Vladimir Putin è davvero malato? Cosa accadrebbe se dovesse lasciare il comando

In molti reputano possibile un aggravarsi delle condizioni di salute di Putin. Ecco cosa potrebbe accadere in caso di dimissioni dello zar.

Di una malattia incurabile o terminale di Vladimir Putin si è iniziato a parlare immediatamente dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina e nel corso dei mesi le voci si sono moltiplicate, prospettando scenari anche piuttosto fantasiosi al riguardo.

Tuttavia, l’ultimo report dei servizi segreti danesi sembrerebbe in parte confermare queste teorie, e mettere in dubbio la rielezione di Putin, per cui il 2023 potrebbe essere l’ultimo anno al potere.

Nel caso questo scenerio, in cui un Putin gravemente malato sia costretto a lasciare il trono, si verificasse, i candidati alla successione non mancano, ma è molto dubbio quale effetto ciò potrebbe avere sul corso della guerra.

Vladimir Putin sarebbe un malato cronico secondo le spie danesi

Il report delle spie danesi presenti in Russia non parla di un male incurabile, come si era sospettato all’inizio dell’invasione Ucraina (quando qualcuno aveva persino ipotizzato che tutta la guerra non fosse che il frutto di un’alterazione mentale dovuta ai farmaci).

Piuttosto, gli 007 danesi dipingono il quadro di un uomo affetto da dolori cronici, che spiegherebbero la sua difficoltà a rimanere a lungo a piedi e la sua tendenza a stringere fortemente oggetti e sedie.

Putin soffrirebbe quindi le conseguenze di una grave caduta da cavallo verificatasi negli anni Duemila, ma anche quelle degli allenamenti di judo e di hockey.

Alcune voci vicine al Cremlino riferiscono anche di una recente caduta dalle scale che potrebbe aver aggravato la situazione. Putin ha inoltre ricordato una volta i fortissimi dolori alla schiena patiti dal padre, che potrebbero ora far pensare a una predisposizione ereditaria, come anche a una neoplasia al midollo spinale.

Durante il discorso di fine anno, Putin avrebbe inoltre faticato a parlare, interrompendosi di continuo per una tosse insistente e raschiante, che unita ad una fotofrafia durante un incontro autunnale, in cui sembrava di riconscere un impianto intravenoso per iniettare farmaci, sembrano confermare queste ipotesi.

Secondo quanto riportato da alcune fonti russe, inoltre, il presidente sarebbe stato in cura per una forma di cancro poco prima dell’invasione ucraina, e al momento continuerebbe a prendere numerosi farmaci per sostenere il peso degli eventi pubblici (anche se non manca chi ha ipotizzato anche la presenza di un sosia).

Ovviamente tutte queste speculazioni vengono svolte da lontano, e lo stato reale di salute dello zar è avvolto da grande segretezza. Tuttavia, il report danese sembra per la prima volta provare una base di verità in queste ipotesi.

Leggi anche: Putin che uomo è? La descrizione di chi lo conosce veramente

Generali e tecnocrati: i (possibili) successori dello zar

L’intelligence danese esclude che Putin possa morire, in tempi brevi, a causa di queste patologie croniche, ma allo stesso tempo, considerando anche la situazione di emergenza geopolitica in cui è precipitata la Russia nell’ultimo anno, è molto probabile che l’élite russa possa spingere per un cambio di regime.

Putin, infatti, a lungo andare non sarebbe più in grado di assicurare alla Russia quell’immagine di forza e potenza che è ancora presente fra i principali valori russi, ed è la prima caratteristica di un capo.

Non si può nemmeno escludere che un incremento dei dolori cronici renderebbe fisicamente molto difficile per Putin gestire con profitto la guerra e lo scacchiere internazionale, rendendo impellente una sua sostituzione.

Fra i grandi oligarchi molto vicini allo zar, non mancano i possibili candidati per una successione.

Il primo nome a circolare fra la stampa indipendente russa è stato quello di Ramzan Kadyrov, detto “il mastino di Putin”. Kadyrov è al momento a capo della Cecenia, territorio devastato dai conflitti che Kadyrov governa come un vero e propro feudo.

Kadyrov ha dalla sua la presenza di un esercito privato, che molto ha contribuito all’offensiva russa in Ucraina. Si tratta di un personaggio estremamente ricco e potente, vicinissimo a Putin e a favore della guerra, per cui è scontato che con il suo insediamento al potere la guerra continuerebbe a lungo e con maggiore intensità.

Un altro personaggio a godere di una considerevole milizia privata e di fondi cospicui, oltre ad essere un noto amico di Putin, è il suo cosiddetto “chef”, Prigozhin.

Si tratta di un ex mercenario a capo di diverse agenzie di catering e ristoranti, ma soprattutto il capo di Wagner. Wagner è stata la milizia privata più potente impiegata nella guerra in Ucraina, responsabile di alcuni degli eccidi più violenti verificatisi negli ultimi mesi.

Dopo una fase in cui Prigozhin ha eluso il suo legame con la milizia, recentemente ha assunto il ruolo di generale a viso aperto, rivendicandone i successi. Nonostante si tratti di un personaggio estremamente controverso, non è da escludere una sua scalata al potere, sfruttando la guerra in corso.

Un altro nome molto chiacchierato è infine quello di Aleksej Gennad’evič Djumin, governatore di Tula e l’uomo a cui Putin nel 2014 ha affidato l’invasione della Crimea. Suo fedelissimo, il suo profilo da politico più tradizionale lo mette in posizione di grande favore.

Tra gli altri, non si possono non nominare Michail Mishustin, attuale primo ministro e il sindaco di Mosca Serghej Sobjanin. Il grande problema di questi due influenti personaggi è legato al carisma: entrambi molto freddi, non sono particolarmente amati in Russia.

Fra i membri di altri partiti, gli unici due nomi abbastanza noti sono quello di Navalny, che però potrebbe essere ormai visto come troppo vicino all’occidente, e del ministro della difesa, Shojgu.

Tuttavia, dato che Putin avrà verosimilmente il tempo di organizzare la sua successione senza troppi traumi per la Russia, è molto probabile che sarà in grado di orientare la scelta (anche grazie al sostegno che potrebbe offrire grazie al suo immenso patrimonio, che ne fa forse l’uomo più ricco del mondo), per cui è difficile che riuscirà a imporsi un membro dell’opposizione.

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