Mutuo a tasso variabile, perché oggi rimane più conveniente rispetto a quello fisso

Sembra assurdo, ma scegliere oggi un mutuo a tasso variabile può essere conveniente. Il perché è semplice: basta averlo a queste condizioni.

Può essere folle dire una cosa del genere, ma anche in un momento come questo, scegliere un mutuo a tasso variabile può essere ancora conveniente.

E questo nonostante l’aumento dei tassi negli ultimi mesi, e il rincaro nella rata del mutuo sia a tasso fisso sia a tasso variabile (soprattutto per quest’ultimo).

Ma la convenienza non è nel tipo di tasso, ma nelle condizionalità con cui lo si sottoscrive. A certe condizioni, il tasso variabile rimane comunque più conveniente.

Anche in un momento come questo, con la giusta strategia, si può portare a casa una rata di tutto rispetto. Ma serve appunto una giusta strategia.

Perché oggi conviene il mutuo a tasso variabile e non quello fisso

Partiamo col fatto che per tutti i mutui i tempi sono duri. Siamo al 10° aumento dei tassi BCE da luglio 2022: l’Euribor trimestrale arrivato al 4% e l’Eurirs ventennale veleggia attorno al 3,2%.

A causa di questa discrepanza tra indici, in caso di finanziamenti da 140mila euro, la differenza nel ventennale è di 55 euro tra rata da fisso ad una da variabile, e addirittura di 71 euro se il mutuo è trentennale.

Teoricamente il fisso, visti i costi odierni, ti fa risparmiare. Ed è così, ma solo fin quando i tassi variabili rimangono alti.

Con l’ipotesi sempre più realistica di raggiungere un picco entro dicembre, nel lungo periodo la rata comincerà a scendere, fino a tornare ad essere pari a quella del fisso.

E addirittura inferiore, come è stata nel decennio precedente, quando le offerte del mutuo a tasso variabile ruotavano intorno allo 0,63%, rispetto all’1% del fisso.

Inoltre, come già accennato, il segreto di un buon mutuo a tasso variabile è soprattutto nelle condizionalità.

Anche se variabile, non significa che non si possa mantenere un tasso flessibile nel lungo periodo. Quando si stipula un mutuo del genere, la banca può proporti due soluzioni:

  • un tetto massimo al tasso d’interesse (cap);

  • una rata costante con dilazionamento;

  • una soluzione mista.

La prima permette di conoscere in anticipo il valore potenzialmente più alto della rata, mettendo una sorta di guarentigia alla rata massima rimborsabile, così da non danneggiare il potere di rimborso del mutuatario.

La seconda definisce anticipatamente il valore delle rate, che saranno quindi costanti nel tempo. Sarà invece quest’ultimo a cambiare: nel caso di un aumento dei tassi, si potrà dunque procedere al dilazionamento (es. da 30 a 40 anni).

La terza consente al mutuatario di cambiare dal tasso fisso al tasso variabile o viceversa. Come opzione non sempre però è applicabile, perché la banca introduce delle finestre temporali d’accesso, accessibili in via molto limitata.

Ma già con queste soluzioni, il mutuo variabile sarà come il fisso, e col vantaggio che in caso di abbassamento dell’Euribor, andrai a pagare in futuro una rata più contenuta.

Quando si abbasseranno i mutui a tasso variabile

La domanda che rimane è: quando si abbasseranno? È una domanda difficile da rispondere, se non con ottimismo o con pessimismo.

Ottimisticamente parlando, la BCE parla di un picco sui mutui ormai vicino, anche perché siamo ormai a 450 punti di aumento per l’Euribor da inizio 2022, con la componente dell’interesse sulla rata aumentata di 9 volte.

Dopo la tregua, la BCE potrebbe procedere ad un taglio progressivo, in modo da riequilibrare il mercato e al tempo stesso evitare che l’inflazione ritorni in maniera preponderante. Sarà un processo lungo, ma non eterno: da qui, la speranza di tornare a tassi precedenti il 2022.

Se però prevale la linea pessimistica, il rischio è di trovarsi con un’inflazione che invece di scendere torna a salire, forse per via di aumenti nel settore energetico.

Così facendo la BCE non potrà proporre una tregua, ma anzi continuare la battaglia contro l’inflazione, a colpi di rialzi. Questo dipenderà dall’andamento dei prossimi mesi, che potrebbero decidere sul destino di tutti coloro che ancora tengono il variabile nonostante tutto.

Parliamo del 27% dei mutuatari oggi in Italia, secondo l’ultimo bollettino Abi: più o meno 1 persona su 4 lo trova ancora conveniente, nonostante l’accesso agevolato alle surroghe proposto a inizio anno con la Manovra di Bilancio.

Cosa valutare prima di scegliere un mutuo

La scelta di un mutuo deve comunque basarsi su delle certezze, in questo caso finanziarie. Che sia un fisso o variabile, il mutuatario deve avere sempre le spalle coperte dal punto di vista finanziario. L’obiettivo rimane sempre quello: non indebitarsi al limite delle proprie possibilità di rimborso.

Per questo la prima cosa da valutare è il proprio reddito: se si è autonomi o con salario fisso, meglio la rata costante, per evitare che un giorno manchi il lavoro. Se il reddito rimane alto o ci sono ottime certezze su un aumento, il variabile può essere conveniente, perché potrai permetterti anche i rincari.

Altro aspetto è anche l’ipotesi di rimborso anticipato. A parte la questione degli indennizzi, la banca non può imporsi sulla tua richiesta di chiudere prima un mutuo, ovviamente al netto degli interessi. In questo caso, il tasso fisso diventa uno spreco di soldi, perché ti ritroverai a pagare una tutela a lungo termine inutile.

Per finire, anche la durata del mutuo è decisiva nella valutazione. In genere, finanziamenti con durata inferiore a 15 anni sono la scelta ideale per chi vuole optare per il tasso variabile. Sono i classici mutui per chi vuole comprare una casa da ristrutturare, e non una nuova.

Anche in caso di rialzi, l’aumento interesserebbe solo una quota capitale minima: il resto sarebbe già stato restituito durante i primi anni. Di contro, se si opta per mutui trentennali o addirittura quarantennali, meglio un tasso fisso. Così da non avere brutte sorprese.

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