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Android 15 in arrivo: i cellulari compatibili col nuovo sistema operativo

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Il 2024 avanza, e con esso sta arrivando un ennesimo sistema operativo per la piattaforma mobile più diffusa tra il pubblico. Si staglia all’orizzonte il nuovissimo Android 15, e inizia già la corsa ad avere uno smartphone compatibile con l’aggiornamento: ecco la lista finora diffusa dei modelli che riceveranno questo upgrade.

Tutti i Samsung compatibili con Android 15

Il marchio su cui più si attende l’aggiornamento è sicuramente Samsung, che lo riceverà sotto forma di One UI 7.0 basata su Android 15. I cellulari sicuramente compatibili daranno quelli usciti all’incirca negli ultimi due anni e mezzo. Questa la lista dei principali:

  • La linea Samsung Galaxy S24 (S24, S24+ e S24 Ultra);
  • La linea Samsung Galaxy S23 (S23, S23 FE, S23+ e S23 Ultra);
  • La linea Samsung Galaxy S23 (S22, S22+ e S22 Ultra);
  • La linea Samsung Galaxy S22 (S21, S21 FE, S21+ e S21 Ultra;
  • I pieghevoli Samsung Galaxy Z Fold e Z Flip coi numeri 3, 4 e 5;
  • Samsung Galaxy A55;
  • Samsung Galaxy A35;
  • Samsung Galaxy A54;
  • Samsung Galaxy A34;
  • Samsung Galaxy A24;
  • Samsung Galaxy A14;
  • Samsung Galaxy A73;
  • Samsung Galaxy A53;
  • Samsung Galaxy A33;
  • Samsung Galaxy A23;
  • Samsung Galaxy A72;
  • Samsung Galaxy F54, F34 e F15
  • Samsung Galaxy M54, M53, M34, M33 e M15.

A questi si aggiungono i pieghevoli Samsung Galaxy Z Fold 6 e Z Flip 6 che saranno distribuiti a partire da luglio 2024, ogni eventuale nuova uscita nel resto del 2024 e del 2025, e i tablet di marca Samsung, cioè i Galaxy Tab: per loro si dovrebbe essere coperti coi modelli a partire dall’S8.

In aggiunta, sebbene non sia in lista, potrebbe anche essere coinvolto anche qualche altro modello di cellulare rilasciato poco prima di quelli menzionati, ma non è possibile conoscerli in anticipo.

Tutti i Google Pixel e One Plus compatibili con Android 15

Come secondo gruppo non poteva mancare Google – null’altro che lo sviluppatore di Android 15 – coi suoi dispositivi Google Pixel. Attualmente la lista dei compatibili comprende tutti i modelli rilasciati nelle ultime tre distribuzioni:

  • Google Pixel 8, 8A e 8 Pro;
  • Google Pixel 7, 7A e 7 Pro;
  • Google Pixel 6, 6A e 6 Pro;
  • Il pieghevole Google Pixel Fold.

Anche il Pixel Tablet parteciperà all’aggiornamento.

Tocca adesso a OnePlus, su cui l’aggiornamento prenderà il nome di OxygenOS 15. La casa cinese è in grado di includere questo piccolo gruppo di modelli recenti:

  • OnePlus 12 e 12R;
  • OnePlus Nord 3;
  • OnePlus Nord CE 3 Lite;
  • OnePlus 11;
  • OnePlus 10 Pro;
  • Il pieghevole OnePlus Open.

In questo caso sembra più difficile che vengano aggiunti vecchi modelli da rendere compatibili con Android 15 in futuro, visto che OnePlus non ha una quantità molto numerosa di nuove release annuali. Da menzionare che non sono state diffuse informazioni su Android 15 per la compagnia “sorella” di OnePlus, Oppo.

Tutti gli Xiaomi compatibili con Android 15

Tocca adesso alla casa cinese Xiaomi, che riceverà l’upgrade ad Android 15 come parte del suo nuovo sistema operativo HyperOS. Xiaomi i propone oltre 20 modelli pronti per l’aggiornamento:

  • Xiaomi 14 e 14 Ultra;
  • Xiaomi 13, 13 Lite e 13 Pro;
  • Xiaomi 13T e 13T Pro;
  • Xiaomi 12 e 12 Pro;
  • Xiaomi 12T e 12T Pro;
  • Tutta la linea Redmi Note 13, composta da 13 liscio, 13 5G, 13 Pro, 13 Pro 5G e 13 Pro+ 5G;
  • Redmi 13C;
  • Redmi Note 12;
  • Redmi 12 e 12 5G;
  • POCO M6 Pro 5G.

Agli smartphone si aggiunge inoltre il tablet Xiaomi Pad 6. Per quanto riguarda il marchio cinese, vista l’enorme quantità di rilasci avvenuti negli anni scorsi, potrebbero essere aggiunti ulteriori smartphone “passati” alla lista, durante i prossimi mesi. Ma anche in questo caso non è in alcun modo possibile conoscere la lista in anticipo.

Android 15, ecco la data di uscita

Naturalmente tantissimi utenti si chiedono anche quando sarà possibile provare tutto questo. Ebbene, la data di uscita non è ancora precisamente fissata, ma è definita tra la fine del 2024 per i dispositivi Google e l’inizio del 2025 per gli altri.

Per chi fosse interessato ad installare già adesso una versione beta, oppure a conoscere i dettagli tecnici da sviluppatore, c’è la pagina Developer di Android 15.

Festa della mamma, ecco quando e perché si festeggia

La festa della mamma è una delle ricorrenze più aspettate e amate ad ogni età, sia per la protagonista della giornata che per coloro che preparano i regali.

Fin dalle scuole elementari, i bambini preparano lavoretti e imparano poesie da recitare a casa per le loro mamme, preparano biscotti o raccolgono mazzi di fiori.
Per l’età adulta, quasi tutti i brand prevedono sconti o prodotti specifici per questa festa, da bracciali a vestiti personalizzati, pronti per essere regalati in questa occasione.

In effetti, almeno in Italia, la festa della mamma sembra essere legata proprio a una strategia di marketing, che si è del resto rivelata estremamente efficace. Scopriamo allora perché quando si festeggia la festa della mamma, la data cambia ogni volta e se è così anche negli altri paesi.

Le origini della festa della mamma

Alla festa della mamma vengono paragonate diverse celebrazioni antiche che in realtà non hanno alcuna correlazione con la celebrazione moderna.
Prendiamo come esempio la Giornata nazionale della Madre e del Fanciullo celebrata il 24 dicembre 1933 durante il governo fascista e che premiava le donne con più bambini in Italia; qualcosa che oggi non verrebbe sicuramente vista di buon occhio.

Inoltre, ci saremo accorti tutti che la data della festa cambia ogni anno ma solo fino al 2000 la ricorrenza si festeggiava l’8 maggio… che cosa è cambiato?

La scelta della data fissa è dovuta a Raoul Zaccari e Giovanni Pallanca, presidente dell’Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, che per favorire la vendita dei fiori decisero di istituire a Bordighera la Festa della Mamma.
L’iniziativa è stata poi ripresa anche da don Otello Migliosi, per promuovere la celebrazione della maternità in ambito cattolico.

festa della mamma regalo

Così, dopo qualche incertezza, la festa della mamma è stata riconosciuta anche dal governo, che l’ha inserita fra le feste ufficiali della Repubblica Italiana rendendola anche una buona strategia di marketing per quei marchi di prodotti che voglio attirare clienti alla ricerca di idee regalo originali.

Quando si festeggia la festa della mamma

Dal 2000 le cose sono cambiate e la data è soggetta ad un’oscillazione annuale che fa in modo che si celebri sempre di domenica. Infatti, a differenza dell’anno precedente, per il 2024 è previsto che la festa cada il 12 maggio.

La festa della mamma all’estero

Proprio come la nuova tradizione riguardo alla festività, anche il mother’s day americano si celebra la seconda domenica di maggio. Ma non è così anche per il resto mondo.

Nel Regno Unito (fatta eccezione per l’Irlanda del Nord) si celebra infatti la quarta domenica di quaresima, mentre in Belgio cade l’ultima domenica di maggio. In Spagna e Portogallo, invece, si festeggia la prima domenica di maggio.

In Albania, Russia, Bulgaria, Macedonia, Romania e Moldavia si è invece scelto di far coincidere la festa con l’8 marzo, dunque con la Festa della donna.

Mentre nel Medio Oriente, molti paesi arabi celebrano la festa della mamma con l’inizio della primavera, il 21 marzo. In questo caso le origini si fanno risalire al giornalista egiziano Mustafa Amin che introduce la ricorrenza nel 1956.

Le borse continuano a salire, il caso Apple

Si parla apertamente di guerra mondiale, della possibilità che addirittura vengano usate armi atomiche, di eserciti sul campi di battaglia e cosa fanno le Borse?

Festeggiano con rialzi da favola avvicinandosi ai massimi assoluti, ai record storici.

Prendo come esempio il contratto future sul Nasdaq 100, ossia i cento titoli più capitalizzati dell’indice tecnologico americano.

Dopo aver ritoccato il proprio massimo assoluto il 21 marzo superando quota 18.300 punti.

Il 12 di aprile inizia una fase di debolezza che sembrava presagire ad un possibile importante storno.

Infatti in sei sedute, dal 12 al 19 aprile il future sul Nasdaq 100 perdeva la bellezza di oltre 1.300 punti scendendo addirittura sotto i 17.000 punti.

Si è trattato quindi di un calo di oltre 7 punti percentuali in sei sedute, capite che lo storno lo si è sentito, eccome.

Ma d’altronde la situazione geopolitica si può definire perlomeno drammatica, non si esclude addirittura un conflitto nucleare che potrebbe decretare addirittura la fine dell’umanità sul nostro pianeta, cosa potrebbe esserci di peggio?

E non solo, certo il 2022 è risultato un anno negativo per il Nasdaq 100, ma è stato anche l’unico anno, dalla crisi del 2008, che si è concluso con un ribasso.

In altre parole, dal 2008 fino al 2023 ossia negli ultimi 15 anni, per 14 anni il Nasdaq 100 ha avuto una performance positiva, ossia ha avuto un guadagno e solo il 2022 ha fatto eccezione.

E avete un’idea di quanto abbia guadagnato percentualmente il Nasdaq 100 in questi ultimi 15 anni?

Ve lo dico io: il 1.410%!!! Avete un’idea di quanto sia il 1.410%!!!

Tanto per capirci, tutto questo non era mai accaduto nella storia.

Quindi un eventuale ritracciamento, come suol dirsi in gergo finanziario, ossia un calo fisiologico delle Borse, poteva essere anche salutare, ed invece …

Come detto appena tornato a 17.000 punti, lo scorso 19 aprile, sono tornati, forti, gli acquisti.

Di fatto non abbiamo ancora ritoccato i massimi assoluti, ma dei 1.300 punti persi ne sono già stati recuperati 1.100 ed ora stiamo a vedere cosa accadrà di nuovo, se appunto continueranno gli acquisti ed andremo a stabilire nuovi record storici.

L’emblema del Nasdaq 100, il titolo che ha maggiormente contribuito a questo boom dell’indice tecnologico della Borsa americana in questi quindici anni dalla crisi del 2008 ad oggi, è senza dubbio Apple.

Apple è anche il titolo con la maggiore capitalizzazione di Borsa al mondo, oggi è di tre trilioni di dollari, ossia tremila miliardi di dollari.

Ebbene proprio cinque giorni fa Apple ha annunciato la propria trimestrale, ossia i dati di bilancio del primo trimestre dell’anno.

Era un annuncio molto atteso perché si sapeva che le vendite di Iphone in Cina erano diminuite e si voleva capire quanto questo avrebbe pesato sul bilancio della Società.

Forse è bene che io ricordi brevemente come è composto il bilancio di Apple, o meglio come è composto il fatturato.

Nel primo trimestre Apple ha fatturato 90,7 miliardi di dollari, di questi 66,9 miliardi, ossia il 74% per la vendita di prodotti e 23,8 miliardi ossia il 26% del fatturato è dovuto alla vendita di servizi.

Molti hanno sottolineato l’aumento di 3 miliardi di dollari che hanno avuto le vendite di servizi rispetto allo scorso anno.

Ma ora andiamo a vedere come sono distribuite le vendite dei prodotti, innanzitutto ricordiamo quali sono questi prodotti: l’Iphone, il Mac, l’Ipad e raccogliamo in un’unica voce tutti gli altri prodotti ed accessori.

Allora dei 66,9 miliardi fatturati per la vendita di prodotti 45,9 miliardi, ossia quasi il 69%, deriva dalla vendita di Iphone, 7,4 miliardi, ossia l’11% dalla vendita di Mac, 5,5 miliardi ossia l’8,3% dalla vendita di Ipad e 7,9 miliardi ossia l’11,8% dalla vendita di tutti gli altri prodotti ed accessori.

Capite quindi che certo seppur la vendita di servizi sono aumentate di 3 miliardi di dollari rispetto allo scorso anno, a tutt’oggi, però, è sempre l’Iphone il prodotto determinante per il fatturato di Apple.

Ed allora andiamo a vedere la variazione rispetto allo scorso anno del fatturato derivante dalla vendita di prodotti.

Il calo del fatturato dovuto alle minori vendite di Iphone è stato sensibile: per la precisione 5,37 miliardi di dollari in meno insomma un calo del 10,5%.

Un calo delle vendite mai registrato in precedenza. Un calo, come noto, dovuto principalmente al crollo delle vendite in Cina.

Hanno avuto un calo percentualmente analogo, ossia intorno al 10%, anche tutti i prodotti minori e gli accessori, ed un ribasso percentualmente ancora maggiore (-17%) per quanto riguarda le vendite dell’Ipad, per il quale è previsto l’annuncio a breve di un nuovo modello.

Un lieve incremento (+4%) per quanto riguarda invece le vendite di Mac.

Quindi riassumendo, il fatturato totale, ossia tenuto conto della crescita dei servizi e della riduzione delle vendite dei prodotti, il fatturato rispetto allo scorso anno è diminuito di circa 4 miliardi di dollari.

Penserete, mamma mia, chissà come sarà crollato il titolo in Borsa.

Vabbé ormai lo sapete, non c’è stato alcun crollo, anzi ha avuto un boom perché contemporaneamente l’Amm. Delegato Tim Cook ha annunciato un Buyback, ossia un riacquisto da parte della società di azioni proprie per la bellezza di 110 miliardi di dollari, neanche a dirlo il più imponente buyback della storia.

Superati tutti i record precedenti di Buyback, record precedenti che comunque appartenevano tutti sempre ad Apple.

Quanto siano 110 miliardi di dollari è presto detto corrispondono alla capitalizzazione complessiva di Eni ed Enel messe insieme, ossia con un trentesimo della capitalizzazione di Apple si potrebbero comprare tutta Eni e tutta Enel.

Ebbene chi sono i maggiori azionisti di Apple?

Beh, a parte le solite ossia Vanguard e Blackrock che sono comunque fondi di investimento, è la Berkshire Hathaway di Warren Buffett che deteneva oltre 900 milioni di azioni, pari a circa 165 miliardi di dollari.

Ho detto deteneva perché Buffett, nella sua annuale convention, ha annunciato la vendita di 110 milioni di azioni Apple, nonostante soltanto meno di tre mesi fa lo stesso Buffett avesse definito Apple il miglior business del mondo.

Ma torniamo a noi, anche per il rimbalzo che ha avuto il titolo Apple dopo l’annuncio del mostruoso Buy back, il Nasdaq 100 come ho detto è tornato ben sopra quota 18.000 punti quindi sembra voler tornare a superare il proprio record storico.

Rieccoci allora alle Borse statunitensi, a Wall Street e Time Square, nonostante dall’economia non arrivino buone notizie, nonostante la riduzione dei tassi venga continuamente rinviata, e soprattutto nonostante la situazione geopolitica sia perlomeno drammatica, i mercati finanziari veleggiano a livelli stratosferici, come mai in passato.

Continua così questo mistero, perché la stessa cosa non accade solo negli Stati Uniti, ma per esempio anche la Borsa tedesca continua a salire senza un motivo particolare.

Rimane quindi un mistero l’andamento delle Borse, oddio, forse potrebbe non essere un mistero perché non sappiamo infatti a che livello sia arrivato il debito pubblico negli Stati Uniti.

A quanto ammonta il debito pubblico statunitense? A 34 trilioni? A 35 trilioni? A 36 trilioni? Nessuno lo sa.

La sola cosa che si sa è che continua a salire, e naturalmente continuano a salire gli interessi che il Tesoro americano deve pagare sui titoli del debito pubblico.

Se il tasso medio pagato sull’intero debito pubblico fosse del 3% saremmo già a più di un trilione di dollari di soli interessi ogni anno. Ma sono stato molto prudente.

Nella realtà gli interessi che il Tesoro degli Stati Uniti dovrà pagare sui titoli del debito pubblico ammontano a molto più di un trilione ossia molto più di mille miliardi di dollari all’anno.

Forse per evitare il fallimento a Washington preferiscono scatenare una guerra atomica. Ma per loro sarebbe comunque la fine.

Il sistema finanziario (spiegato in maniera semplice)

Alcuni commenti che avete postato al video da me pubblicato ieri e riguardante il sistema finanziario, mi hanno fatto ritenere che fosse necessario spiegare, anche se in maniera succinta e semplice, perché le diverse economie per essere efficienti abbiano tutte la necessità di disporre di un sistema finanziario.

Dobbiamo partire da un dato che potrebbe sembrare banale ed ovvio, ma è bene ricordarlo: nel mondo, ad avere un valore, sono solo i beni prodotti dal lavoro (ovviamente il termine beni deve essere interpretato in senso lato).

L’economia si fonda sullo scambio dei beni prodotti.

Ebbene, per agevolare questi scambi si è introdotto un concetto che è la moneta.

La cosiddetta monetizzazione dell’economia è di per sé un concetto semplice.

Di fatto, per agevolare gli scambi dei beni, occorre renderli commensurabili, ossia è necessario che si possa stabilire un rapporto, una misura comune a tutti i beni prodotti.

E ciò è possibile mediante l’attribuzione di una “forma numerica” che viene associata a tutti i beni prodotti, ciò non altera il valore dei diversi beni prodotti, questa “forma numerica” la possiamo semplicemente ritenere un’unità di misura, di conseguenza, priva di valore intrinseco.

A questa forma numerica è stato dato il nome di moneta.

Bene, quindi il problema dove sta?

Naturalmente questa operazione, ossia la monetizzazione dell’economia, deve essere eseguita in maniera corretta altrimenti si possono creare quelle che, in altri video, ho definito le patologie della moneta.

I problemi, o meglio, le patologie che possono ledere la moneta sostanzialmente sono due, l’inflazione e la deflazione, le quali sono derivanti dal fatto che questa monetizzazione non è stata effettuata in maniera corretta o sarebbe meglio dire “ordinata”.

Quindi non è il “metodo”, eventualmente, a non funzionare, ma il fatto che venga gestito male, a volte per semplice ignoranza a volte con dolo.

Il fatto che tutti, ma proprio tutti i sistemi economici si fondino sulla moneta, ossia tutte le diverse economie al mondo sono economie monetarie, significa appunto che un sistema finanziario è indispensabile e le sue eventuali patologie deriverebbero esclusivamente da una applicazione non corretta dello stesso.

Ed allora chiediamoci: di chi la colpa per questa disfunzione?

E’ chiaro che la monetizzazione dell’economia è un compito che spetta al sistema bancario, il solo deputato ad emettere la moneta, quindi verrebbe spontaneo rispondere che, se non viene gestito in maniera corretta, la colpa sia del sistema bancario.

Ma spesso, per non dire sempre, il sistema bancario agisce in maniera non corretta perché pressato dal potere politico.

Vero? Non vero? In effetti fra le Banche Centrali ed il potere politico spesso ci possono essere interessi contrastanti, ed è chiaro che in questi casi il potere politico cercherà di far valere i propri interessi.

Ed allora è fuor di dubbio che, soprattutto per questo motivo, le Banche Centrali non dovrebbero sottostare al potere politico ma essere indipendenti.

Se così fosse le Banche Centrali non potrebbero poi scaricare su altri le colpe di un sistema finanziario qualora risultasse “disordinato” e quindi iniquo.

Un’ultima cosa, io continuo a sottolineare l’importanza che rivestono le Banche Centrali, che possono essere definite le Banche delle Banche ordinarie.

Ebbene il sistema che ho descritto, appunto, se gestito bene, è efficiente, proprio perché le Banche Centrali funzionano da ente regolatore, in altre parole, tutte le Banche ordinarie devono sottostare alla Banca Centrale ed agire in maniera sostanzialmente omogenea.

C’è un limite, però, abbiamo visto che, se ben gestito, il sistema funziona, regolato dalla Banca Centrale, quindi ci siamo riferiti, di fatto, soltanto ad una economia chiusa.

Un grandissimo problema è che le economie non sono chiuse, esistono le importazione e le esportazioni, ossia scambi di merci fra soggetti che operano in Paesi che utilizzano monete differenti, ciò implica che debbano essere effettuati pagamenti fra le rispettive Banche Centrali.

Per funzionare bene quindi occorrerebbe un ente regolato sovranazionale.

Ossia una Banca Centrale superiore, insomma una Banca Centrale sovranazionale che funzionerebbe come Banca Centrale delle Banche Centrali nazionali.

Per questo è stata istituita proprio una Banca di questo tipo.

La BRI, ossia Banca dei Regolamenti Internazionali, che dovrebbe appunto fungere da Banca Centrale delle Banche Centrali, ma è chiaro che a sua volta questa Banca Centrale sovranazionale ha come “azioniste” le venti maggiori Banche Centrali del mondo, ognuna delle quali cerca di portare acqua al proprio mulino.

Ne deriva che la Banca dei Regolamenti Internazionali, a sua volta, non possa ritenersi completamente indipendente dal potere politico dei maggiori Paesi e dalle lobby internazionali, e questo problema deve ancora trovare una soluzione.

Insomma, i problemi non mancano mai.

Il mondo sull’orlo del fallimento

Prima di iniziare il video odierno, vorrei specificare una cosa, nei vostri commenti a volte fate riferimento ad altre persone che postano video su You Tube o Facebook, ebbene sappiate che io sono una persona seria e, come tutte le persone serie parlo solo di argomenti che conosco non mi permetterei mai di trattare argomenti che non conosco esponendomi così al ridicolo.

Spero che questo sia chiaro a tutti.

Torno sul video di ieri, che prendeva spunto da un commento di una gentile ascoltatrice la quale citava un libro nel quale si ipotizza la sparizione di tutti i titoli esistenti al mondo, una sparizione dovuto al fallimento delle società depositarie di tutti i titoli del mondo che sarebbero diventate proprietarie, appunto, di tutti i titoli del mondo, o perlomeno tutti i titoli dematerializzati.

Cioè, se queste società depositarie di tutti i titoli del mondo dovessero fallire i loro fantomatici “creditori privilegiati” potrebbero rivalersi sui titoli depositati.

Lo so che tutto ciò fa ridere, ma cerchiamo di rimanere seri.

Allora facciamo un semplice ragionamento, se le società depositarie, come si sostiene in questo libro, sono proprietarie di tutti i titoli dematerializzati del mondo, queste società sono le società più ricche del mondo, ma che dico più ricche.

Sarebbero infatti proprietarie di tutte le azioni del mondo, tutte le obbligazioni del mondo tutti i titoli di Stato del mondo ed come se questo non bastasse anche di tutti i contanti del mondo.

Scusate ma si può solo ridere, dai.

Andiamo avanti a farci due risate.

Innanzitutto mi chiederei come fanno queste società a fallire? Per fallire una società deve contrarre una quantità di debito superiore ai propri attivi.

Ed allora società depositarie che hanno nei loro attivi, perché ne sono proprietarie, tutti i titoli del mondo, di tutte le azioni, tutte le obbligazioni, tutti i titoli di Stato, tutto il contante, come fanno a fallire? Come possono aver contratto debiti per un importo ancora superiore.

Cioè avete idea di che idiozie stiamo parlando. Un’idiozia più grande non si può nemmeno immaginare.

Ma poi perché i depositanti, ossia i piccoli risparmiatori che magari hanno investito solo poche migliaia di euro in obbligazioni dovrebbero temere di perdere i loro soldi solo qualora queste società presso le quali sono depositati i titoli dovessero fallire.

Se i loro titoli dematerializzati depositati, sono diventati di proprietà di queste società, di fatto li hanno già persi.

Alla scadenza dei titoli, quando gli investitori dovrebbero tornare in possesso dei soldi da loro investiti queste società depositarie potrebbero rispondere a loro e che volete? Adesso siamo noi i proprietari di questi titoli.

In più un’altra cosa, cari ascoltatori, mi dite spesso che non avete alcun investimento, né azioni, né obbligazioni né titoli di Stato, niente! Ed anche sul conto corrente a fine mese rimangono solo spiccioli, e allora? Di che vi preoccupate?

Pensate alle povere Blackrock, Vanguard, State Street ecc. ecc. che in un istante si vedono volatilizzare decine di trilioni di dollari, ossia decine di migliaia di miliardi di dollari, dovrebbero essere loro a preoccuparsi. O no?

Appunto, ma … perché Blackrock, Vanguard, State Street ecc. ecc. non si preoccupano che le loro decine di migliaia di miliardi di investimenti in azioni, obbligazioni, titoli di Stato ecc. ecc. sono diventati di proprietà delle varie Euroclear o Clearstream.

Cioè, veramente, capitemi, io non riesco a scendere ad un livello così basso, i cosiddetti ragionamenti da bar sono ad un livello enormemente superiore.

Allora, conoscete qualcuno al mondo che non si è visto riconoscere i propri titoli perché la società depositaria gli ha risposto “che vuoi tu? Siamo noi i proprietari di quei titoli”.

E naturalmente la stessa cosa per quanto riguarda i depositi sui conti correnti.

Quando depositiamo i nostri risparmi sul conto corrente, quei soldi diventano di proprietà della Banca vero?

Bene, vi è mai successo, o avete mai sentito qualcuno che vi ha detto che la Banca si sia rifiutata di fare un pagamento per conto del cliente pur avendo la disponibilità dei fondi sul conto?

Faccio un esempio, ho sul conto corrente 5.000 euro e voglio fare un bonifico per pagare la fattura di un meccanico per 500 euro e la Banca mi risponde, no non ti faccio il bonifico perché sono io ora la proprietaria dei 5.000 euro tu sei solo il depositante.

Oppure avete sempre 5.000 disponibili sul vostro conto corrente andate in uno sportello cassa della Banca chiedete di prelevare 200 euro ed il dipendente vi dice che non ve li dà perché adesso è la Banca ad essere proprietaria di quei 5.000 euro voi siete solo il depositante.

Capite cari ascoltatori che, al di là delle parole, dei termini, poi occorre capirne il significato.

Certo l’autorità giudiziaria può imporre alla Banca di bloccare dei conti correnti per motivi di carattere legale, ma questo è tutto un altro discorso.

Occorrerebbe poi fare un’altra osservazione, nessuna Banca in Italia, ma non solo in Italia è mai fallita, nel senso che sia stata interessata da una proceduta fallimentare come noi tutti le conosciamo.

Certo saranno stato azzerato il valore delle azioni, magari anche quello di alcune obbligazioni, ma la risoluzione è avvenuta attraverso un’incorporazione in un altro Istituto bancario che acquisisce la Banca “in fallimento” ad un prezzo simbolico.

Il motivo è che il sistema bancario ha una funzione che non si può interrompere, altrimenti sarebbe il caos, le Banche sono deputate al funzionamento del sistema dei pagamenti, essenziale per il funzionamento di tutto il sistema finanziario.

Certo in ultima istanza è la Banca Centrale deputata al sistema dei pagamenti, ma è la Banca Centrale in quanto la si deve considerare la Banche delle Banche ordinarie nazionali.

Certo nei casi più problematici, in attesa della risoluzione di una crisi bancaria la Banca Centrale può imporre uno blocco all’operatività di una Banca sull’orlo del crac, ma esiste comunque un fondo interbancario di garanzia dei depositi ed lo Stato garantisce i correntisti fino ad un importo di 100.000 euro.

Ebbene per concludere, guardate che sono io che da tempo lancio allarmi sul fatto che la situazione finanziaria del mondo intero non è mai stata così critica, o almeno dal dopoguerra ad oggi, quindi sappiate che io sono preoccupato quanto voi se non più di voi.

Ma sono preoccupato per l’ammontare gigantesco dei debiti sia pubblici che privati.

E’ chiaro che se andremo incontro ad una crisi epocale il valore delle azioni, delle obbligazioni, dei titoli di Stato crollerebbe, ma non perché fallirebbero le società che custodiscono tali titoli che, come detto, sono per la quasi totalità titoli dematerializzati.

Guardate cari ascoltatori, sappiate che occorre essere competenti anche quando si fanno delle critiche, altrimenti si corre il rischio di far la figura da cioccolatai pur avendo ragione.

E per finire sapete cosa vi dico? Forse l’autore del libro è solo una persona che da anni ha fatto investimenti short, ossia al ribasso, in questo momento si trova in continua perdita perché il mercato borsistico sta vivendo il più lungo trend rialzista della storia, ed allora ha scritto quel libro per seminare panico e sperare quindi che crolli il mercato, cosicché lui possa rifarsi delle perdite subite.

Se fosse così, sapete che vi dico? Lo capisco perfettamente!

Ecco come funziona il mercato finanziario

Il video odierno scaturisce da un commento che una gentilissima mia ascoltatrice ha voluto postare a margine del video da me pubblicato ieri. Ecco il post:

Gentile dottor Marcotti, ho letto recentemente il libro: “La grande stangata” scritto da David Rogers Webb . Tale testo mi ha impensierita nell’affrontare nuovi investimenti finanziari, stante la presenza di “creditori privilegiati” qualora fallisse il depositario dei prodotti finanziari e lo status di meri detentori e non proprietari da parte dei sottoscrittori. Mi farebbe piacere avere un suo autorevole commento in un prossimo video, che seguo sempre con attenzione e interesse. Marisa Gindro

Ebbene devo immediatamente confessare che il libro non l’ho letto, ma non ho neppure intenzione di leggerlo semplicemente perché non trovo sensato buttare via 20 euro e 80 centesimi (questo il costo che appare su Amazon) per acquistare un libro che viene così presentato, leggo ora la presentazione che viene riportata su Amazon.

LA GRANDE STANGATA – Il libro che ti spiega perché conviene uscire SUBITO dal mercato dei titoli, a seguito degli accordi di regolamentazione tra UE e Federal Reserve: se fallisce il custode dei titoli, tutti i titoli dei clienti possono essere sequestrati. Questo è il motivo per cui Rothschild e Elon Musk hanno delistato le loro società dalla borsa.

Sanno qualcosa che tu ancora non sapevi…

Sono a rischio le azioni, le obbligazioni, i titoli di Stato, ma anche contanti. Insomma tutto ciò che risulta depositato presso una entità di custodia di titoli dematerializzati come Euroclear e Clearstream che detengono il monopolio quasi completo degli scambi di obbligazioni a livello internazionale.

Abbiamo tradotto il libro che racconta come si è arrivati a questo punto.

Insomma questa presentazione è un’insieme di baggianate, una serie di sciocchezze impressionante.

Probabilmente si gioca sul fatto che le persone, in genere, sono ignoranti in materia (peraltro effettivamente complessa) e così si ricorre al vecchio trucco per vendere un libro.

E’ un metodo vecchio come il mondo, per vendere un libro, ovviamente stiamo parlando di cose non serie, per avere grandi vendite un libro deve dirti o come fare per diventare ricco, ed a quel punto se uno sa come fare per guadagnare tanti soldi non si vede perché debba perdere il tempo a scrivere un libro.

Ed in ogni caso se una persona conoscesse davvero un metodo per guadagnare tanti soldi sarebbe stupido da parte sua andare a divulgare quel metodo.

Oppure, sempre per vendere tante copie, un libro, deve incutere paura, quindi farti credere che gli altri vogliano rubarti tutti i tuoi soldi. Nella realtà l’unico che ti ruba 20 euro e 80 centesimi è colui che ti ha venduto il libro.

Analizziamo quella ridicola presentazione del libro, leggiamo: Il libro che ti spiega perché conviene uscire SUBITO dal mercato dei titoli, a seguito degli accordi di regolamentazione tra UE e Federal Reserve: se fallisce il custode dei titoli, tutti i titoli dei clienti possono essere sequestrati.

Accordi tra Unione europea e Federal Reserve? Ma che stanno dicendo? L’Unione europea è un’Unione politica, una specie di Confederazione di Stati, la Federal Reserve è una Banca Centrale.

Quindi questi accordi di regolamentazione sono assolutamente fantasiosi, al limite ci potrebbero essere accordi di regolamentazione fra Banche Centrali, quindi fra la Federal Reserve e la BCE.

Ma per il momento evito di commentare se fallisce il custode dei titoli, tutti i titoli dei clienti possono essere sequestrati.

Perché è necessario un video intero per trattare questo argomento, un video che magari potrei anche pubblicare domani stesso.

Ed passiamo a qualcosa di assolutamente ridicolo qualcosa per cui è veramente difficile rimanere seri.

Questo è il motivo per cui Rothschild e Elon Musk hanno delistato le loro società dalla borsa.

Al solito i miliardari che sanno tutto, veramente ridicolo.

Allora Rothschild chi? Quale Rothschild? La famiglia Rothschild da tempo è suddivisa in vari rami ed oggi quelli rimasti non sono neppure fra di loro in buoni rapporti, tendono infatti a distinguersi, specificano sempre le differenze anche se hanno mantenuto il nome Rothschild.

Sta parlando della Rothschild & Co. oppure della Edmond de Rothschild?

E poi Elon Musk è proprio ridicolo, che c’entra Elon Musk proprio non si riesce a capire.

Allora la Rothschild & Co. se si riferiscono a questa società, nello scorso anno ha deciso di lasciare la Borsa di Parigi semplicemente perché è essenzialmente una Banca specializzata nell’asset management e nell’investment banking, quindi come diverse società del settore non ha la necessità di accedere a capitali dai mercati azionari pubblici.

La Edmond De Rothschild è sempre stata un’azienda al 100% familiare.

Ridicolo che Elon Musk invece avrebbe lasciato la Borsa, Tesla e X (l’ex Twitter) sono società che fanno capo a Elon Musk e sono regolarmente quotate in Borsa, se volete diventarne azionisti di queste società potete tranquillamente acquistare loro azioni sui mercati.

E ancora: Sono a rischio le azioni, le obbligazioni, i titoli di Stato, ma anche contanti. Insomma tutto ciò che risulta depositato presso una entità di custodia di titoli dematerializzati come Euroclear e Clearstream che detengono il monopolio quasi completo degli scambi di obbligazioni a livello internazionale.

Azioni, obbligazioni, titoli di Stato sono in genere titoli dematerializzati, ma il contante? Certo anche il contante è un titolo, un titolo al portatore per la precisione, ma è materiale, le banconote esistono, sono di carta, non sono dematerializzate.

Poi vengono citati Euroclear e Clearstream ebbene queste sono importanti società che gestiscono il clearing ed il settlement ossia le procedure di liquidazione e regolamento dei pagamenti.

La prima, ossia Euroclear esso riunisce il depositario centrale internazionale e quello francese, olandese e inglese ed controllato dalla holding inglese Euroclear plc.

Mentre Clearstream oltre al depositario centrale internazionale gestisce quello tedesco ed è controllato da dal gruppo Deutsche Börse.

Ebbene qui si gioca sempre sulle parole per creare il panico. Ma occorre essere chiari.

Ciò che è vero è che se il mercato dei pagamenti dovesse andare in tilt si fermerebbe tutto il mercato finanziario, ma questo, perdonatemi è ovvio.

Ed il mercato finanziario naturalmente per svolgere la propria funzione ha la necessità che le procedure di liquidazione e dei pagamenti debbono essere regolamentate.

Capiamoci se io sono un imprenditore e vuol acquistare il mio prodotto una società dello Zimbawe che pagherebbe il mio prodotto con la propria moneta, vi sembrerebbe normale che io possa dire, no!

Per me la tua moneta è carta straccia e non la voglio. Magari allora l’azienda dello Zimbawe si rende disponibile a pagarmi in dollari americani, ma io rispondo allo stesso modo perché anche i dollari americani li reputo carta straccia.

E così se non mi va bene nessuna moneta al mondo, è chiaro che posso essere pagato solo in natura, quindi torniamo al baratto, non proprio il metodo di pagamento più efficiente.

All’interno dello stesso Stato, invece si è obbligati ad accettare in pagamento la moneta a corso legale, e la moneta a corso legale è “garantita” dalla Banca Centrale.

Ripeto se non fosse così dovremmo tornare al baratto.

Al momento mi fermo qui, farò quindi un ulteriore video su quel che accade qualora una banca fallisse, quindi cercherò di fare chiarezza su un altro aspetto, ossia quello della proprietà di quanto è depositato sui conti correnti delle Banche.

Fatemi quindi in conclusione ringraziare l’ascoltatrice Marisa Gindro per avermi dato la possibilità di fare un po’ di chiarezza su un argomento effettivamente un po’ ostico per molti.

FinecoBank: ecco i nuovi target price dopo la trimestrale

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Tra le blue chip che oggi performano meglio del Ftse Mib e salgono in controtendenza troviamo anche FinecoBank.

FinecoBank risale dopo il calo di ieri

Il titolo, dopo aver ceduto quasi un punto percentuale ieri, cedendo il passo ad alcune prese di profitto dopo due rialzi di fila, oggi ha ripreso la via dei guadagni.

Mentre scriviamo, FinecoBank viene fotografato a 14,69 euro, con un vantaggio dell’1,45% e volumi di scambio vivaci, visto che fino a ora sono transitate sul mercato oltre 3 milioni di azioni, già al di sopra della media degli ultimi 30 giorni pari a circa 2,5 milioni.

FinecoBank: i risultati del primo trimestre

FinecoBank guadagna terreno all’indomani della diffusione dei conti del primo trimestre, chiuso con un utile netto invariato a 147 milioni di euro, a fronte di ricavi totali in rialzo dell’11% a 327 milioni di euro.

L’utile operativo è salito del 12% a 248 milioni di euro, mentre il Core Tier 1 ratio si è attestato al 25,29% rispetto al 24,34% di fine 2023.

FinecoBank: la guidance per il 2024

La guidance per l’anno in corso è stata leggermente migliorata a livello di ricavi, mentre le altre previsioni sono state confermate.

Nel dettaglio, i ricavi quest’anno sono attesi in leggera crescita rispetto al 2023, mentre i costi dovrebbero salire del 6% e il dividendo è atteso in aumento.

FinecoBank: il commento di Equita SIM

Gli analisti di Equita SIM evidenziano che FinecoBank ha chiuso il primo trimestre di quest’anno con un utile netto del 7% sopra le loro attese grazie a maggiori ricavi, guidati dal margine d’interesse, commissioni e minori altri oneri sotto la linea operativa.

L’utile netto, al netto dei contributi sistemici, è stato in crescita del 12,4% anno su anno.

La raccolta netta ad aprile è stata positiva, nonostante il gestito continui ad essere impattato dai deflussi su assicurativo.

La raccolta totale mostra un saldo di 844 milioni di euro, di cui 195 milioni nel gestito e 610 milioni nell’amministrato.

FinecoBank: Equita SIM ritocca stime e target price

Gli analisti di Equita SIM hanno effettuato un leggero aggiustamento delle stime, alzando in media dell’1% quelle di eps adjusted riferite al periodo 2024-2026.

Di conseguenza il prezzo obiettivo è stato ritoccato verso l’alto del 3% a 16,9 euro, con una view positiva confermata e quindi con un rating “buy” invariato.

Gli analisti si aspettano un miglioramento dei flussi di raccolta gestita, favorito anche dal lancio di nuove soluzioni di investimento, che potrebbero agire da catalizzatori per un re-rating del titolo.

FinecoBank: anche Intesa Sanpaolo alza prezzo obiettivo

A rivedere la valutazione di FinecoBank è stata anche Intesa Sanpaolo che ha rinnovato l’invito ad acquistare, con un target price incrementato da 14,3 a 16,1 euro.

Per gli analisti i conti del primo trimestre sono stati buoni e l’idea è che il gruppo sia ben posizionato per cogliere la ripresa dei flussi di risparmio gestito che dovrebbe accelerare nel secondo semestre.

FinecoBank: nuovo fair value anche da Bca Akros

Anche Banca Akros ha rivisto al valutazione del titolo, alzandola da 15 a 15,8 euro, a fronte però di un rating ridotto da ”buy” ad “accumulate” per via del limitato potenziale di upside.

La trimestrale è stata migliore delle attese e alla luce di ciò gli analisti hanno alzato le stime di eps in media del 6% con riferimento al triennio 2024-2026.

FinecoBank: la view di Mediobanca

Infine, a scommettere su FinecoBank è anche Mediobanca Research, con un rating “outperform” confermato dopo i conti migliori delle stime diffusi ieri dal gruppo.

Nuovi BTP Valore. E se fossero un flop?

E sono quattro, quello che inizierà lunedì prossimo 6 maggio sarà la quarta emissione di BTP Valore. Ricordo brevemente di cosa si tratta, perché ritengo che ormai tutti voi conosciate questo particolare titolo del debito pubblico.

Come naturalmente dice il nome, il BTP Valore è un BTP, ossi un Buono del Tesoro Poliennale, quindi un titolo del debito pubblico, e come tutti i titoli del debito pubblico ha mantenuto la tassazione delle rendite al 12,5%, mentre per tutti gli altri prodotti finanziari la ritenuta fiscale sui proventi è del 26%.

Prima dell’introduzione di questi particolari titoli dicevamo che le caratteristiche dei BTP fossero sostanzialmente due, ossia essere titoli a tasso fisso e con durata poliennale, ossia di più anni.

Ecco il BTP valore ha mantenuto solo la seconda caratteristica, ossia ha una durata poliennale, il tasso invece può variare durante la vita del titolo.

Ma la caratteristica che maggiormente contraddistingue il BTP Valore è quella di essere un titolo esclusivamente riservato alla clientela retail, insomma non può essere sottoscritto da investitori istituzionali come ad esempio Banche, Fondi di investimento, Assicurazioni, Fondi Pensione ecc. ecc.

Fra le caratteristiche poi del BTP Valore una particolarmente interessante è quella di attribuire un bonus a coloro che sottoscrivono il titolo in emissione e lo mantengono fino alla scadenza naturale.

Questo “bonus” è un premio quindi che ha come giustificazione quella di ridurre la volatilità dell’asset di investimento, insomma si viene incentivati a non vendere il titolo prima della sua scadenza naturale.

L’emissione, che partirà lunedì prossimo, come detto, è la quarta, ed ha caratteristiche del tutto simili alla terza emissione, si potrebbe quasi definire un clone, le piccole differenze sembrano essere state inserite proprio per non dire che i due titoli fossero totalmente identici.

Identica la durata complessiva di sei anni divisa in due distinte di tre anni. Nel primo triennio il tasso minimo garantito è stato fissato al 3,35%, che diventerà del 3,9% nel secondo triennio.

Anche la frequenza dell’erogazione degli interessi è rimasta invariata, gli interessi verranno quindi corrisposti con cadenza trimestrale.

Ribadisco che il rendimento minimo garantito significa ovviamente che questo rendimento può solo essere aumentato, anche se nelle scorse emissioni si è sempre verificato che il rendimento minimo garantito è poi risultato anche il rendimento effettivo.

Confermata anche l’entità del bonus finale allo 0,8%.

Ebbene questi rendimenti, ripeto del tutto simili alla precedente emissione, di fatto possono essere ritenuti dei rendimenti “in crescita” poiché dall’ultima emissione sono state confermate, ed anzi hanno preso sempre più corpo, le aspettative di un ribasso dei tassi da parte della Bce.

Riduzione dei tassi che dovrebbe iniziare a Giugno, ma che poi dovrebbe proseguire anche nei mesi successivi.

Quindi aver mantenuto sostanzialmente i rendimenti precedenti con i tassi che tutte le previsioni vedono in calo, diciamo che è un incentivo alla sottoscrizione di questa, ripeto, quarta emissione.

Ma eccoci diciamo alla caratteristica principale di questa emissione.

Ebbene, è una emissione “straordinaria”, insomma non era prevista, come dobbiamo quindi interpretarla?

Mi sembra banale la risposta: il Governo ha necessità, ora più che mai, di fare cassa, ha bisogno di soldi, e come si sa, ogni Governo ha solo tre modi per aumentare le proprie risorse.

Le prime due, ossia aumentare le entrate, o diminuire le spese, sono evidentemente impopolari, ed allora si ricorre sempre di più alla terza via, ossia “farsi prestare i soldi”, in questo caso dalle famiglie italiane, quindi emettere titoli del debito pubblico che così continuerà ad aumentare.

Se poi, come in questo caso, si ricorre ad una emissione “straordinaria”, beh, il messaggio non può che essere negativo.

Il piatto piange, occorre far cassa perché presto l’Europa, ci chiederà sempre maggiori sacrifici, leggasi nuovo patto di stabilità, è il nostro Governo quindi cerca di farsi un gruzzoletto per far vedere all’Europa che qualcosa in cassa c’è ancora.

Ovviamente il Ministro del Tesoro, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha decantato ancora tutti i pregi che caratterizzano questa tipologia di investimento per le famiglie italiane.

Ricordiamo che soprattutto appunto per il buon successo riscontrato nelle precedenti emissioni la percentuale del nostro debito pubblico direttamente in mano alle famiglie italiane è decisamente aumento, ora si calcola sia del 12%.

Ma ricordiamo che gli italiani detengono anche titoli del debito pubblico diciamo … indirettamente, avendo in portafoglio fondi di investimento che investono in questo asset.

Ma ricordiamo anche che la maggior parte del nostro debito pubblico è in mano alla Banca d’Italia (25,4%) ed alle Banche ordinarie, o meglio dovremmo dire più precisamente, alle Istituzioni Finanziarie Monetarie (23,7%).

Gli investitori stranieri, anche in questo caso dovrei dire più precisamente “non residenti”, sono in calo ora al 26,9%.

Ebbene sono curioso di vedere come risponderanno i risparmiatori italiani, ossia se decreteranno un successo anche a questa emissione oppure se questo strumento comincerà a segnare il passo.

Sappiamo che i depositi dei risparmiatori italiani sui propri conti correnti continuano ad essere cospicui e i rendimenti sugli stessi quasi azzerati, questo appunto porterebbe a ritenere che ci siano ancora investitori disposti a sottoscrivere titoli del nostro debito pubblico, ma non ci resta che attendere per vedere appunto la risposta degli italiani.

Certo se questa emissione risultasse un flop per il Governo non potrebbe esserci una notizia peggiore.

Giorgetti e la Meloni incrociano le dita.

Elezioni europee, sondaggi shock

Quaranta giorni alle elezioni europee, scaduto il tempo per presentare le candidature, insomma adesso comincia la vera campagna elettorale.

Una campagna elettorale che si preannuncia rovente semplicemente perché la legge elettorale, sostanzialmente proporzionale, non agevole le alleanze (se escludiamo quelle strategiche per superare la soglia di sbarramento posta al 4%), di conseguenze sarà un “tutti contro tutti”.

Insomma queste sono le campagne elettorali che mi piacciono, oltretutto per la presenza delle preferenze.

Avevo già parlato nelle scorse settimane dei sondaggi per quanto riguarda il nostro Paese, certamente tornerò sull’argomento, oggi, però, mi soffermerò sui sondaggi di voto nei principali Paesi europei.

E vi anticipo che sono sondaggi shock.

Sì perché a mio parere queste elezioni saranno un punto di svolta, o meglio, certamente uscirà ancora una maggioranza molto simile a quella attuale, ossia a quella che ha portato alla Presidenza della Commissione europea Ursula Von Der Leyen.

Ma ciò che vorremmo tutti conoscere è quale sarà il risultato delle liste euroscettiche, non uso per il momento il termine antieuropeiste.

Ed allora andiamo a vedere i sondaggi della cosiddetta mitteleuropa, ossia Francia, Germania, Austria e Olanda.

Partiamo dalla Francia.

Per Macron ed il suo partito che ora si chiama “Ensemble” si prospetta una batosta, al momento ha dodici punti di distacco dal Rassemblement National, il partito che noi continuiamo ad identificare come il Partito della Le Pen.

Tuttavia dal novembre del 2022 il Presidente del partito è Jordan Bardella, giovanissimo ha solo 28 anni ed è chiaramente l’enfant prodige della politica francese colui che riuscirà, forse già il prossimo anno a portare Marine Le Pen all’Eliseo.

Dunque al momento i sondaggi danno il Rassemblement National di Jordan Bardella al 30%, in salita di 7 punti percentuali rispetto ad un anno fa, Ensemble di Macron al 18% in calo di tre punti percentuali sempre rispetto ad un anno fa. Poi i socialisti fermi al 12%.

Passiamo quindi alla Germania.

Naturalmente primeggia sempre la CDU con i Cristiano Sociali, stabilmente sul 30% ormai da un anno, ma attenzione, clamoroso, ripeto stiamo parlando dell’intera Germania, non di un singolo land magari dell’ex DDR, stiamo parlando dell’intera Germania, dopo la CDU troviamo AFD, Alternative Fur Deutschland, partito chiaramente antieuropeista che i sondaggi danno al 18% in continua salita.

AFD già da giugno dello scorso anno ha superato il Partito Socialdemocratico di Scholz, non dico che il Partito dell’attuale Cancelliere sia in caduta libera, ma certamente in continua discesa, così come gli alleati di Governo, i Verdi scesi al 13%.

E passiamo all’Austria.

Accreditati di un 10% ci sono i liberali di Neos, La Nuova Austria ed i Verdi.

Al 19% in discesa rispetto ad un anno fa i democristiani del Partito del Popolo Austriaco che attualmente sono al Governo assieme ai Verdi.

Al 23% i socialdemocratici rimangono su questi livelli ormai da diverso tempo.

Ma ecco quale partito ha oggi, certo secondo i sondaggi, la maggioranza relativa. Si tratta dell’FPO ossia il Partito Austriaco della Libertà.

Si tratta del Partito che fu guidato da Haider dall’86 al 2000, Haider poi nel 2006 uscì dal partito fondandone uno proprio che non ha avuto molta fortuna, al contrario dell’FPO che, mettendo ai primi posti del proprio programma politico la contrarietà all’immigrazione clandestina e soprattutto la contrarietà all’Unione europea ha aumento esponenzialmente la propria base elettorale appunto arrivando ora ad essere il primo partito in Austria con il 28% dei consensi.

Ed infine eccoci ai Paesi Bassi, dove troviamo il risultato più clamoroso, ma andiamo con ordine.

In continuo calo, viene dato ora al 10%, il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, partito Liberal Conservatore dell’ex Premier Mark Rutte.

Stabile intorno al 17% Il Partito del Lavoro, di ispirazione socialdemocratica, partito che in Europa è all’interno del Partito Socialista Europeo.

Ma ora arriviamo al clou.

In testa con un distacco siderale, il Partito della Libertà di Geert Wilders al quale i sondaggi attribuiscono un consenso plebiscitario, il 33%.

L’aspetto stupefacente è che questo partito, soltanto dodici mesi fa, ossia a maggio dello scorso anno, veniva dato al 7%.

Alle elezioni nazionali tenutesi nello scorso mese di novembre, era già risultato il partito di maggioranza relativa raggiungendo il 24% e quindi è stato incaricato di formare un nuovo Governo.

Wilders si è così rivolto ai possibili alleati “Posso diventare primo ministro solo se tutti i partiti della coalizione mi sostengono”. Visto che non è stato così, è probabile che si possa andare verso un Governo tecnico.

Wilders ha quindi twittato “Voglio un governo di destra. Meno asilo e immigrazione. Prima i cittadini olandesi. L’amore per la mia nazione e gli elettori è più grande e importante della mia posizione”.

Ebbene ora, come avete visto, nonostante Wilders non abbia potuto formare un Governo con lui alla guida il suo partito ha aumentato i consensi anche in questi ultimi mesi, oggi un olandese su tre voterebbe per lui.

Ecco, cari ascoltatori, questa è la cosiddetta mitteleuropa quella che finora aveva sostenuto l’Unione europea, ma che oggi sembra essere su posizioni estremamente critiche.

Purtroppo in Italia … insomma siamo rimasti indietro.

Chi è Vittoria Schisano: vita, carriera, transizione e fidanzato dell’attrice italiana

A 27 anni rinasce come Vittoria Schisano, l’attrice italiana transgender inizia la sua carriera a teatro e solo dopo diversi anni raggiunge la popolarità con il suo esordio televisivo.
Dai programmi tv al cinema, diventa un volto conosciuto per il pubblico italiano ma effettivamente chi è Vittoria Schisano? Ecco tutto ciò che c’è da sapere sulla carriera, vita privata e curiosità dell’attrice.

Carriera e biografia: chi è Vittoria Schisano

Nasce l’11 novembre 1983 in provincia di Napoli come Giuseppe, ma fin da quando aveva cinque anni sapeva di essere nata nel corpo sbagliato; solo diversi anni dopo completerà la sua transizione.

Si trasferisce a Roma per studiare recitazione e inizia la sua carriera recitando in diversi spettacoli teatrali, ma solo nel 2005 diventa famosa quanto appare in televisione nei panni di Damien nella miniserie Mio Figlio e in seguito in Io e mio figlio – Nuove storie per il commissario Vivaldi.

Grazie alla sua straordinaria capacità attoriale riceve vari riconoscimenti nell’ambito della fiction e televisione. Nel 2010 ottiene il premio rivelazione durante la 40° edizione della “Giornata d’Europa”.

Entra nel mondo cinematografico recitando in diversi film, tra cui Take Five, Nove lune e mezza e Nati 2 volte. Vittoria continua a lavorare in televisione facendo parte a diverse serie, come ad esempio Un Posto al Sole.

Appare anche in alcuni programmi tv e nel 2020 partecipa al talent show Ballando con le stelle, condotto da Milly Carlucci, in coppia con il maestro De Angelis.

In uno dei suoi più recenti progetti nel 2023 pubblica il romanzo Siamo stelle che brillano che ha scritto insieme ad Alessio Piccirillo.
Vittoria arriva anche su Netflix con la nuova serie La vita che volevi, in cui compare nei panni della protagonista

La transizione di genere: come nasce Vittoria Schisano

Nonostante fosse consapevole fin dall’infanzia di essere una donna transgender, il coming out arriva nel 2011 quando annuncia di aver intrapreso il percorso di transizione di genere. Diventa così il primo personaggio dello spettacolo, che già famoso, cambia sesso.

Il padre riuscì a vederla per la prima volta come donna poco prima di morire e con la madre i rapporti sono migliorati dopo diversi anni. A testimonianza di ciò, sono state invitate come ospiti a C’è posta per te dove la madre ha condiviso con la figlia una lettera in cui le chiede perdono per il suo iniziale rifiuto.

Chi è il fidanzato di Vittoria Schisano?

Il fidanzato dell’attrice, Donato, è più grande di lei di qualche anno e di professione fa l’imprenditore.

Vittoria e Donato si sono conosciuti durante la presentazione di un libro e sono diventati subito una coppia inseparabile. L’attrice ha raccontato come lui sia stato un grande sostegno durante le grandi difficoltà della sua vita, soprattutto nel suo percorso di transizione.