I Bitcoin giurano fedeltà al Proof-of-Work (PoW)! Perché rifiutano il Proof-of-Stake (PoS)

Greenpeace avvia una campagna perché i Bitcoin diventino sostenibili cambiando protocollo di consenso: perché i BTC non ci stanno?

Mentre il mondo crypto attende con il fiato sospeso che la blockchain Ethereum completi il “merge” e la transazione al Proof-of-Stake (PoS), il pubblico si chiede cosa faranno i Bitcoin.

Le due piattaforme più grandi del mondo in termini di capitalizzazione di mercato condividono un funzionamento simile, costruito su un protocollo di consenso chiamato Proof-of-Work (PoW). 

L’alto fabbisogno che esso richiede e l’inquinamento che produce hanno spinto Ethereum al cambiamento e nella community si mobilitano le richieste perché anche i BTC seguano questa strada. Ma cosa farà la regina delle criptovalute?

Pressioni sui Bitcoin per un passaggio al Proof-of-Stake (PoS)

Greenpeace in collaborazione con l’ex amministratore delegato di Ripple, Chris Larsen, sta portando avanti una campagna perché la blockchain dei Bitcoin segua l’esempio di Ethereum migrando al Proof-of-Stake (PoS).

Prima di vedere quale è stata la reazione della comunità a questa richiesta forse è bene interrogarsi sul perché ci sia tanta pressione affinché la piattaforma cambi il protocollo di consenso.

Quando si acquistano o trasferiscono criptovalute le transazioni vengono tutte registrate, ma perché la convalida avvenga in sicurezza quando non c‘è nessuna banca centrale a gestire il tutto si deve usare un altro sistema.

Il modo con cui una blockchain trova una soluzione a questo problema può essere diverso, nel caso dei BTC è il Proof-of-Work (PoW). Sistema che presenta evidenti ostacoli e problemi.

Il Proof-of-Work (PoW), questo sconosciuto

Il PoW è un meccanismo per cui i nodi validatori sono scelti tra i computer che partecipano alla rete. Tradotto in un linguaggio potabile si comprano degli hardware che hanno un costo esorbitante, il cui scopo è risolvere problemi complessi di calcolo, quando lo fanno la transazione viene convalidata. Per farlo però consumano una quantità di energia elettrica gigantesca ed inquinano anche in modo esorbitante.

Le persone che si occupano di avere e gestire questi hardware (miners) hanno una ricompensa che consiste nelle nuove criptovalute generate ogni tot numero di transazioni eseguite, in gergo si dice per blocco aggiunto. Questa è la famosa attività che si definisce “mining”.

Morale della favola, per far funzionare questo sistema serve molta energia che rende i Bitcoin a bassa sostenibilità ambientale, oltre al fatto che il PoW richiede costi alti di mantenimento.

Proof-of-Stake (PoS), così la blockchain diventa sostenibile

Viene in soccorso di questi problemi un meccanismo alternativo al PoW che si chiama Proof-of-Stake (PoS) e che non richiede computer spaziali e nessun particolare quantitativo di energia.

Qui i validatori usano lo staking, cioè vincolano una somma di criptovalute, e i nuovi token sono generati  con le ricompense che sono assegnate come rendimento annuo.

Questo rende il sistema molto più sostenibile, si stima che esso riduca il fabbisogno energetico del 99% rispetto al PoW, e perciò una parte del crypto mondo chiede ai BTC di adeguarsi. Ma lo faranno? Onestamente No!   

I Bitcoin rimarranno fedeli al PoW

La comunità Bitcoin non ha intenzione di effettuare nessuna transizione al PoS. Prima di tutto sul merge di Ethereum spesso si dimentica quanto delicata sia questa operazione che il team rinvia da anni. Se il passaggio è stato annunciato per agosto la data è slittata per almeno 3 anni e questo proprio per la delicatezza dell’evento di cui i BTC non hanno bisogno.

Perché i Bitcoin non necessitano di lasciare il Proof-of-Work? Perché in realtà tranne che una criptovaluta simile le due blockchain non hanno nient’altro in comune. Hanno cioè esigenze diverse ed il PoS non è la priorità per i BTC.

Cos’hanno non in comune Bitcoin ed Ethereum: tutto è nulla

Da sempre essendo le due criptovalute più famose al mondo BTC ed Ether (ETH) vengono sempre accostate e paragonate per somiglianza e opposizione.

Quello che si dimentica è la diversa finalità che hanno non le monete, ma gli ecosistemi per intero cioè le piattaforme. 

I BTC nascono come alternativa al dollaro e alle altre monete a corso legale, poiché opzione di finanza decentralizzata. Qui si esaurisce la loro funzione. E motivo per cui per questa moneta è stato fissato un limite bassissimo di fornitura e cioè 21.000.000 di token.

Ethereum nasce come una piattaforma open source, con cui progettisti esterni possono costruire le proprie DApp.

Il Pow crea dei problemi ad Ethereum anche per le alte commissioni (gas fee), per le quali gli sviluppatori che preferiscono i più economici e sostenibili competitors già adeguati al Proof-of-Stake.

Sintetizzando, la comunità Bitcoin dice no al PoS perché non ne ha alcuna necessità, se non quella ambientale a cui per ora non sembra particolarmente interessata. Essa non ha necessità di impegnarsi in un’operazione delicata, anche perché ritiene che il problema non riguardi solo il fabbisogno energetico di una rete, ma ancor di più il fatto che debba essere l’energia a provenire da fonti rinnovabili. Identifica cioè il problema all’origine.

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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