Quando posso andare in pensione? Sconvolgente verità per i nati dal 1965 al 1980  

Quando va in pensione la generazione X? Quando può andare in pensione chi ha tra 40 e 57 anni di età? Quando andranno in pensione i nati nel 1965?

L’INPS non si smentisce proponendo delle novità importanti per i nati nel periodo tra il 1965 e il 1980. Tutti coloro con un’età anagrafica vicina o prossima a 57 anni saranno catapultati in una forte verità. Raggiungere i 60 anni senza ottenere la pensione non è l’emblema di un Paese civile, né normale.

Nessuna considerazione per quanti vantano sulle spalle una carriera lavorativa lunga e piena. Nessuna pensione a 57 anni come ricompensa di una vita lavorativa travagliata, sudata e affaticata. Nessuna misura ordinaria che permetta un collocamento in quiescenza prima dei 67 anni di età.

Non tutti lo sanno, ma l’ordinamento previdenziale non contempla nessuna misura ordinaria che porti a un pensionamento prima dei 60 anni. Basti pensare, che la pensione di vecchiaia ordinaria scatta non prima di aver maturato i 67 anni, anzi c’è anche qualche lavoratore che deve attendere 71 anni di età, prima di ricevere un assegno previdenziale dall’INPS. 

Sfasato il mito della pensione per meritato riposo, specie per chi ha raggiunto 57 anni di età, in quanto per ottenere l’assegno previdenziale dall’INPS deve attendere almeno un altro decennio.

Un discorso che investe tanto la pensione di vecchiaia ordinaria quanto la pensione anticipata ordinaria. Nonostante, che per quest’ultimo trattamento occorrono condizioni diverse, la verità resta sempre la medesima, chi non è prossimo alla pensione con 41 e 42 anni e 10 mesi di contribuzione deve attendere tanti anni, forse anche troppi confinato sul posto di lavoro. 

Il rapporto dell’INPS sulla generazione X è apparso subito molto inquietante. Strappati i sogni, no la pensione per i nati tra il 1965 e il 1980. L’Istituto ha rilevato la presenza ingombrante di un buco contributivo quantificato in 15 anni. 

Purtroppo, questa non è la sola pessima notizia pubblicata nel XXI Rapporto annuale dell’Istituto. Esiste, una verità molto scomodo poco discussa, questo perché non sempre conviene parlare dell’assegno pensione ridotto all’osso. A mettere in chiaro più di un punto “scomodo” sui diversi aspetti previdenziale è stato proprio l’Istituto nella pubblicazione del rapporto annuale.  

Nel quale, pone in rilievo il faticoso futuro pensionistico per i nati tra il 1965 e il 1980, che pagheranno il prezzo della politica scellerata degli anni ’90. Un quadro politico che ha compromesso irreparabilmente la pensione futura di almeno 8,7 milioni di persone.

Uno scambio di vedute particolarmente accesso sulla flessibilità d’uscita e il calcolo dell’assegno pensione con il sistema contributivo.

L’ennesima questione italiana senza risposte o soluzione immediate. È inutile rimarcare che a pagare il prezzo saranno tutte le persone prossime ai 65 anni di età, a un passo dalla pensione. Questo, perché, il quadro catastrofico trova la sua collazione nel periodo compreso tra il 2030 e il 2045. 

In questo arco temporale tante persone si ritroveranno con un’anzianità contributiva di 30 versamenti reali, e contemporaneamente non proprio all’improvviso noteranno la presenza di un buco contributivo di 15 anni. Una situazione surreale a cui non si potrà porvi rimedio. 

Quando posso andare in pensione? La Generazione X rischia un mai 

Come sottolineato in più occasioni, le rivelazioni su una situazione pensionistica al collasso, sono emerse in seguito alla pubblicazione del XXI Rapporto annuale INPS.

L’Istituto è stato molto chiaro nello spiegare che i nati dal 1980 saranno costretti a un’ulteriore stretta, in sintesi, saranno messi nelle condizioni di dover sopportare ulteriori sacrifici lavorativi. Per loro, scattano ulteriore aumento degli anni lavorativi quantificato in + 3 anni, rispetto ai colleghi nati nel 1965.

Il discorso non cambia per le donne, anzi si imbruttisce di molto. Infatti, le donne nate nel 1980 dovranno restare sul posto di lavoro altri 5 anni e 8 mesi. In questo modo, verrebbe parificato il sistema previdenziale imponendo le medesime condizioni previste per gli uomini nati nel 1965. 

Un grossolano salvataggio potrebbe arrivare dal salario minimo, in quanto 9 euro quantificati su 40 anni di lavoro producono una pensione minima non inferiore a 750 euro mensili, più o meno il valore dell’attuale Reddito di cittadinanza. Tuttavia, nonostante, le buone intenzioni questa non è l’ancora per la generazione X. 

Secondo l’INPS a pagare il prezzo più amaro sono tutti i lavoratori investiti dalle riforme promosse negli anni ’90.

Infatti, lo studio prende in esame i lavoratori con una contribuzione presente al 1° gennaio 2020 o, comunque, dove sono presenti dei versamenti contributivi in questo periodo.

Per cui, il gioco ricade su coloro che sono stati inseriti nel mondo del lavoro da giovanissimi nel periodo tra 16 e 25 anni di età. L’INPS per formulare questa media ha individuato circa 8,7 mln, di cui 543.000 rappresenta la media corrispondente alla data di nascita. 

I nati nel 1968 rappresentano l’asse di sviluppo della stima previdenziale, ovvero i più numerosi, mentre la parte meno folta riguarda i nati nel 1980. In questo contesto, le lavoratrici si attestano alla misura al 45%.

Per cercare di riequilibrare il sistema previdenziale, è necessario mantenere la stabilità della spesa e, nello stesso tempo, promuovere dei correttivi che vadano a compensare riequilibrando la prestazione lavorativa rafforzando la crescita economica al fine di garantire un buon sistema di Welfare.

Interventi necessari non solo per garantire un reddito dignitoso, ma soprattutto, per ottenere un assegno pensione che risulti essere almeno equo. 

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