L’INPS sostiene le casalinghe sposate e non con un assegno mensile! Non è la reversibilità

Quando va in pensione una casalinga? Dalla pensione casalinghe alla pensione ordinaria, quando è possibile e per chi? I contributi volontari per la pensione.

Le casalinghe sposate e non possono richiedere diverse prestazioni economiche previdenziali. A dirlo è l’INPS che permette alle mogli “casalinghe” iscritte al Fondo di ricevere un sostegno economico mensile, se occupate attivamente nell’intera gestione della casa e del benessere familiare e non solo. Esistono diversi aspetti da valutare complessivamente nel quadro previdenziale che spesso vengono omessi. 

È, importane, sapere che la prima istituzione a favore delle donne casalinghe è arrivata con la legge n. 493/1999 con la creazione dell’apposito Fondo casalinghe. Un istituto che permette un’iscrizione già dai 16 anni a fonte di un versamento volontario mensile simbolico del valore di circa 25,82 euro.

Ed è questo uno degli aspetti da valutare attentamente, senza tralasciare le possibili condizioni che permettono di raggiungere la pensione ordinaria. 

La legge tutela le casalinghe che hanno lasciato il lavoro o non hanno mai lavorato per occuparsi della cura della casa, permettendo comunque l’accesso a un pensionamento, se risultano i contributi versati nell’apposito Fondo o in alternativa avvalendosi di altri strumenti previdenziali se è presente un’anzianità contributiva abbinata ad altre condizioni. 

Ciò che va detto, è che tutte le donne o gli uomini possono aderire al Fondo casalinghe. Peraltro, in sintesi vanno sempre ricordati i diritti delle donne nel contesto del matrimonio civile, oltre alla possibilità di ricevere la reversibilità della pensione in caso di decesso del coniuge titolare del trattamento previdenziale.

Non un discorso riduttivo, ma l’importanza degli aspetti civili estesi anche alla convivenza secondo il principio more uxorio, sancito nella legge n. 76/2016, più conosciuta come la Legge Cirinnà, nella quale viene posta in rilievo l’uguaglianza tra le coppie di fatto e quelle sposate, se è presente l’impegno formale registrato presso l’Anagrafe del comune di appartenenza. 

Dalla pensione casalinghe alla pensione ordinaria, quando è possibile e per chi?

Le casalinghe possono andare in pensione a 57 anni di età, se iscritte al Fondo da più di 35 anni, in cui risultino regolarmente tutti gli accrediti versati, ammesse le donne anche in presenza di un’attività lavorativa di non oltre 24 ore settimanali. Il vero problema è che il trattamento economico non è assimilabile alla pensione sociale, se l’importo non risulta più alto del 20%. 

La pensione ordinaria di vecchiaia si raggiunge con 20 anni di contributi, ma non tutti riescono a maturare tale valore. In un contesto previdenziale sempre più difficile da comprendere, è palese che esistono delle circostanze che non permettono un trattamento economico previdenziale prima dei 71 anni di età. 

A questo punto, diventa indispensabile capire i diversi fattori che possono influenzare la pensione futura, per poter scegliere se optare per l’iscrizione al Fondo casalinghe o incrementare l’aspetto contributivo volontario da lavoro già esistente innescando altri meccanismi. 

L’INPS sostiene le casalinghe sposate e non: scopri subito se puoi ottenere l’assegno mensile

Prima di capire i diversi aspetti legati alla contribuzione volontaria da lavoro occorrono due precisazioni. L’INPS ammette la contribuzione volontaria per raggiungere la pensione o aumentarne l’importo. Diverso è il discorso delle casalinghe iscritte al Fondo casalinghe in cui versano la quota minima di contribuzione.

L’INPS considera i contributi volontari come una forma di continuità nei versamenti, necessaria a raggiungere la pensione. Ecco, perché, spesso le casalinghe che vantano una breve carriera lavorativa possono agganciarsi a questo sistema per perfezionare i requisiti di accesso di un trattamento economico previdenziale ordinario. Un discorso sposato anche per il raggiungimento del criterio contributivo previsto per la pensione di vecchiaia. 

Nello stesso tempo, va considerato che per la contribuzione volontaria esiste un vincolo da rispettare. La normativa prevede la presenza di requisito contributivo minimo di cinque anni, di cui l’ultimo triennio accreditato nell’ultimo quinquennio che precede la richiesta dei versamenti volontari.

Occorre, sottolineare, che le due forme di contribuzione volontaria non sono assimilabili o cumulabili tra loro,  in quanto la prima prosecuzione dei versamenti volontari ha una natura legata al lavoro, mentre il Fondo è un’istituzione per le donne casalinghe.

Quando conviene alle casalinghe versare i contributi volontari per ottenere la pensione INPS?

Versare una contribuzione volontaria significa attivare un meccanismo che pesa nel bilancio familiare, questo perché la casalinga si impegna a versare un’aliquota contributiva nella misura del 33%.  

Un discorso valutabile, se mancano pochi anni alla pensione, come ad esempio se la casalinga possiede un montante contributivo di 15 anni, che non permettono il rilascio di alcun trattamento previdenziale ordinario. 

Occorre, considerare, che l’adesione a un piano di contribuzione volontaria potrebbe risultare una buona opzione, forse anche ottima sotto il profilo pensionistico. In questo caso, si tratterebbe addirittura di uno strumento necessario per maturare l’anzianità contributiva di 20 anni. Una condizione che permetterebbe di utilizzare la pensione di vecchiaia per collocarsi in quiescenza. 

D’altra parte, esiste anche l’opzione contributiva anticipata che permette alle casalinghe un pensionamento a 64 anni di età, se perfezionati 20 anni di contribuzione. Un’ipotesi fattibile per coloro che hanno iniziato una carriera lavorativa successiva al 31 dicembre 1995.

Tuttavia, bisogna considerare il limite necessario per il trattamento previdenziale, ovvero se la contribuzione volontaria permette d’incamerare la condizione normativa necessaria al rilascio di un assegno pensione maggiore di 2,8 volte il trattamento minimo. 

Ricordiamo, infine che spesso i versamenti volontari vengono utilizzati dalle casalinghe per ottenere un trattamento economico previdenziale che in altro modo non sarebbe fruibile.

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