Come rinunciare all’eredità? Ecco documenti, costi e termini

Vediamo che significa rinunciare all'eredità, quali sono i documenti da presentare e a chi, i costi da sostenere ed entro quali termini.

Il sogno di molti è quello di essere contattati da un notaio che gli riveli che un parente lontano – di cui non sapeva nulla – è passato a miglior vita senza eredi vicini, lasciandogli un bel gruzzoletto. Nella vita reale, però, difficilmente le cose vanno così e può accadere che la sorpresa si riveli tutt’altro che piacevole, ad esempio se l’eredità è di scarso valore o sono presenti oneri difficili da rispettare, se non addirittura debiti da saldare.

Per evitare questi ed altri problemi, il nostro ordinamento prevede la possibilità di rinunciare all’eredità in via definitiva. E ciò indipendentemente dal grado di parentela con il defunto e dalle ragioni che ci sono a monte.

Si tratta di una proceduta piuttosto semplice, che può essere fatta in autonomia, senza la necessità di ricorrere a un avvocato o a un altro costoso professionista. Richiede, come del resto tutti gli atti di tipo pubblico, dei costi e dei docuemnti e, naturalmente, ha dei termini tassativi entro cui deve essere portata a termine.

In questa breve guida vedremo cosa dice la legge al riguardo e cosa serve e le tempistiche per ultimare la procedura. 

Perché rinunciare all’eredità

Prima di spiegare cosa sia questo istituto giuridico, è utile capire quando e perché si rivela necessario. 

Le ragioni per rinunciare all’eredità possono essere le più diverse, e dipendono anche dai rapporti che c’erano tra il deceduto e la persona chiamata a succedere. Al di là di ragioni del tutto personali e soggettive di tipo morale, o legate all’antipatia che si nutriva nei confronti dei quelle persone, di solito ciò che pesa sul piatto della bilancia sono sempre considerazioni prettamente economiche.

La più diffusa è quella della presenza di debiti, che siano superiori rispetto al valore complessivo del bene che è stato lasciato. In questo caso, salvo il caso in cui il de cuius sia un parente stretto a cui si è affezionati e per il quale si desideri ristabilire il buon nome saldando i debiti che ha lasciato, la scelta più logica è quella di non accettare.

Altra ipotesi molto diffusa è quella in cui l’erede abbia dei figli, e per evitare doppi passaggi, che ogni volta prevedono il pagamento delle tasse di successione scelga, di farsi da parte e lasciare che siano quelli a prendere il suo posto.

Un’altra motivazione potrebbe essere quella di far rimanere l’intero patrimonio in famiglia, per esempio nel caso in cui l’erede abbia, oltre ai figli un nuovo coniuge, magari da cui è separato, ma non divorziato che parteciperà, al suo decesso, alla spartizione del suo patrimonio.

Rinunciando, invece, la sua quota passerà all’erede successivo, cioè i figli, lasciando  fuori moglie o marito.

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Cosa è la rinuncia all’eredità

Di questo istituto ci parla il codice civile che all’articolo 519 dice:

“La rinuncia all’eredità deve essere fatta davanti a un notaio o al cancelliere del Tribunale del circondario dove si è aperta la successione e deve poi essere inserita nel registro delle successioni”.

Si tratta di un articolo piuttosto scarno, che comunque ci fornice già alcune importanti informazioni. Innanzitutto si tratta di un atto formale: questo significa che in casi di questo tipo non sono solo la sostanza e la volontà di qualcuno a contare, ma lo è altrettanto, e a volte anche in misura maggiore la modalità utilizzata per renderla nota.

Chi per qualsiasi ragione, anche per quella più semplice di non conoscere la procedura compisse un errore in questa fase sarà considerato come erede al pari di chi abbia accettato in modo espresso.

Si tratta poi di un atto che deve essere fatto in forma scritta, non ha valore la semplice comunicazione orale, e che deve essere reso solo a uno dei due soggetti previsti per legge e reso pubblico con l’inserimento in un registro ufficiale

Questo però non significa che un terzo, anche se abbia qualche interesse dal conoscere questa informazione debba esserne informato in modo ufficiale né tanto meno che debba acconsentire. Si tratta infatti di un atto unilaterale, che si perfeziona nel momento in cui viene compiuto.

Quali documenti presentare e dove richiederli

Sia che ci si rivolga a un notaio che a un cancelliere devono essere presentati per la rinuncia all’eredità gli stessi documenti. Si ricorda che mentre il notaio scelto può essere quello di fiducia, con un ufficio in una località qualsiasi del territorio italiano, nel caso del cancelliere deve essere quello del Tribunale competente nel luogo dove è stata aperta la successione. Questa va aperta nel luogo dell’ultima residenza del deceduto.

All’ufficiale scelto dovranno essere consegnate la dichiarazione sostitutiva del certificato di morte nel caso in cui sia quella del coniuge di un ascendente o di un discendente, o l’estratto dell’atto di morte in tutte le altre ipotesi. Serve inoltre un documento di identità con foto in corso di validità del rinunciante e il codice fiscale dello stesso.

Questo dato deve essere fornito, non su un foglietto qualsiasi, trascritto a mano, ma esibendo o il vecchio tesserino bianco e verde, oppure la Carta Nazionale dei Servizi che lo ha sostituito, e che anche nei casi in cui sia scaduta continua a essere valida per certificare quel codice. Va poi portata anche copia del codice fiscale sia del defunto che del richiedete se persona diversa del rinunciante.

Se presenti devono essere consegnate anche una copia autentica del testamento, cioè non una semplice riproduzione fotostatica, ma un foglio su cui sia apposto una firma e un timbro di un pubblico ufficiale che attesti che il contenuto dello stesso è identico a quello che sta sostituendo. Se sono coinvolti minori o persone interdette o inabilitate dovrà essere allegata anche l’autorizzazione del giudice tutelare.

Chi si rivolgerà alla cancelleria dovrà in genere compilare due moduli, sul posto, oppure scaricandoli dal sito del Tribunale e portandoli già completi. Si tratta della nota di iscrizione a ruolo e del modulo per la richiesta delle copie dell’atto di rinuncia.

Va infine precisato che mentre la domanda iniziale può essere presentata anche solo da una delle persone coinvolte, purché abbiano lo stesso grado di parentela, per esempio fratelli, oppure nipoti, ognuno di loro dovrà comunque presentarsi davanti all’ufficiale scelto per confermare la propria volontà. Se ci fossero ragioni che impediscono la comparizione potrà conferire procura notarile ad uno degli altri rinunciati.

Quanto costa 

Trattandosi di un atto ufficiale, questo tipo di operazione ha un costo, che comprende alcune voci in misura fissa e altre che dipendono dal tipo di canale scelto. Chi decide di rivolgersi al proprio notaio di fiducia, sarà probabilmente seguito con maggiore sollecitudine, ma dovrà poi fare fronte a una parcella per l’assistenza ricevuta, variabile a seconda dello studio e delle prestazioni accessorie ricevute.

A quella dovrà sempre essere aggiunto il pagamento, fatto il giorno stesso tramite un modello F23, e comprovato con una ricevuta da allegare al resto della documentazione della tassa di registrazione pari a 200 euro.

Chi si rivolga al Tribunale dovrà fare lo stesso versamento di 200 euro, che ricordiamo vale per ognuno degli atti di rinuncia presentati. Quindi se più fratelli decidono di presentare la stessa dichiarazione ognuno di loro dovrà assolvere in autonomia a questo obbligo.

Dovranno inoltre essere portate due marche da bollo da 16 euro delle quali una sarà apposta sulla domanda e una sulla copia della rinuncia, una marca da bollo da 11,63 euro per i diritti di cancelleria, che però diventa di 34,89 euro nel caso la domanda sia fatta con urgenza. Infine andranno conteggiati i diritti di copia, che dovranno essere calcolati in base al numero di copie dell’atto che saranno chiesti.

Termini e tempistiche da rispettare

I termini per rinunciare all’eredità sono gli stessi che il nostro ordinamento mette a disposizione per accettarla. Si tratta di 10 anni, calcolati a partire dal giorno della morte del defunto. Unica eccezione è il caso di un figlio che sia stato riconosciuto dopo il decesso. Qui i tempi si dilatano e rimangono sempre un decennio, ma calcolato dal momento in cui la sentenza con cui si sia riconosciuto lo stato di figlio sia passata in giudicato. 

Si tratta di quello in cui, in alternativa si sia concluso l’ultimo grado di giudizio possibile, oppure siano trascorsi i termini per presentare un ricorso.

Fino all’ultimo giorno del decimo anno è sempre consentito cambiare idea e entrare in possesso dei beni oggetti di successione. Non lo si potrà fare, però se nel frattempo un chiamato abbia accettato in modo formale.

Non lo si potrà più fare inoltre dopo soli tre mesi se il chiamato sia già in possesso di alcuni beni oggetto di successione. In quell’ipotesi un prolungato silenzio viene letto come implicita accettazione.

Sul sito del Ministero della giustizia leggiamo che:

“E’ possibile in alcuni casi abbreviare i tempi di dieci anni per accettare o rifiutare l’eredità. Lo si può fare con un’azione interrogatoria, che deve essere fatta rivolgendosi al tribunale competente e chiedendo che sia fissato un termine entro cui il chiamato dice che cosa intende fare. Trascorso quel termine senza rispondere perde ogni diritto.”

Quando la rinuncia all’eredità è nulla

Come visto al rinuncia all’eredità è nulla se è stata fatta dopo che siano trascorsi i tre mesi o i dieci anni, a seconda del caso in cui si sia già in possesso di beni del deceduto, oppure non vi si abbia accesso. Altri casi sono quelli indicati dall’articolo 520 del codice civile che dice:

“E’ nulla la rinuncia fatta sotto condizione, per parte o a termine”.

Quindi non è possibile scegliere quali siano i beni di nostro gradimento e dire no agli altri. Con questo tipo di atto si dice no a tutto senza ma e senza se. Vietato anche condizionare la propria scelta al comportamento di altri, o anche ad avvenimenti non controllabili.

Pensiamo per esempio al caso in cui si rinunci, ma solo se lo fa anche nostra sorella o a quello in cui ci si lascia la possibilità di cambiare idea se le azioni che il nonno aveva in banca, aumentino di valore.

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