Hara Hachi Bu: dal Giappone il metodo che allunga la vita, ecco di cosa si tratta

Un esperto di medicina rigenerativa riaccende l'attenzione sull'Hara Hachi Bu, il metodo giapponese per vivere più a lungo: ecco in cosa consiste.

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Da sempre la comunità scientifica e non solo ha dimostrato un grandissimo interesse nei confronti di rimedi e pratiche che permetterebbero di allungare la vita, oltre che di rimanere in buona salute fino a tarda età.

Se da un lato ci sono inconfutabili cause genetiche, dall'altra è vero che alcuni stili di vita e alcuni metodi praticati da centinaia di anni in alcune località sembrerebbero avere un impatto non indifferente al riguardo.

Scopriamo allora in cosa consiste il metodo giapponese dell'hara hachi bu, che secondo alcuni studi sembrerebbe dare dei risultati sorprendenti.

Hara hachi bu, il metodo giapponese allunga davvero la vita?

Il mondo occidentale conosce già da alcuni anni il metodo giapponese hara hachi bu, noto per le sue qualità allunga-vita e per i notevoli benefici alla salute umana.

Recentemente, però, l'attenzione che all'hara hachi bu è stata dedicata da parte di un medico americano ha riacceso i riflettori su questa pratica millenaria, e ne ha evidenziato i vantaggi anche dal punto di vista scientifico.

Il dottor Vicente Mera, infatti, è esperto di medicina rigenerativa, e si era recato in Giappone per la promozione di un nuovo marchio di nutricosmetici. Qui aveva notato la buona forma fisica della popolazione, e scoperto come in diverse località il numero di ultracentenari fosse decisamente alto.

Secondo il dottor Mera, la causa potrebbe essere legata ad una pratica specifica, ovvero l'hara hachi bu. Del resto, alcuni studi in laboratorio condotti da Joseph Takahashi e alcuni colleghi presso l'Howard Hughes Medical Institute Investigator, e pubblicati su Science, sembrano confermare la validità di questi assunti.

I topi in laboratorio, infatti, vivevano più a lungo se sottoposti ad una dieta leggermente ipocalorica, e proprio questa è la base dell'hara hachi bu, che in giapponese significa letteralmente "non mettere in pancia più dell'80%".

In base a questa dieta, dunque, è consigliato alzarsi da tavola prima di aver raggiunto un senso completo di sazietà, quindi rinunciando ad un 20% dell'apporto calorico.

Per farlo, basta ridurre le proprie porzioni di poco (ad esempio, se ci si sente sazi con 100 g di pasta, sarebbe meglio cucinarne solo 80g), oppure eliminando una parte degli alimenti meno importanti per il corretto apporto calorico (quindi tipicamente il dolce di fine pasto).

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Dieta ipocalorica e digiuno, sono la stessa cosa?

I benefici di una dieta leggermente ipocalorica, in soggetti sani, sono noti da tempo, e sono confermati da diversi studi, a differenza invece di quanto accade con il digiuno intermittente o prolungato.

In questo caso, infatti, il corpo entra in uno stato di stress, e per evitare di attaccare le riserve di grassi che potrebbero servire nel caso in cui il digiuno si prolungasse (anche perché farvi ricorso è molto dispendioso a livello energetico per il corpo), preferisce utilizzare la massa magra.

Il risultato del digiuno è dunque perdere in primo luogo massa muscolare, o addirittura la quantità adeguata di grasso viscerale, che protegge gli organi interni da urti ed è quindi fondamentale.

Ciò vale sia per il digiuno intermittente (quindi praticato una o due volte al mese) sia per quello prolungato (ad esempio quello al centro della controversa dieta di Gwyneth Paltrow, che lo unisce ad una dieta paleo).

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