Alla fine dello scorso anno, già la bozza della Legge di bilancio 2024 sembrava introdurre novità interessanti sui fringe benefit per i lavoratori dipendenti.
Ora arrivano i chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sulle nuove misure in materia di walfare aziendale. Con una circolare, infatti, le Entrate offrono informazioni e indicazioni sui benefici accessori forniti dal datore di lavoro al lavoratore dipendente oltre lo stipendio.
La circolare chiarisce anche che rientrano tra i fringe benefit le spese per l’affitto e gli interessi sul mutuo sull’abitazione principale del lavoratore, oltre alle somme per il pagamento delle utenze domestiche.
Ma cosa significa e quali sono i vantaggi per i lavoratori? Ecco una panoramica completa delle novità fiscali introdotte dalla Legge di bilancio e chiarite dall’Agenzia delle Entrate.
Cosa sono i fringe benefit
Quando si parla di fringe benefit, ci si riferisce a quei benefici accessori forniti da un datore di lavoro a un dipendente oltre allo stipendio base. Tra questi rientrano diversi beni o servizi. Alcuni esempi di fringe benefit includono:
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buoni pasto;
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buoni benzina;
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auto aziendali;
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spese di viaggio o di trasporto;
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spese di vitto e alloggio.
In sostanza, parliamo di benefici che hanno l’obiettivo di migliorare il benessere del lavoratore dipendente.
Novità sui fringe benefit: le nuove soglie
La novità principale introdotta dalla Legge di bilancio 2024 sta nella definizione di nuove soglie per il periodo d’imposta 2024. In particolare, i fringe benefit saranno esenti fino a un massimo di 1.000 euro.
Ciò significa che i benefici forniti sotto questa soglia non saranno soggetti a tassazione, per cui al lavoratore non sarà richiesto di pagare le tasse su di essi fino alla soglia stabilita.
Non solo, perché come ricorda l’Agenzia delle Entrate nella circolare del 7 marzo:
Tale limite è innalzato a euro 2.000 per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, previa dichiarazione al datore di lavoro di avervi diritto, con indicazione del codice fiscale dei figli.
Fringe benefit affitto: come funziona
Le nuove soglie per i fringe benefit non rappresentano l’unica novità introdotta dalla Legge di bilancio 2024.
All’interno di questi limiti, sono esenti anche i pagamenti o i rimborsi relativi alle bollette di gas, corrente e acqua, ma anche i pagamenti o i rimborsi delle spese per l’affitto della prima casa o gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
Come si legge nella circolare dell’Agenzia delle Entrate:
Tra le novità introdotte dalla norma in esame vi è la possibilità di agevolare, attraverso l’erogazione diretta o il rimborso delle somme, le «spese per l’affitto della prima casa» o quelle «per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa».
La circolare specifica che per “prima casa” si intende l'”abitazione principale” che dà diritto alle detrazioni fiscali secondo gli articoli 15 e 16 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che riguardano le detrazioni per interessi passivi sui mutui e per i canoni di locazione.
Inoltre, l’abitazione deve essere di proprietà dal dipendente o anche del coniuge o dei suoi familiari e deve rappresentare l’abitazione abituale.
Anche se il contratto è stipulato dal coniuge o da un altro familiare, le spese per l’affitto della casa o gli interessi sul mutuo sono rimborsabili se l’immobile è considerato abitazione principale.
Fringe benefit affitto e mutuo, ma non solo: altre indicazioni dall’Agenzia delle Entrate
Nella circolare del 7 marzo, l’Agenzia delle Entrate offre chiarimenti relativi al trattamento integrativo speciale per i lavoratori di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e quelli del settore del turismo.
Il trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, è pari al 15% e fa riferimento alle prestazioni rese dai lavoratori dipendenti (con reddito che non superino i 40.000 euro per il periodo di imposta 2023) nel periodo che va dal 1° gennaio 2024 al 30 giugno dello stesso anno.
Infine, l’Agenzia offre chiarimenti anche alle nuove misure fiscali relative al riscatto a fini pensionistici dei periodi non coperti da retribuzione.
In particolare, le novità riguardano coloro che sono iscritti presso una delle gestioni previdenziali gestite dall’INPS, che non hanno ancora una pensione e non hanno accumulato contributi previdenziali entro il 31 dicembre 1995, i quali possono riscattare i periodi lavorativi antecedenti alla legge di Bilancio, inclusi tra l’anno in cui hanno iniziato a versare contributi e quello in cui hanno smesso.
Il periodo che può essere riscattato non può superare i 5 anni, anche non continuativi. Inoltre, il dipendente può chiedere al suo datore di lavoro di pagare per il riscatto utilizzando i premi di produzione che gli spettano.
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