Pensioni, c’è chi rischia di perdere la certificazione INPS, se non sta attento a questo

Pensione ecco cosa cambia per APE Sociale e Quota 41 nella proroga del certificato del diritto. Chi rischia di perdere i requisiti per andare in pensione.

L’INPS per alcune formule previdenziali richiede la certificazione per andare in pensione, non un documento qualsiasi, ma addirittura un atto obbligatorio per il rilascio di un trattamento economico previdenziale. Non è un controllo della situazione contributiva, ma si tratta di verificare se il richiedente ha acquisito il diritto all’uscita anticipata dal mondo lavorativo. 

Ecco, perché i lavoratori che intendono attivare un prepensionamento con Ape sociale devono prestare particolarmente attenzione alla certificazione del diritto alla pensione. 

In linea generale, questo discorso viene affrontato prima della richiesta di pensionamento, ovvero ancor prima di presentare la domanda per andare in pensione.

In sostanza, il lavoratore richiede la presenza del documento di prepensionamento una formula propedeutica che anticipa il discorso relativo alla richiesta del rilascio del trattamento economico previdenziale spettante.  Esistono delle anomalie di procedura da considerare attentamente che possono inficiare la richiesta di pensionamento. 

A titolo di esempio, un lavoratore che rientra nella categoria di lavoro usuranti può trovarsi nella condizione di dover richiedere il certificato di prepensionamento molto prima del soddisfacimento dei requisiti necessari per il rilascio della pensione per cui si richiede l’accesso.  Ed, è possibile, che debba presentare la certificazione del diritto a pensione anche due volte, se vengono a mancare delle specifiche condizioni disposte dalla normativa vigente. 

In merito a questo problema, rispondiamo alla richiesta di Chiara che nutre forti dubbi sul rinnovo della misura di pensionamento per il 2023 e teme di non riuscire a presentare la domanda per l’anticipo pensionistico nel 2024. Si trova nella condizione della doppia richiesta di certificazione del diritto alla pensione, una questione affrontata nel paragrafo successivo. 

Pensioni, c’è chi rischia di perdere la certificazione INPS, se non sta attento a questo

Rispondiamo alla domanda di Chiara e di un altro lettore anonimo, che si chiedono:

“Buongiorno mi chiamo Chiara scrivo da Milano, ho 63 anni e maturato 33 anni contributi certi, vorrei alcuni chiarimenti in merito all’anticipo pensionistico. Mi spiego meglio, nel 2021 rientrando nei requisiti dell’Ape sociale come caregiver per l’assistenza a mia figlia disabile, ho presentato all’INPS regolare richiesta del rilascio del diritto alla pensione.

L’INPS ha accolto la richiesta e dato esito positivo. Poi, facendomi due conti ho capito che sarebbe più vantaggioso aspettare il 2024, per cui non ho presentato la domanda successiva per andare in pensione”.

Ora, visto i cambiamenti in corso ho paura che la misura non venga rinnovata nel 2023 o che cambino i requisiti. Temo di non poter più richiedere la pensione con Ape sociale, per questo ho richiesto informazioni all’INPS, mi hanno risposto che la richiesta del diritto a pensione presentata anni fa non è più valida. Sono in preda a uno sconforto totale ho paura di essere tagliata fuori, cosa posso fare? Certa di una risposta, cordialmente la saluto.”

La questione potrebbe apparire semplice, ma purtroppo così non è. La misura per cui la lettrice ha richiesto il rilascio della certificazione del diritto viene definita anticipo pensionistico Ape sociale e come la misura Quota 41 per i lavoratori usuranti (attualmente a regime con le regole ordinarie) prevede il rilascio della prestazione economica previdenziale in seguito della presenza dei requisiti. 

In particolare, prevede la presenza di una specifica età anagrafica e la copertura di un montante contributivo. A questi criteri vengono aggiunte altre condizioni che completano il quadro delle caratteristiche di accesso alla misura. 

Pensione, cosa cambia per chi deve riprodurre la certificazione del diritto

La richiesta del certificato del diritto è un atto indispensabile per poter passare allo step successivo, ovvero quello di presentazione della domanda di pensione

Ciò che va detto, è che dal rilascio della certificazione del diritto alla richiesta di pensionamento può passare un periodo temporale più o meno lungo di tre mesi o addirittura in alcuni casi si parla di anni di attesa. 

A titolo di esempio, il lavoratore impiegato in attività usurante che matura un’età di 61 anni e 7 mesi e prevede di raggiungere il requisito contributivo di 35 anni necessari per l’accesso alla misura, deve considerare di presentare la richiesta della certificazione del diritto entro cinque mesi dell’anno 2023, ovvero nel periodo di maggio. 

Anche in questo caso, il richiedente pur presentando la richiesta del rilascio del certificato del diritto alla pensione nei termini, nel 2024 si può trovare nella condizione di voler spostare l’asticella d’uscita non proseguendo nel completamento della documentazione necessaria per il rilascio della pensione. Ciò significa che il certificato del diritto alla pensione non viene più ritenuto un atto valido ai fini pensionistici. 

Pensioni, quando posticipare l’uscita fa perdere i requisiti

Il vero problema, è il tempo che il lavoratore perde nel dover ripresentare nuovamente l’infasciamento per richiedere il medesimo diritto acquisito anni prima. Intanto, non tutti sono a conoscenza di questa particolarità, quindi non sanno di dover essere obbligati alla richiesta di riproduzione del certificato del diritto alla pensione. 

Peraltro, a slittare non è solo la richiesta della certificazione del diritto, ma in alcuni casi anche l’idoneità della posizione di caregiver. 

Intanto, l’anticipo pensionistico Ape sociale prevede per i caregiver lo svolgimento di un periodo di assistenza del familiare disabile, nel caso della lettrice della figlia disabile di un periodo minimo di sei mesi alla richiesta di pensionamento. Alla luce delle considerazioni innanzi descritte, la lettrice si trova nella condizione di dover ripresentare la richiesta del certificato di diritto e quella dello status di caregiver. 

Identica situazione per il lettore che svolge mansioni usuranti, in quanto la normativa vigente prevede che l’attività sia esercitata in un periodo minimo di sette anni su 10, oppure, svolta su un intervallo di sei anni sugli ultimi sette. 

Detto ciò, il problema potrebbe essere molto più grave, in quanto posticipando l’uscita al 2024 i lettori potrebbero anche non trovarsi nei requisiti necessari per il rilascio del trattamento economico previdenziale. 

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