Influencer, l’80% in Ue non dichiara post pubblicitari: la ricerca scatena le polemiche

La Commissione europea ha pubblicato una ricerca scioccante sugli influencer: l'80% in Ue non dichiara post pubblicitari.

Il mondo degli influencer è sempre più ampio ogni giorno che passa e questi nuovi lavori vengono sottoposti a nuove (nonché giustissime) regole che servono a proteggere l’utente o consumatore finale. Eppure, a quanto pare, non tutti le seguono. Una recente investigazione della Commissione europea ha evidenziato che la stragrande maggioranza dei post di influencer online non rivela quando i suoi post sono pubblicitari.

L’80% dei post pubblicitari non sono dichiarati: influencer nel mirino delle polemiche

Abbastanza scioccante ciò che emerge dal report finale della Commissione europea, la cui indagine analizza i post di 576 influencer (appartenenti all’area Ue e sottoposti alle leggi Ue) pubblicati sui principali social media.

Innanzitutto, il 97% dei post esaminati – cioè quasi la totalità – includevano dei contenuti commerciali. Visto che ormai fare l’influencer è un vero lavoro, tutto ciò è normale.

Non lo è, invece, che ben l’80% di questi post “mente” sulla propria identità. Al loro interno, gli influencer non hanno esplicitato che il post era commerciale, cioè che era una pubblicità e, di conseguenza, che era stata pagata da qualcuno.

Ricordiamo a tal proposito che, come consigliamo nella guida all’influencer marketing, i contenuti con fini pubblicitari e di marketing devono obbligatoriamente indicare che si tratta di pubblicità, per esempio con l’hashtag #adv. Questo obbligo è previsto dalla legge (con le dovute eccezioni): si tratta, infatti, del divieto di pubblicità occulta.

Tutti i dati del report Ue sugli influencer: molte le infrazioni

Nel report vengono evidenziati molti altri dati con pratiche non corrette da parte degli influencer in esame. Tra di essi troviamo:

  • il 78% degli influencer verificati stavano esercitando attività commerciali, ma solo il 36% sono registrati come commercianti nelle nazioni di appartenenza

  • il 30% degli influencer non ha fornito nessun dettaglio sulle proprie compagnie commerciali in alcun post pubblicato (indirizzo email, nome della compagnia, indirizzo postale o numero di registrazione)

  • il 38% non ha utilizzato le etichette fornite dalle piattaforme per evidenziare con chiarezza la natura pubblicitaria. Hanno invece preferito scrivere “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o ringraziamenti generici ai brand partner (11%), diciture un po’ meno chiare

  • il 40% degli influencer totali sponsorizzava prodotti e servizi propri o di un brand proprio, ma tra di essi, il 60% non dichiarava che si trattava di pubblicità

  • tra l’altro, il 44% degli influencer totali aveva un sito web personale da cui vendeva in modo diretto. Questo rende ancor più importante il dato precedente

Le possibili conseguenze del report della Commissione europea

Nella sezione “prossimi passi”, la Commissione espone anche le conseguenze del proprio studio.

358 degli influencer presi in esame riceveranno investigazioni aggiuntive: in particolare, le rispettive autorità nazionali li contatteranno per chiedere di seguire le regole obbligatorie, dopodiché prenderanno provvedimenti se necessario.

In aggiunta, la Commissione europea analizzerà i risultati dell’indagine anche dal punto di vista degli obblighi legali delle piattaforme: si assicurerà che queste ultime rispettino la legge sui servizi digitali e prenderà misure rafforzative qualora accerti che siano necessarie.

A fine report si testimonia l’importanza di avere una legislazione moderna e robusta sul tema, in modo da assicurare l’equità per i consumatori online. I risultati dovrebbero alimentare uno speciale controllo sull’equità digitale per i consumatori Ue, per individuare i problemi del mercato nonché i miglioramenti.

Ivan Cunzolo
Ivan Cunzolo
Copywriter e SEO Web Writer freelance, classe 1993. Sono nato e vivo a Napoli, amando la mia città. Sin da piccolo ho sempre scritto senza fermarmi mai, prima sulla carta, poi al computer. Al desiderio di diventare giornalista ho unito il nascente interesse per marketing e tecnologie. Mentre iniziavo con tonnellate di articoli in progetti sul web di pura passione, mi sono laureato in Culture Digitali e della Comunicazione alla Facoltà di Sociologia dell'Università Federico II. Da 6 anni sono Copywriter e Web Writer freelance, specializzato nella scrittura SEO.
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