Gas Adriatico: 3 motivi per cui l’Italia non lo sta usando

Nonostante la ricchezza dei giacimenti di gas nel mare Adriatico, ci sono 3 fattori che impediscono all'Italia di usarlo per calmierare le bollette.

In seguito alle sanzioni inflitte alla Russia, storica importatrice di gas in Europa e in Italia, grazie ad accordi pregressi e un tantino opachi tra Berlusconi e Putin (dinamiche che avevo illustrato in precedenza in questo articolo) il problema inerente al prezioso combustibile è sempre più urgente.

Mario Draghi fino ad oggi ha parlato di razionamenti, risparmio, di dover compiere una scelta tra la pace e i condizionatori accesi (quest’ultima una battuta alquanto superficiale, per usare un eufemismo) ha mandato Di Maio nel Qatar.

Con l’Unione Europea sono stati fatti piani d’acquisto e stoccaggio concordati con gli USA:

“Contratto da quindici miliardi di metri cubi di gas liquefatto per l’anno in corso, che dovranno elevarsi ai cinquanta miliardi concordati fino al 2030. I costi della materia prima saranno “consoni”, in cambio di una maggiore durata del reciproco impegno di fornitura e tra USA e UE.” 

leggiamo su open.online

Purtroppo, e nonostante l’impegno profuso dall’Italia e dalla UE, il gas liquido statunitense non basterà a colmare la lacuna lasciata dal gas siberiano.

Anche perchè rimane l’enorme problema delle infrastrutture, che si sta cercando di risolvere potenziando i rigassificatori già esistenti e acquistandone altri offshore.

Nel corso dello scorso week end è infatti iniziata la trasferta di Mario Draghi ad Algeri, dove si recato per concordate una fornitura di GNL anche nel Nord Africa, argomento che ha sviluppato la collega Sharon Zaffino in questo articolo su trend-online.com che cito testualmente:

“Il presidente  Abdelmadjid Tebboune e Draghi hanno concertato una fornitura da nove miliardi di metri cubi di gas per il Belpaese, quantitativi che andranno ad arricchire quelli di provenienza libica che corrisponderanno a nove o undici miliardi di metri cubi.”

Una domanda però è sorta nella mente di molte persone informate: l’Italia ha i suoi giacimenti di gas, precisamente nel mare Adriatico.

Come mai si cercano alternative altrove invece di sfruttare la materia prima nostrana?

“Per colpa di problemi burocratici, le due piattaforme costruite per estrarre il gas dai giacimenti adriatici non sono attive. Inoltre, dopo aver proibito la caccia ai nuovi giacimenti sui fondali marini nel 2010, è molto difficile ottenere i permessi per metterle a regime.”

leggiamo su ilpost.it

Vediamo per quali motivi i fondali del mar Adriatico, ricchi di giacimenti del prezioso combustibile, non vengono sfruttati come sarebbe logico pensare.

Gas Adriatico: ecco quali sono i dati sul potenziale di estrazione del gas italiano

Mediamente in Italia consumiamo 70 miliardi di metri cubi di gas in totale.

Come ci dice anche il MISE, Ministero dello Sviluppo Economico, la produzione di gas in Italia nel 2021 è stata pari a 3,5 miliardi di Smc.

Di questi, 1,48 miliardi di Smc è stato estratto onshore, in Basilicata, mentre dal mare ne estraiamo all’incirca 1,9 miliardi al metro cubo.

Dove si trovano le zone che rendono possibile l’accesso ai giacimenti di gas in Italia?

Le trivellazioni effettuate sin dai primi anni del ‘900 sono facilmente tracciabili e divise in zone, denominate da una lettera dell’alfabeto.

I giacimenti sono stati trovati sia nel nord che nell’adriatico centrale e meridionale, nel sud della Sicilia, nel Tirreno.

Di queste, le zone più fruttuose sono quelle relative all’Adriatico settentrionale e centrale: vi sono giacimenti ricchissimi di gas. Si stimano delle riserve accertate pari a 3,5 miliardi di metri cubi.

Complessivamente invece, le riserve italiane di gas si aggirano attorno ai 79 – 90 miliardi di metri cubi.

Sembrerebbero dunque sufficienti a coprire il fabbisogno nazionale.

Dunque, perchè non estraiamo? Per colpa di una legge.

Gas Adriatico: non viene sfruttato per un problema legale e uno geologico che riguarda la città di Venezia

Qual è il problema legale che impedisce o complica l’estrazione del gas nel mar Adriatico?

Per l’art 8 della legge 6 del 2008, numero 133.

Infatti, essa prevede il divieto di prospezione esplorazione e produzione di idrocarburi, soprattutto nelle acque del Golfo di Venezia.

Questa legge fa riferimento al rischio geologico di subsidenza, ovvero di un lento ma inesorabile abbassamento di un fondale marino o di una placca continentale. 

Si tratta di un fenomeno geologico naturale e consueto nella zona del Golfo di Venezia, per diversi fattori relativi alla conformazione argillosa del substrato, che per questo motivo è soggetto a compattazione.

La subsidenza è generata dalla compattazione. Quanto sta sprofondando quindi la zona relativa alle coste dell’Adriatico settentrionale? Si parla di circa 1 millimetro l’anno.

Purtroppo, nel corso del secolo scorso, l’estrazione dalle falde acquifere sotterranee di liquidi, tramite pompe, ha peggiorato il problema incrementando il potenziale di sprofondamento del fondale.

Quando la subsidenza si è fatta più evidente presentando indici di sprofondamento ammontanti ad alcuni centimetri, si è smesso completamente di pompare acqua.

Quindi, con l’estrazione di gas al largo dell’Adriatico, rischieremmo di perdere Venezia?

Assolutamente no: l’estrazione di gas, secondo ingegneri e geologi provoca fenomeni di subsidenza molo localizzati.

Trattandosi poi di minuscoli giacimenti al largo, il loro potenziale distruttivo sarebbe veramente risibile.

La legge a cui abbiamo fatto riferimento in questo paragrafo e che di fatto blocca l’estrazione del gas nostrano, sarebbe in tal modo basata su evidenze scientifiche?

Le motivazioni politiche, in fondo ci sono:

”Conveniamo sul fatto che il gas rappresenti la forma di energia più etica tra i fossili ma trivellare i fondali dell’alto Adriatico mette a repentaglio il futuro delle zone confinanti.” 

Così Legambiente reagisce all’idea di Scajola di utilizzare il gas Adriatico per sostenere l’approvvigionamento nazionale, come riportato da geograficamente.wordpress.com

Gas Adriatico: una produzione italiana di gas, richiederebbe tempistiche lunghissime. Ecco perchè.

Poniamo il caso che in un futuro prossimo, l’Italia, col collo serrato nella morsa del caro bollette, decidesse a livello governativo di utilizzare i giacimenti di gas Adriatico, cosa accadrebbe?

Quali scenari potrebbero prospettarsi?

La prima cosa da prendere in considerazione, sarebbe il fatto di estenuarsi in attese lunghissime: solo l’iter burocratico in tema di autorizzazioni è un’idea che spaventa, per non parlare dei tempi di eliminazione della legge e delle analisi sull’impatto ambientale.

Una stima di quanto tempo potrebbe passare tra la decisione di procedere e l’avvio di tutte le pratiche, si avvicina ai due anni e mezzo di decorso.

Senza tenere in considerazione le tempiste tecniche per la progettazione e la costruzione delle infrastrutture indispensabili sia per l’estrazione che per il trasporto.

Ad oggi, non abbiamo nulla di adeguato, le esplorazioni che hanno permesso il rinvenimento dei giacimenti sono state fatte a scopo di studio, non sono mai state edificate piattaforme da adibire alla produzione.

In pratica, ci vorrebbero complessivamente dai 4 ai 5 anni per poter usufruire del gas Adriatico.

Inoltre, bisogna anche contemplare i tempi di estrazione: questa infatti è distribuita nel tempo, in modo da permettere il trasporto e lo stoccaggio del gas.

Per prassi si estraggono dai cinque ai sette miliardi di metri cubi all’anno, per poi accumularli nel corso di dieci, quindici anni: considerando il fabbisogno nazionale annuo complessivo di 70 miliardi di metri cubi, si capisce che queste forniture di gas autoprodotto non sarebbero comunque disponibili da subito.

La produzione interna di oggi sarebbe incrementata solo del 5/10%.

Una percentuale davvero bassa se si pensa di giustificare con essa un improbabile calo dei costi del gas.

Gas Adriatico: una produzione italiana di gas, non garantirebbe davvero la diminuzione dei prezzi del metano

Alla luce di quanto detto fino ad ora, risultano comprensibili le motivazioni per cui l’estrazione di gas Adriatico non sarebbe la panacea ai costi vertiginosi che l’Italia sta sostenendo in termini di bollette.

Ricordiamo inoltre che il prezzo del metano è qualcosa di inscindibile dalle le dinamiche geopolitiche internazionali.

Aspettarsi una riduzione drastica dei costi del gas sarebbe quindi perlomeno utopico, soprattutto a causa dello scarso incremento produttivo previsto.

I benefici dello sfruttamento i gas Adriatico dunque non sarebbero di tipo economico.

Ci sarebbero dei vantaggi di tipo economico/ambientale, poichè l’estrazione nel mar adriatico sarebbe meno impattante di quella Russa, che deve attraversare migliaia di chilometri per arrivare nei Paesi di destinazione.

Insomma, ragionando in termini di chilometro zero, il giovamento al pianeta terra salta sempre all’occhio.

Interessante sarebbe anche la possibilità di aumentare i posti di lavoro, con figure professionali formate per gestire i giacimenti e le relative infrastrutture.

E se l’Italia ha un disperato bisogno di abbassare le bollette, in questo momento storico, ha un ancor più critico bisogno di lavoro.

Pur non essendo un rimedio sul breve termine, l’estrazione del gas nell’Adriatico, se eseguita nel pieno rispetto dell’ecosistema circostante, potrebbe essere una mossa positiva per l’Italia.

Ma ora, in un momento di terribile urgenza, abbiamo bisogno di rimedi più rapidi.

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