Flat tax addio o arrivederci? Cosa cambia con il DEF

Via libera del Governo al Def 2023, brutte notizie per la Flat tax e le pensioni. Ecco cosa contiene il Documento di economia e finanza 2023.

Il Def del 2023 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, ma lascia un po’ con l’amaro in bocca. Al suo interno sono contenuti i tre principali obiettivi programmatici per il medio termine. Purtroppo i soldi non bastano e le risorse aggiuntive servono per il taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi.

Il Documento di economia e finanza del 2023 non lascia presagire bene sull’estensione della Flat tax, cavallo di battaglia dei partiti di centro-destra né, tantomeno l’intervento sulle pensioni per Quota 41. Anche se è ancora presto e lo stato delle cose potrebbe anche cambiare è molto probabile che l’estensione della Flat tax venga rimandata alla fine della legislatura.

Nel testo spieghiamo quali sono le novità scaturite dal via libera al Def 2023, analizzando e ipotizzando su quale possa essere il futuro della tanto declamata Flat tax.

Def 2023, via libera del Governo: ecco cosa prevede

Il cavallo di battaglia del centro-destra, da sempre portato in pompa magna, è l’estensione della Flat tax e la riforma delle pensioni. Tuttavia, il Def (Documento di economia e finanza) 2023 lascia intendere che le promesse, almeno per ora, resteranno tali.

Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al Def, nel quale vengono delineati i tre obiettivi cardine della politica economica e di bilancio del governo per il medio termine. Nel documento viene stimata una crescita dell’1% del Pil e un deficit al 4,5%.

Con i circa 4 miliardi residui sembra molto difficile che le pensioni vengano riformate e che la flat tax venga estesa. L’obiettivo del Governo rimane comunque ridurre il cuneo fiscale, ovvero il taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi.

Che fine farà la Flat tax?

Sicuramente, la Flat tax è uno dei principali temi di battaglia della maggioranza di Governo. La flat tax o tassa piatta è un sistema fiscale non progressivo e basato su un’unica aliquota fissa, appunto, piatta. In un regime di questo tipo non c’è più progressività e a tutti i contribuenti viene applicata la stessa aliquota, indipendentemente da quanto guadagnano e dal reddito.

Se ricordiamo bene, già molto prima del 2022 è entrato in vigore un regime agevolato per alcuni titolari di partita Iva, con una aliquota fissa al 15% e al 5%, solo per i primi cinque anni, con un reddito fino a 65.000 euro. L’obiettivo del governo di centro-destra e molto propagandato in campagna elettorale è quello di estendere questo sistema.

Un primo passo è stato mosso nella manovra di bilancio, dove la tassa piatta è stata estesa ai lavoratori autonomi con reddito fino a 85.000 euro. Tuttavia, la sua lunga corsa all’estensione sembrerebbe essersi arenata prima del previsto. Ciò che mancano sono i fondi e nel Documento di economia e finanza non pare trasparire la volontà di intervenire. Si auspica, più che altro, ad un rinvio a fine legislatura. Per il momento, l’obiettivo prioritario del Governo è il taglio del cuneo fiscale e la rimodulazione dell’Irpef.

Riforma dell’Irpef, come cambieranno le detrazioni fiscali

Un altro obiettivo dell’agenda di Governo è la rimodulazione dell’Irpef già dal 2024. Per effettuare la riforma, però, servono sempre fondi che, al momento, sembrano insufficienti, almeno in base al Documento di economia e finanza.

Pertanto, la riforma dell’Irpef deve essere finanziata in un altro modo, attraverso il taglio delle deduzioni e delle detrazioni fiscali. Uno scenario già ipotizzato. Il taglio non sarà totale, ma sicuramente non senza riserve. Per poter finanziare la riforma dell’Irpef è necessario rinunciare ad alcuni bonus.

Come sarà la riforma dell’Irpef? L’obiettivo del Governo è ridurre dalle quattro aliquote attualmente in vigore a tre. Per farlo, però, servono risorse che al momento non ci sono. Per questo motivo ci sono diverse ipotesi al vaglio, alcune più costose, altre molto meno costose.

Si pensa, per esempio, ad un accorpamento delle aliquote di mezzo, per fornire un vantaggio ai contribuenti con un reddito superiore a 35.000 euro. Invece, dovrebbero rimanere invariate le aliquote al 23% e al 43%. Più complessa da realizzare è la seconda ipotesi, che prevederebbe un’aliquota iniziale al 23% estesa fino a 28.000 euro, per i redditi fino a 50.000 un’aliquota al 33% e al 43% per i redditi superiori.

Come abbiamo già detto, per mettere in campo questo ambizioso progetto bisognerebbe tagliare le detrazioni e le deduzioni fiscali. La riforma dell’Irpef costa e l’unico modo per recuperare le risorse necessarie, per il momento, sembrerebbe quello di rinunciare ad alcuni bonus.

Ma c’è anche un obiettivo? Non si tratta solo di recuperare risorse, ma si punterebbe anche a mettere in campo un sistema volto a ridurre le agevolazioni all’aumentare del reddito. Tuttavia, non bisogna pensare che tutte le detrazioni subiranno un taglio netto; non verranno toccate le detrazioni sulla casa, sulla sanità e sulla scuola. Come già detto, però, al momento si tratta solo di ipotesi. Per avere risposte certe, non resta che attendere le prossime mosse.

Sara Bellanza
Sara Bellanza
Aspirante storica contemporaneista, classe 1995.Amante della lettura e della scrittura sin dalla tenera età, ho una laurea triennale in Filosofia e Storia e una laurea magistrale in Scienze Storiche, conseguite entrambe presso l’Università della Calabria. Sono autrice di alcune pubblicazioni scientifiche inerenti alla storia contemporanea e alla filosofia: "L'insostenibile leggerezza della storia" e "L’insufficienza del linguaggio metafisico" per la rivista "Filosofi(e)Semiotiche", e "Il movimento comunista nel cosentino" per la "Rivista Calabrese di Storia del '900".Nonostante la formazione prettamente umanistica, la mia curiosità mi ha spinto a conoscere e a informarmi sugli ambiti più disparati. Leggo, scrivo e fotografo, nella speranza di riuscire a raccontare il mondo così come lo vedo io.
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