Buoni fruttiferi postali: qual è la tassazione applicata e quali sono le esenzioni

I piccoli risparmiatori devono conoscere qual è la tassazione applicata sui buoni fruttiferi postali (Bft) e quando non si paga l'imposta di bollo.

I buoni fruttiferi postali sono strumenti di investimento offerti dalle Poste Italiane. Tramite questo strumento, i risparmiatori possono ottenere un rendimento sui propri investimenti.

Un tempo erano un più che valido strumento di risparmio, con tassi di interesse molto alti. Invece, oggi molto meno, ma comunque permettono un buon risparmio e una buona forma di investimento, soprattutto sicura.

Si tratta, in ogni caso, di uno strumento ancora molto utilizzato dai cittadini. Infatti, nonostante i tassi meno interessanti rispetto al passato, continua la sottoscrizione dei Bft da parte dei piccoli risparmiatori italiani.

I rendimenti derivanti dai buoni fruttiferi postali sono soggetti a tassazione, in base al Decreto legislativo n. 239/1996.

Quali tasse si pagano sui buoni fruttiferi postali

I buoni fruttiferi postali (Bft) sono strumenti di investimento del risparmio che sono soggetti a regole fiscali particolari.

La tassazione ai quali sono soggetti i Bft è del 12,50%, così come i titoli di Stato. Ad incidere sui buoni c’è anche l’imposta di bollo dello 0,2%, che rappresenta un onere non indifferente, anche se viene applicata solo al superamento di una determinata soglia.

I rendimenti derivanti dai buoni fruttiferi postali sono soggetti a tassazione ai sensi del Decreto legislativo n. 239/1996. L’imposta sostitutiva viene calcolata sul rendimento effettivo dei buoni fruttiferi postali, ovvero sull’importo degli interessi maturati nel tempo, ma non si applica alcuna imposta sul capitale investito originale.

Tuttavia, bisogna considerare che, a differenza di molti altri strumenti finanziari su quali grava la tassazione del 26%, investire nei buoni potrebbe essere molto più vantaggioso, in quanto sono soggetti a tassazione inferiore.

Un ultimo aspetto riguarda l’imposta di successione. I buoni non sono cedibili, a meno che non vengano trasferiti nella successione ereditaria, a causa di morte del titolare o per cause che determinano successione a titolo universale. Gli eredi, quindi, hanno il diritto di chiedere il rimborso dei buoni senza il bisogno di indicarli nella dichiarazione di successione.

In definitiva, si tratta di strumenti non compresi nell’attivo ereditario e, di conseguenza, il loro valore è esente dall’imposta di successione.

Quando si paga l’imposta di bollo sui buoni fruttiferi postali

Chi investe nei buoni fruttiferi postali deve sapere che è anche soggetto al pagamento di un’imposta di bollo, la quale rappresenta un onere fiscale.

A partire dal 2014, al posto dell’imposta pari a 34,20 euro è stata sostituita l’imposta pari al 0,2% dell’importo investito. Infatti, viene applicata sulla somma detenuta come investimento superiore a 5000 euro, sotto i quali vige l’esenzione.

L’imposta si calcola il 31 dicembre di ogni anno di vita del prodotto, ma viene accantonata e addebitata una volta l’anno oppure alla chiusura del rapporto.

Come non pagare l’imposta di bollo sui buoni fruttiferi postali

Dal 1° gennaio 2019, sia sui titoli dematerializzati che su quelli cartacei deve essere pagata l’imposta di bollo sulla somma del valore di rimborso di tutti i buoni che hanno la stessa intestazione.

Possiamo fare l’esempio di un buono cartaceo del valore di 6000 euro emesso prima del 1° gennaio 2009. L’imposta di bollo dello 0,2% si calcola in maniera proporzionale sul valore nominale del singolo titolo senza tenere in considerazione la soglia di esenzione di 5000 euro.

Per evitare di pagare l’imposta di bollo sui buoni fruttiferi postali, si deve mantenere il valore di rimborso al di sotto dei 5000 euro, ma solo e unicamente per i titoli che sono stati emessi dopo il 2009.

Chi non paga le tasse sui buoni fruttiferi

Anche nel caso dei buoni, è previsto un regime di esenzione fiscale. Sono determinate categorie di contribuenti che possono essere esonerati dal pagamento dell’imposta sostitutiva.

L’esenzione viene applicata ai residenti all’estero che risiedono in uno Stato che assicura un adeguato scambio di informazioni con l’Italia. Il solo requisito da rispettare è quello di essere residenti all’estero al momento dell’emissione del buono.

L’articolo 6 del Decreto legislativo n. 239/1996 prevede la non imponibilità per gli interessi maturati, sui premi e anche su altri frutti delle obbligazioni.

La stessa Agenzia delle entrate ha fornito i chiarimenti necessari, rispondendo all’interpello n. 109/2021. In questo caso, l’accesso all’esenzione era stato negato perché il percettore residente all’estero fosse residente in Italia al momento dell’emissione.

Gli interessi dei buoni per i non residenti non godono di esenzione neppure se il titolo è cointestato con un residente.

Per completezza di informazioni, dobbiamo chiarire che per ottenere l’esenzione è necessaria un’apposita procedura formale. In questo modo, il risparmiatore otterrà la certificazione necessaria attestante la residenza fiscale all’estero e il rispetto di tutte le condizioni previste dalla normativa.

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Sara Bellanza
Sara Bellanza
Aspirante storica contemporaneista, classe 1995.Amante della lettura e della scrittura sin dalla tenera età, ho una laurea triennale in Filosofia e Storia e una laurea magistrale in Scienze Storiche, conseguite entrambe presso l’Università della Calabria. Sono autrice di alcune pubblicazioni scientifiche inerenti alla storia contemporanea e alla filosofia: "L'insostenibile leggerezza della storia" e "L’insufficienza del linguaggio metafisico" per la rivista "Filosofi(e)Semiotiche", e "Il movimento comunista nel cosentino" per la "Rivista Calabrese di Storia del '900".Nonostante la formazione prettamente umanistica, la mia curiosità mi ha spinto a conoscere e a informarmi sugli ambiti più disparati. Leggo, scrivo e fotografo, nella speranza di riuscire a raccontare il mondo così come lo vedo io.
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