Eutanasia: sarà legale in Italia? 3 motivi per cui non lo è

La legge per la morte assistita approvata alla Camera con meno della metà dei deputati presenti. Rischia di arenarsi al senato. I motivi.

Si ricomincia a parlare di morte assistita in Italia.

Un tema vissuto come scabroso, quasi fosse coperto da una coltre di imbarazzo presso il nostro paese.

Non sappiamo se la colpa sia di un radicamento religioso troppo influente su quella che è la morale dello Stato laico.

Una morale trasmutata in moralismo miope, che va a soverchiare quello che oltre ad essere un delicato problema etico è anche una lacuna legislativa.

Se fosse così: si può essere bigotti di fronte al diritto di autodeterminazione dell’essere umano?

I dirigenti dell’Associazione Luca Coscioni non accettano che moralismo si interponga tra la ragione e l’approvazione di una legge assente:

“Occuperemo di nuovo le piazze perchè questo tema non passi nuovamente nel silenzio.”

come riportato da ilfattoquotidiano.it

Nelle culture arcaiche, la morte era vissuta come una condizione biologica di qualsiasi organismo vivente: se quell’organismo era in uno stato di eccessiva sofferenza e privato della propria coscienza, la morte veniva somministrata come atto di estrema misericordia.

A proposito di antropologia culturale, ricordiamo come in una tradizione ancora legata alla terra e poco incline ai dettami delle religioni monoteiste, fino al secolo scorso, l’eutanasia somministrata da un’anziana vestita di nero era una soluzione socialmente accettata. 

Ammantato di un silenzio carico di potenza, questo intervento era un rito misterico con cui i pastori salutavano i propri cari in un gesto di estrema pietà.

Sia ben inciso: era un gesto di vera carità ed empatia verso la persona amata e sofferente, costretta a letto senza la possibilità di ricevere cure.

Il contesto era quello di una geografia dispersiva, dove non sempre gli ospedali o i medici erano a portata di mano. 

Un contesto dove le vite degli uomini scorrevano con una lentezza e in uno stato di isolamento che la nostra società ha dimenticato.

Parliamo ovviamente della Sardegna, terra a quell’epoca pregna di un paganesimo contadino e scevra di grossi ostacoli intellettuali verso il trapasso.

Il riferimento è al romanzo “Accabadora” di Michela Murgia. 

Una trama che si srotola tra morte, maternità e vita in un contesto antico, ma a modo suo attuale.

“Nel momento dell’estrema debolezza, alcuni prediligono la fede al fatto di trasmutare la fragilità in forza.” 

Certo che una società come quella della Sardegna agli inizi del secolo scorso non può essere confrontata con la nostra, dove abbiamo accesso alle cure più avanzate.

Quello che colpisce è lo scarto tra due mentalità opposte: il fatto di vivere la morte con naturalezza, pur dolorosa, ma nella sua natura di fatto biologico, che si oppone a un accanimento terapeutico dove si mantiene in vita persone che quella vita l’hanno già persa.

E alle quali, al di là di tutto, non possiamo chiedere un’opinione, un atto decisionale verso il proprio destino.

Quindi la pietà dove risiede?

Nel prolungare la vita o nell’accorciare il dolore?

L’empatia sta nel fatto di sostenere un corpo pur privato dei suoi meccanismi essenziali o di dare a quel corpo la dignità di una fine depauperata da ogni sofferenza?

Sono domande a cui è difficile rispondere, ma verso le quali il nostro Paese dovrebbe fare una seria riflessione a livello normativo.

Oltre a comprendere fin che punto l’avanzamento scientifico coincide davvero col progresso.

“Va detto che si parla non di eutanasia vera e propria, ma di morte assistita, in quanto si permetterebbe a persone con patologie invalidanti e incurabili di decidere liberamente della propria sorte con supporto medico.”

leggiamo su huffingtonpost.it

Eutanasia: perchè non è ancora legale in Italia?

 La legge sulla morte assistita è stata approvata alla Camera il 14 Marzo scorso, anche se con una maggioranza un po’ tirata e con una presenza in aula di meno della metà dei deputati.

Il che significa che l’altra metà se n’è lavata le mani.

Peraltro, questa approvazione non significa che il suo percorso sia terminato:

“Diventa complesso parlarne, perchè il testo oggetto di approvazione è una sintesi di 9 proposte normative.”

leggiamo su salute.aduc.it

Se mai dovesse diventare esecutiva, essa sarebbe chiamata a colmare una lacuna normativa addebitabile a un’ordinanza emessa dalla Corte Costituzionale.

Non avremmo neanche fatto questo passo in avanti senza la forza di coloro che hanno notificato la propria ferma decisione e senza degli atti di insubordinazione alla norma vigente.

Non se ne parlerebbe neppure senza più di un milione di firmatari favorevoli alla morte volontari e medicalmente assistita al referendum.

Eppure quel referendum è stato bocciato dalla Corte Costituzionale, anche in seguito a fatti di cronaca che hanno suscitato scalpore e hanno avuto un peso sulla sensibilità collettiva.

Sarebbe come a dire: i cittadini sono pronti, le istituzioni no.

Eutanasia: la criticità del passaggio della legge al Senato

C’è una netta probabilità che la legge sull’eutanasia venga nuovamente insabbiata, come un fatto scomodo, imbarazzante, di cui si ha pudore a parlare.

E che la legge approvata galleggerà in eterno dentro le mura del senato, sulla scia del ddl Zan.

Non si capisce perchè, anche di fronte a una popolazione, quella italiana, che si è dimostrata aperta nei confronti della libertà decisionale di coloro che non saranno mai, in nessun caso, rimessi nella condizione di avere un’esistenza dignitosa.

Anche dopo aver deciso per una dubbia costituzionalità dell’art 580 del Codice Penale, che definisce sanzionabile ogni supporto al soggetto che vuole togliersi la vita, ogni tentativo di creare una norma completa in materia ha continuato a giacere nel silenzio del nostro Parlamento senza produrre alcun risultato.

Il dibattito quindi prosegue a tentoni: la Consulta tentenna verso la somministrazione della morte a un soggetto consenziente, nel pieno delle proprie facoltà mentali e in grado di esprimere questo desiderio, perchè in tal modo non sarebbe garantita la difesa dei più deboli.

Sembra ci sia un fraintendimento in termini alla base di tutto questo: chi è debole di corpo è debole anche di mente?

Può il dolore arrivare a piegare la volontà fino a che questa non sfoci in un desiderio di dipartita?

Sicuramente può. 

Ma quella volontà non dovrebbe tuttavia rimanere ignorata, se lucida e non indotta da altro che dall’impossibilità di condurre un’esistenza degna.

Eutanasia: la manifestazione dei favorevoli sulle piazze italiane

Per tentare di accelerare il passo su un provvedimento che, come tanti altri, da la sensazione di una sorta di arretratezza italiana in Europa, sono previste delle manifestazioni di piazza tra l’8 e il 10 aprile prossimo venturo.

L’eccessivo moralismo dello Stato italiano ha già sbarrato la strada a diverse norme, come quelle riguardanti le famiglie arcobaleno ad esempio, che altrove sono vissute come diritti godibili e normali.

Nel disegno attualmente approvato, peraltro, si escludono soggetti “non sostenuti da trattamenti di portata vitale” con particolare riferimento agli oncologici.

La richiesta dei manifestanti è che la legge abbia una nuova rilevanza presso il governo e che si tenga conto di una volontà popolare manifesta.

Inoltre, le associazioni pertinenti a queste tematiche stanno chiedendo a gran voce che i deputati in maggioranza favorevoli facciano uno sforzo in più per mettere in agenda una legge che viene vissuta come diritto fondamentale da molti pazienti in stato di sofferenza.

Che si tratti di un’urgenza, non di un orpello.

Peraltro le suddette associazioni, che con le terapie del dolore e con i malati terminali hanno un contatto quotidiano, e quindi il polso della situazione, vorrebbero ampliare la platea degli aventi diritto all’interruzione della propria condizione di indigenti senza speranza.

Questo per evitare assurde discriminazioni su chi, in condizioni estreme, possa decidere o no di interrompere il proprio calvario.

Eutanasia e l’importanza del diritto di scelta sulla propria vita: il caso Englaro

Una riflessione che ha creato il precedente su questa triste tematica è stata quella sul caso di Eluana Englaro, dal quale, con delicata intelligenza, il maestro del cinema italiano Marco Bellocchio a tratto ispirazione per il suo film dal titolo “Bella addormentata”.

Si capisce che anche solo discuterne provoca disagio, ma non possiamo fermarci di fronte al pudore negando il potere decisionale sulla propria esistenza a qualcun altro.

Eluana, sopravvissuta ad un incidente stradale ma costretta allo stato vegetativo, ha passato 17 anni in uno stato di paralisi, fino a che non le è stata somministrata la morte assistita tramite l’interruzione della nutrizione parenterale.

La sua storia fu fatta oggetto di un’interminabile decorso giudiziario dove la famiglia, addolorata, si è battuta per consentirle di lasciare questo mondo contro una giustizia nostrana gravata e resa ottusa da lacune normative sostituite al buon senso.

In questo modo la figura di Eluana è diventato il simbolo di una lotta politica e di una sensibilizzazione collettiva che ha compreso la necessità di regolamentare una questione così fondamentale come il diritto al decesso, ma non ha ancora prodotto gli esiti sperati.

Nel caso Englaro, l’istanza a lungo inascoltata della famiglia, ha trovato una sponda dopo aver percorso un iter estenuante perchè la magistratura ha riconosciuto l’impossibilità del recupero della coscienza della donna.

Come abbiamo già detto, tra eutanasia e morte assistita c’è una differenza fondamentale: la decisione del paziente.

Eluana, in quanto incosciente da 17 anni, non aveva la facoltà di decidere, hanno deciso per lei i famigliari, estenuati da un accanimento terapeutico che ha alimentato solo lo sconforto, invece della speranza.

Ma quando il paziente è lucido, pur sopraffatto dal dolore, perchè il suo potere decisionale non dovrebbe avere un peso?

Aspettiamo avanzamenti in merito, sperando che la giurisprudenza e il governo italiano si prendano in carico un provvedimento doveroso, per quanto complesso da definire.

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