Tasse su criptovalute? in Italia sì, ma solo sopra i 50mila euro

Investiamo in criptovalute senza spesso sapere se dobbiamo o meno imposte al fisco, quindi facciamo dei chiarimenti una volta per tutte.

Molti si affannano a dire che le criptovalute siano una fregatura, solo un modo per far cadere nella rete investitori alle prime armi o gente che non ha nulla a che fare con la finanza.

Tuttavia credere che personaggi famosi e grandi imprenditori abbiano permesso a delle “fregature” di entrare nei loro portafogli è un pò da sciocchi.

Ricordiamo tra di essi alcuni nomi: Elon Musk con Bitcoin e poi Doge, George Soros con Bitcoin, Reese Witherspoon con Ethereum e Madonna a suo tempo con Ripple.

Molta gente sa che investire in criptovalute può essere un modo per fare soldi e, dall’avvento del Bitcoin, le valute digitali nascenti hanno dei progetti alle spalle più che interessanti, sviluppandosi all’interno di settori diversi.

In Danimarca, per esempio, un progetto esposto da Algorand sta riscuotendo molto successo per la possibilità di facilitare e rendere più pratici i pagamenti B2B. Il successo del progetto è alla base di Algo, l’altcoin della piattaforma blockchain in questione, sottolineato su Criptovaluta.it:

“Un passo in avanti non solo per Algorand ma in generale per tutto il settore della finanza decentralizzata – per un settore che continuerà a conquistare anche comparti tradizionali, con o senza l’appoggio delle autorità statali.”

Proprio per questo, chi compra criptovalute non lo fa aspettandosi di vedere la crescita del loro valore solo sulla base di quanto o meno sembrino “piacere” ai trader, ma piuttosto sull’apprezzamento e la crescita del progetto su cui poggiano.

Questo ci porta a sottolineare quanti nuovi progetti stiano nascendo alla base del sistema blockchain e con conseguente impiego di criptovalute usate come metodo di pagamento. 

Un settore finanziario ormai affermatosi anche da noi e l’Italia sembra essersene finalmente accorta.

Tra le prove più evidenti c’è una notizia molto recente del Corriere Della Sera, dove si legge che il Bel Paese è in procinto di schedare all’interno di un registro dell’Oam (organismo degli agenti e dei mediatori creditizi) tutti gli operatori nel settore delle criptovalute:

“Questa «anagrafe» delle valute virtuali, oltre a censire gli operatori, raccoglierà i dati identificativi dei clienti e i dati sintetici relativi all’operatività complessiva di ciascun prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valute virtuali e prestatore di servizi di portafoglio digitale per singolo cliente. È prevista anche una tassa di registrazione che però sarà quantificata solo in una seconda fase, in base al numero degli aderenti.”

Lo Stato italiano d’altronde non può più permettersi di indugiare sulla questione perché i numeri di coloro che operano con criptovalute sta cominciando a diventare incredibile. Dal 2008, nascita del Bitcoin, le valute digitali ne hanno fatto di strada e non si possono più ignorare.

Il regime fiscale lo sa e tiene sotto il mirino questo settore già da tempo.

Ne IlSole24Ore si evidenzia come, nell’ultimo biennio, la crescita esponenziale del fenomeno non possa che essere un occasione per le casse dello Stato italiano, dati alla mano:

“Secondo l’indice composito elaborato dalla società ChainAnalysis tra la fine del 2019 e la metà del 2021 l’utilizzo di valute digitali è aumentato di 25 volte (+2500%), con un’esplosione decisa a partire da gennaio 2021. La crescita registrata nei primi 6 mesi di quest’anno infatti già supera di 1,5 volte il ritmo fenomenale registrato nel 2020 e c’è da attendersi un ulteriore gradino all’insù per il terzo trimestre.”

Risulta impensabile per un operatore di questo mercato non conoscere la tassazione e ciò che il regime fiscale, almeno per il momento, prevede in Italia, perciò andremo a vedere proprio questo.

O almeno ci preoccuperemo di fornire le informazioni più recenti del fisco italiano riguardo le operazioni con criptovalute e il loro possesso che prevedono il pagamento di un solo tipo d’imposta.

Le figure tassabili nel mondo delle criptovalute

Le figure riguardanti questo settore sono fondamentalmente 3: miners, brokers e users.

In parole povere si tratta di coloro che “producono” criptovalute, chi permette di scambiarle attraverso le proprie piattaforme, o di detenerle nei portafogli creati ad hoc, e per finire chi le acquista da una delle due figure precedenti.

Quello su cui ci andremo a concentrare in questo articolo sono gli users, coloro che utilizzano le criptovalute a scopo speculativo, o le detengono per investimenti di medio-lungo termine, o ancora le usano solo per fare acquisti online.

A questo scopo, alcuni exchange o broker di trading online, tra cui Binance, permettono di tenere traccia delle proprie attività su criptovalute per poter facilitare l’adempimento dei doveri fiscali:

“Con Binance, ora puoi tenere traccia di tutte le tue transazioni e contabilizzarle automaticamente grazie alla nostra funzione Gestione tasse.”

Un modo per ottenere facilmente la rendicontazione fiscale.

Le modalità di tassazione per coloro che fanno mining, invece, è complessa e lo vedremo un’altra volta, anche perché in Italia le leggi in vigore sono poco chiare e spesso le cosiddette “mining pool” sono vere e proprie imprese operanti all’estero, quindi il discorso si fa più complicato.

Tasse sulle criptovalute: doveri dell’user!

Certo, in Italia non è ancora presente un vero e proprio quadro regolatore per le imposte sulle valute digitali, ma si è comunque tenuti a pagare le imposte.

Sempre? Non proprio, piuttosto in alcuni casi specifici.

Ricordiamo che la piattaforma online, dove acquistiamo le nostre amate criptovalute, spesso non ha obblighi di dichiarazione verso il nostro fisco, essendo il più delle volte straniere, perciò sta a noi sapere come e quando pagare le eventuali imposte.

Le poche informazioni che abbiamo sono essenziali per evitare sanzioni assai salate ed evitare problemi complessi.

Quello che sappiamo per certo è che le criptovalute sono esenti IVA e questo viene chiarito anche da Fiscomania, sito di esperti in materia fiscale:

“Le Criptovalute non sono soggette a tassazione IVAFE in quanto l’imposta si applica esclusivamente ai depositi e conti correnti di natura “bancaria”.”

Altro dato su cui uno user, come potrei essere io o voi, è quello relativo alle azioni possibili una volta acquisita una moneta digitale. Noi possiamo:

  • Usare una piattaforma come Binance e Coinbase, oppure un digital wallet, dove detenere le criptovalute
  • Usarla per acquistare beni o servizi.
  • Usarle a fini speculative, scambiandole per valute fiat o altre criptovalute.

Proprio su questi casi ci concentreremo adesso.

L’unico caso in cui possono tassare le nostre criptovalute!

Come detto precedentemente, ricreare un quadro della tassazione vigente in Italia sembra arduo in merito alle criptovalute, ma ci sono delle linee guida che ci possono mettere tranquillamente al riparo dagli artigli del fisco italiano.

Prima di tutto bisogna sempre informare il fisco della somma di criptovalute detenute, basandosi sul controvalore in euro, durante la dichiarazione dei redditi con il modello RW previsto.

La dichiarazione va fatta come sempre l’anno seguente a quello delle imposte dovute, entro il 30 novembre. Il periodo di calcolo è il seguente: 1 gennaio – 31 dicembre.

Questo permette di non avere problemi, perché solo la mancata dichiarazione del controvalore delle nostre criptovalute potrebbe portare a sanzioni.

Dopodiché, nel momento in cui le operazioni da noi eseguite creano una plusvalenza derivante dalla cessione di quella che viene definita al pari di una valuta estera, questa può essere sottoposta all’aliquota del 26% vigente per legge.

Dico “può essere” perché la tassazione può avvenire solo se la giacenza media in crypto di tutti i nostri portafogli supera il valore di 51.645 euro. Sotto questa soglia, nulla è dovuto al fisco.

Anche su Skytg24 l’informazione in merito è chiara:

“Se si è detenuto Bitcoin per un valore di almeno 51.645 euro per più di sette giorni, si paga il 26 per cento sull’eventuale guadagno realizzato con la vendita. Questa è la soglia pari a 100 milioni di vecchie lire, a cui ancora la legge italiana fa riferimento. Sotto i 51 mila euro, soglia piuttosto alta, nulla è dovuto. Lo stesso avviene nel caso – ancora remoto oggi – si utilizzi la criptovaluta per comprare un bene, o per pagare un servizio.”

Piuttosto semplice no? Nonostante la legge non sia chiarissima, questo è tutto quello che uno user dovrebbe sapere per stare al riparo da eventuali problematiche.

La cosa interessante che forse si denota dall’applicazione della legge è che si è esentasse in merito alle criptovalute in più di un caso.

Criptovalute per il resto al riparo dal Fisco

Abbiamo visto infatti che solo l’intento speculativo, cioè quello assimilabile all’ambito borsistico, creando una plusvalenza da capital gain, può portare al pagamento delle imposte. Tuttavia questo avviene solo nel caso in cui decidiamo di vendere le criptovalute in nostro possesso.

Sì, avete capito bene. Se deteniamo nei nostri portafogli digitali una qualunque somma di criptovalute, non siamo obbligati a pagare delle tasse. Queste sono dovute solo nel caso di vendita e si calcolano soltanto sul guadagno generato.

Per quanto riguarda il caso di acquisti relativi a beni o servizi, mediante valute digitali, sappiamo che non è ancora una pratica comune e la legge italiana è ancora più nebulosa a riguardo, nonostante città come Roma e Milano già lo permettano.

Questo può spingere a chiedersi se acquistare sfruttando queste monete digitali sia legale o meno, ma dai dati a disposizione ne consegue che, chi lo fa, è perfettamente in regola.

Come già detto, un controvalore in euro minore di 51.645 relativo a qualunque criptovaluta da noi sfruttata e posseduta, ci tiene al riparo dal pagamento di eventuali imposte e in regola con la legge.

In pratica possiamo acquistare liberamente beni e servizi tramite criptovalute come se stessimo utilizzando una valuta internazionale, senza doverci allarmare troppo per i controlli fiscali poiché tutto risulta nella norma.

In sintesi i vostri guadagni in valuta digitale sono al riparo da tasse e più che legittimi, a meno che non abbiate una quantità ingente di crypto, per cui dovrete pagare solo l’aliquota del 26% sulle plusvalenze!

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