisi, in particolare quelle che subiscono maggiormente gli incrementi dei costi energetici.

Va ricordato che attualmente la Ue importa il 90% del suo gas, di cui il 45% dalla Russia. Sempre la Russia contribuisce per il 25% sull’import di petrolio e per il 45% dell’import di carbone. 

Inoltre, Bruxelles lascia facoltà ai governi di poter adottare prezzi amministrati in caso di forte volatilità dei listini in modo da introdurre imposte temporanee sui profitti inattesi delle società energetiche, e finanziare cosi eventuali misure a beneficio dei consumatori. 

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