IMU previsto anche in caso di immobile inagibile: a stabilirlo è la Cassazione

Da una recente sentenza della Cassazione è emerso che l'IMU è previsto anche in caso di immobile inagibile. Anche se con un calcolo differente.

Se hai un immobile e risulta inagibile, purtroppo l’IMU tocca pagarlo comunque. Anche se la quota prevista è molto più contenuta rispetto a quella ordinaria.

A stabilirlo è un’ordinanza della Corte di Cassazione, che mette in chiaro non solo l’obbligatorietà del versamento dell’imposta municipale anche per fabbricati inagibili, ma anche la quota “scontata”.

Una piccola cessione ai proprietari che si ritrovano degli immobili praticamente inabitabili e inutilizzabili in caso di messa in affitto.

Per quanto si tratti comunque di uno sconto, è per molti una boccata di ossigeno, anche se non sarà comunque facile avere la conferma dell’inagibilità da parte delle autorità competenti.

IMU previsto anche in caso di immobile inagibile: a stabilirlo è la Cassazione

È difficile ottenere l’esenzione dall’IMU. I casi sono veramente pochi, e la maggior parte delle volte è il Comune a dare l’ultima parola. E questo vale anche nel caso in cui si voglia richiedere una semplice riduzione.

Molti speravano che l’IMU non potesse venire richiesto al proprietario di un immobile inagibile: non è vendibile; non è affittabile; e il proprietario non può nemmeno andarci ad abitare. Eppure per la Cassazione non è così.

Da quanto emerge dall’ordinanza 19665, emessa dalla Corte di Cassazione l’11 luglio 2023, l’IMU è previsto anche in caso di immobile inagibile. Ovviamente non nella misura ordinaria, ma “scontata” del 50%, la stessa riduzione prevista nel caso di “comodato d’uso gratuito” ai parenti di primo grado.

Se come proprietario detieni degli immobili che personalmente consideri inagibili, dovrai fare in modo che anche l’ente comunale confermi tale inagibilità.

Una procedura non facile, infatti la stessa Corte di Cassazione s’è pronunciata anche su questo aspetto.

Come accertare che l’immobile sia inagibile

L’accertamento dell’immobile non può essere eseguito dall’ente comunale senza apposita richiesta da parte del proprietario dell’immobile.

Proprio sulla richiesta, la Cassazione s’era già pronunciata con l’ordinanza 1263 del 21 gennaio 2021. Basterebbe una semplice autocertificazione per segnalare alle autorità lo stato del proprio immobile.

Da lì inizia il procedimento, per il quale il Comune può autorizzare una serie di verifiche, vòlte a garantire che quanto dichiarato corrisponda al vero.

Altrimenti rimane ancora in vigore l’opzione dell’accertamento da parte dell’ufficio tecnico comunale. Più sicura dell’autocertificazione, è purtroppo la più onerosa, dato che la perizia è a carico del proprietario. E si parla di ben 300-600 euro.

Questo è previsto soltanto se non è mai stato comunicato nulla all’ente comunale.

È un procedimento una tantum, addirittura non è previsto che il contribuente IMU presenti dichiarazioni o certificati se risultano già in loro possesso. A determinalo è l’articolo 43 del D.P.R. 445/2000.

Se il Comune è riuscito ad ottenere informazioni in merito all’immobile, e certifica la sua inagibilità, il contribuente non dovrà più presentare alcuna domanda anche in futuro: ogni anno avrà diritto alla riduzione del 50% dell’IMU in maniera automatica.

A patto però che tale inagibilità perduri nel tempo. In caso di ripristino dell’abitabilità, lo sconto viene annullato, soprattutto se il contribuente non comunica al Comune il ripristino dei locali da lui detenuti.

Quando un immobile è considerato inagibile

L’inagibilità di un immobile non è qualcosa di soggettivo, ma dimostrabile e certificabile. Intanto agli occhi degli ufficiali incaricati l’edificio deve risultare pericoloso all’integrità fisica o alla salute delle persone che potrebbero dimorarci.

Particolarità dell’immobile inagibile è anche il sopravvento del degrado fisico sull’architettura dell’edificio, come il fatto che si tratti di un fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente.

Questa condizione di degrado non deve risultare superabile con semplici interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ma solo con interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia.

In poche parole, l’edificio non può essere né abitato, né venduto, né utilizzato per altre finalità. Al punto che, se vuoi abitarci, rischi una sanzione di carattere amministrativo che va da 77 a 464 euro. E se provi a vendere un immobile senza agibilità è ancora più grave.

Una condizione comunque abbastanza complessa, che non può essere lasciata alla semplice autocertificazione. Per questo gli enti comunali provvedono alla verifica dell’immobile prima di confermare la riduzione dell’IMU.

La segnalazione iniziale sarà sempre a cura del contribuente IMU, ma solo per la prima volta. Se l’edificio rimane inagibile, potrà beneficiare dello sconto ogni anno. Se viene ripristinata l’agibilità, perde immediatamente lo sconto.

Anzi, in caso di mancata comunicazione, è possibile da parte dell’ente comunale rivalersi sul contribuente, e mettere di mezzo il giudice competente.

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