Patrizio Ambrosetti: come vive un nomade digitale e quali sono gli step per diventarlo

Nomade digitale e pioniere della categoria, Patrizio Ambrosetti ci racconta questo modo di vivere il lavoro al di fuori delle solite mura dell'ufficio.

Diversi Paesi nel mondo stanno promuovendo un modo di lavorare sempre più elastico che permetta a chi lo vuole, di scegliere di non lavorare dentro le solite quattro mura di un ufficio. La pandemia da Coronavirus ha sicuramente contribuito a rafforzare questo pensiero grazie allo smart working, che sebbene sia una cosa diversa dal nomadismo digitale ne condivide alcuni tratti.

Sempre più persone si sono ritrovate a mettere sul piatto della bilancia i benefici ma anche le rinunce che un lavoro di tipo tradizionale costringe a fare. Anche Patrizio Ambrosetti, che si definisce “romano di nascita, cittadino del mondo e grande sognatore”, ha rivoluzionato la propria vita probabilmente ponendosi le stesse domande.

Scopriamo allora qualcosa in più sul mondo dei nomadi digitali, di cui Patrizio ne è sicuramente pioniere italiano.

Patrizio Ambrosetti, dallo sci ai piedi sulla sabbia: “Vi mostro come vive un nomade digitale”

Lo sci agonistico praticato da ragazzino rispecchia già di per sé la voglia di libertà e dinamicità che ha spinto Patrizio Ambrosetti, classe 1987, a viaggiare lavorando, o lavorare viaggiando a seconda dei punti di vista. 

Nel 2015 entra nel team di WeWork, allora una startup appena nata ed è grazie a questa opportunità che inizia a viaggiare per il mondo spostandosi di hotel in hotel e di città in città con lo scopo di far espandere la nuova compagnia.

Come ci ha spiegato lo stesso Patrizio, allora non conosceva il termine “Digital Nomad”, ma di fatto lo era già con circa 100 ore di lavoro a settimana in giro per il pianeta per costruire quello che è poi diventato il più grande brand di coworking nel mondo. Oggi Patrizio vive a Barbados, nei Caraibi dove tra una call e una pausa sulla tavola da surf lavora da remoto e da il suo contributo nell’aiutare chiunque voglia intraprendere questa vita.

Se gli si chiede quali siano i pro e i contro del nomadismo digitale Ambrosetti non ha esitazione nell’affermare che di contro, proprio, non ce ne sono e alla domanda se gli manca la sua vita “prima” ci risponde con un’altra domanda molto eloquente: “Cosa può mancare dopo aver visto e toccato il mondo, imparato lingue, conosciuto culture, fatto centinaia di nuove amicizie e provato emozioni indescrivibili?”.

Ma da dove si inizia e come si diventa un nomade digitale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui insieme a tante altre curiosità.

Come si diventa un nomade digitale 

Lo abbiamo accennato in apertura, sono sempre di più le persone che si interessano a questo modo del tutto innovativo di vivere il lavoro. Secondo Ambrosetti l’età media dei nomads è compresa tra i 25 e i 45 anni, ma in realtà non ci sarebbe neanche un’età giusta per intraprendere questo percorso. Quello che è fondamentale prima di tutto, è trovare un’indipendenza economica che permetta di viaggiare.

Il primo consiglio di Patrizio ai tanti aspiranti è di trovare un lavoro da freelancer o una società che assuma da remoto, o magari iniziare un percorso da imprenditore digitale, il passo più coraggioso però arriva dopo.

Lo step successivo infatti è liberarsi di tutto quello che si possiede a favore di uno stile di vita più minimal. Dopo tutto, come Ambrosetti stesso sottolinea “tutto quello che serve sono un laptop, un passaporto e un bagaglio”.

Dove andare? Dipende da quelle che sono le preferenze individuali, c’è chi per esempio preferisce posti di mare, chi la montagna, chi parte direttamente per mete lontane e chi invece preferisce andare poco oltre i confini per provare.

Anche in questo caso Ambrosetti ha un consiglio ovvero “cercare se ci sono comunità (di nomadi digitali) presenti nella città in cui si vorrebbe andare”. Ma anche in questo caso, la cosa che davvero vale forse è solo una: “non pensarci troppo”.

Leggi anche: Smart working, come richiederlo caso per caso

La situazione in Italia

Chiedersi quale sia la situazione nel nostro paese e quella di noi italiani nel mondo a questo punto viene spontaneo. L’imprenditore ci informa anche che l’Italia ha approvato una legge per istituire un visto speciale per nomadi digitali che vogliono venire a vivere per un anno nel Bel Paese.

Attualmente ci sono 48 paesi nel mondo che offrono questo visto, che va dai 6 mesi fino anche ai 10 anni e che comprende diversi benefici per i nomadi digitali. Le prime a promuoverlo sono state appunto le Barbados nel 2020, mentre l’Italia sarebbe uno dei primi paesi nella lista dei nomadi digitali, disponendo di infrastrutture di coworking, coliving e una connettività veloce.

Appare chiaro quindi come anche l’Italia tanto legata ai metodi tradizionali si stia sempre di più aprendo a nuove realtà, adattandosi ai bisogni delle nuove generazioni di lavoratori che si stanno via via affermando.

Arianna Giago
Arianna Giago
Content editor, classe 1992.Sono nata nella caotica Milano e mi sono diplomata al liceo linguistico. In quel periodo hosviluppato una profonda passione per tutto quello che riguarda la comunicazione, che ho semprevisto come un'arte. Tutto quello che so sul mondo della scrittura web e cartacea l'ho imparato sulcampo. Ho infatti fatto la mia prima esperienza in questo mondo collaborando per un quotidianocartaceo e successivamente mi sono avvicinata al mondo della SEO e della scrittura webcollaborando con diverse realtà.Mi ritengo una persona creativa, a tratti anticonformista, ma che comunque si adatta bene alleregole.Il mio motto? Prendo in prestito un grande classico attribuito a Walt Disney per dire che... se puoisognarlo
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