Disoccupazione cala in UE, ma record negativo in Italia!

Tasso di disoccupazione in continuo calo post pandemia in UE, ma per l'Italia è ancora record negativo. Andiamo a vedere nel dettaglio perché.

Nel marzo 2022 la Spagna ha registrato il più alto tasso di disoccupazione all’interno dell’Unione europea (UE-27) con circa il 13,5%. 

In media, il 6,2 % dei cittadini dell’Unione Europea è classificato come disoccupato al mese di marzo 2022, mentre il tasso medio di disoccupazione nei paesi dell’eurozona è significativamente più alto a circa il 6,8%.

Nella Repubblica Ceca, al contrario, c’è quasi la piena occupazione che con il 2,3% – dati relativi a marzo 2022 – risulta essere il Paese europeo che ha il tasso di disoccupazione più basso tra i paesi dell’Unione Europea.

Disoccupazione e mercato di lavoro: l’impatto della pandemia di Coronavirus

Il tasso di disoccupazione in tutti gli Stati membri dell’unione europea è aumentato molto rapidamente soprattutto in concomitanza della pandemia di coronavirus e del suo forte impatto economico.

Mentre nel marzo 2020, all’inizio della pandemia in Europa, una media del 6,4% della popolazione disposta a lavorare nell’Unione Europea UE-27 era disoccupata, il tasso di disoccupazione nell’UE è salito a circa il 7,8% entro luglio 2020. 

Sebbene si tratti di un drastico aumento del tasso in soli quattro mesi, sulla scia della crisi dell’euro, il tasso di disoccupazione nell’UE è stato tra il 9,5 e l’11,5% (dal 2009 al 2016) per anni, molte volte superiore.

Il periodo post-pandemia, ecco i dati aggiornati

Dal picco del luglio 2020, il tasso di disoccupazione nell’Unione europea è in costante calo

Questo calo è continuato nonostante la stragrande maggioranza degli stati membri UE sia entrato in lockdown a lungo termine solamente nella seconda ondata della pandemia di coronavirus, per intenderci, quella che ha avuto inizio alla fine del terzo e all’inizio del quarto trimestre del 2020, dunque, tra il mese di settembre e il mese di dicembre 2020.

Allo stesso tempo, però, la maggior parte dei governi nazionali ha messo in atto dei pacchetti di aiuti di vasta portata, per sostenere economicamente l’industria e i consumatori. Facciamo qualche rapido esempio con il nostro Paese:

  • il Reddito di Emergenza;
  • i bonus lavoratori stagionali;
  • i sostegni per i lavoratori dello spettacolo;
  • gli investimenti a fondo perduto per le imprese;
  • gli aiuti alle partite iva con l’Indennità Straordinaria di continuità reddituale operativa;
  • i bonus per lavoratori agricoli.

Tra gli aiuti sono anche inclusi, tra l’altro, la registrazione semplificata e l’espansione del lavoro a orario ridotto attraverso, ad esempio, delle deroghe alle leggi in atto. In questo modo, i governi hanno garantito ai lavoratori il loro posto di lavoro, portando anche ad un aumento meno marcato dei dati sulla disoccupazione. 

Possiamo affermare con certezza che, in un certo verso, l’Unione Europea ha anche imparato dagli errori commessi durante la crisi dell’euro. Come? L’UE ha, infatti, messo in atto un immenso pacchetto di aiuti economici con il piano di ricostruzione europea “Next Generation EU” per il bilancio a lungo termine dell’UE.

Ecco come Eurostat procede a calcolare il tasso di disoccupazione

Eurostat calcola tassi di disoccupazione armonizzati per tutti gli Stati membri, la zona euro e l’Unione Europea.

Questi tassi di disoccupazione si basano su definizioni conformi alle raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Il calcolo viene effettuato sull’indagine armonizzata sulle forze di lavoro dell’Unione europea. 

Partendo dalla base della definizione dell’OIL, Eurostat definisce i disoccupati come persone di età compresa tra i 15 e i 74 anni che:

  • non sono impiegate lavorativamente parlando, 
  • possono iniziare a lavorare entro le due settimane successive all’analisi 
  • hanno cercato attivamente lavoro nelle quattro settimane precedenti alla ricerca.

Il numero di disoccupati e il tasso di disoccupazione mensili sono stimati sempre tenendo conto della base dei dati dell’indagine sulle forze di lavoro, un’indagine sulle famiglie condotta in tutti gli Stati membri UE sulla base di definizioni armonizzate. 

Questi risultati sono convertiti in cifre mensili per interpolazione/estrapolazione da indagini nazionali e da serie mensili nazionali sulla disoccupazione registrata.

In alcuni casi in particolare, gi Stati membri dell’Unione Europea possono pubblicare dei tassi di disoccupazione inerenti a dati amministrativi e tassi che vengono calcolati tenendo conto di indagini svolte all’interno del territorio nazionale, sulle forze di lavoro, ma anche su indagini analoghe. 

Per questo motivo, i tassi interni possono risultare differenti da quelli che vengono pubblicati poi da Eurostat, appunto, per le differenze definizioni e scelte metodologiche. 

La piena occupazione per tutti i Paesi membri dell’UE resta un miraggio?

Il mercato del lavoro nell’Unione europea non è affatto uniforme, ma nonostante tutto risulta essere sorprendentemente eterogeneo. Mentre i Paesi della crisi dell’euro – in maniera più accentuata – continuano a essere caratterizzati da alti tassi di disoccupazione (Italia), altri Paesi dell’UE con tassi di disoccupazione molto bassi.

Cosa significa “piena occupazione”? Quando parliamo di Piena Occupazione intendiamo quello stato che viene raggiunto da un Paese quando il numero di posti vacanti supera il numero di persone in cerca di lavoro. 

Per farla breve e non dilungarci ulteriormente, possiamo affermare con certezza che un tasso di disoccupazione dello 0 % è difficilmente possibile, se non impossibile.

Il perché è semplice: le persone che sono in cerca di lavoro non sempre riescono a trovare e ad iniziare senza alcun problema un nuovo rapporto di lavoro. 

Pertanto, con un tasso di disoccupazione compreso tra i 2 e i 4 punti percentuali, possiamo parlare a tutti gli effetti di “piena occupazione pratica”.

Disoccupazione, la situazione in Italia? Disastrosa

La situazione nel nostro Paese non è delle migliori, anzi, possiamo affermare con certezza che siamo tra gli Stati messi peggio in tutta Europa. Non solo il nostro livello di disoccupazione è abbastanza elevato, ma anche il nostro tasso di inattivi fa da padrone.

Quando parliamo di inattivi intendiamo tutti quei soggetti che non hanno un impiego e che nelle settimane precedenti alla registrazione, in questo caso sempre di Eurostat, non hanno fatto nulla per cercare un lavoro. 

Secondo le ultime analisi il Bel Paese si stanzia all’ultimo posto della classifica europea per il totale di persone che risultano essere disponibili a trovare un impiego, ma che non lo cercano attivamente. Se parliamo in numeri percentuali, questi soggetti inattivi per il nostro Paese corrispondono all’11 %. Leggi anche questo articolo a riguardo. 

Molto importante nel nostro Paese, inoltre, è la situazione dei NEETNeither in Employment or in Education or Training – i giovanissimi italiani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non seguono corsi di formazione e non lavorano (neanche in stage o tirocini). 

“Dei 3.047.000 NEET in Italia, ben 1,7 milioni sono donne. Il 25% delle ragazze con meno di 30 anni rientra nel gruppo e delle 8,6 milioni di donne in questa condizione in tutta Europa, un terzo appartiene all’Italia.”

Perché non cercano un impiego queste persone? La maggior parte di queste, infatti, compresi i NEET, è scoraggiata. È possibile che abbiano cercato attivamente un lavoro per molto tempo, ma che non siano state considerate, tanto da gettare la spugna. 

Altre, invece, non trovano un lavoro adatto a loro, in poche parole non si accontentano. Di cosa? Semplice: degli stipendi troppo bassi e della poca flessibilità dell’impiego. Altre ancora, invece, si sono adagiate sugli incentivi Statali, come il Reddito di Cittadinanza

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