Plastic tax: il 2023 è l’anno buono? L’Unione Europea spinge

La plastic tax non è altro che una tassa da pagare per chi produce, compravende o utilizza i cosiddetti MACSI, cioè oggetti in plastica monouso.

La plastic tax è la tassa da pagare per chi produce, vende, utilizza o compravende prodotti in plastica monouso, vale a dire tutti quei contenitori, pellicole e recipienti in plastica pensati per un solo utilizzo. Esiste ormai dal 2020, ma nella pratica entrerà in vigore (forse) nel 2023. Ecco cosa sta succedendo e come funziona questa novità.

Chi è più attento alle novità politiche e fiscali del nostro paese sa perfettamente che una possibile plastic tax è pronta da tempo, ma che nei fatti ancora non è “matura”. Le motivazioni sono tante e la pandemia ha certamente stravolto ritmi e priorità dell’attività di Governo e Parlamento, ma sembra che il tutto si muova a ritmo veramente lento.

Nel frattempo, però, l’Unione Europea spinge per una misura che non è certo italiana, ma piuttosto fa parte di un piano molto più ampio per ridurre la plastica monouso in tutta Europa, in modo da eliminare il principale problema dal punto di vista dello smaltimento e del possibile inquinamento.

Ora Mario Draghi ci pensa, ma le priorità come spesso accade sono altre, dunque ci si chiede: nel 2023 finalmente arriverà questa tanto attesa plastic tax? La domanda rimane senza risposta, almeno per ora, perché sembra che non sia solo questione di tempi e priorità, ma anche di pressioni esterne.

L’industria della plastica monouso ha raggiunto negli anni dimensioni enormi e smantellarla da un giorno all’altro non è così semplice. La continua proroga è quindi responsabilità delle pressioni di un intero settore che deve essere ripensato? In parte sì, ma il 2023 potrebbe comunque segnare una svolta molto importante.

Vediamo allora quali sono le prospettive, come funzionerà (o funzionerebbe) questa famosa plastic tax ed a che punto siamo, insieme all’Europa, sulla strada della sua concretizzazione. 

Che fine ha fatto la plastic tax? Storia della tassa che anche oggi… arriva domani

Non è semplice spiegare come mai una legge approvata nel 2019 per la metà del 2020 non sia ancora attiva nel 2022, ma di fatto è andata proprio così. La plastic tax è nata ormai diversi anni fa ed è sempre stata rimandata, fino a diventare realtà circa due anni fa, quando era stata fissata anche la data: 1° luglio 2020.

Così non è stato ed è evidente che la pandemia sia una motivazione valida per cui il Governo ha dovuto fare delle scelte differenti. Le priorità nell’estate 2020 erano sicuramente altre e l’Italia, così come l’Europa e buona parte del mondo stavano da poco rialzandosi dagli effetti dei vari lockdown approvati nei diversi paesi.

Una situazione unica e senza eguali, ovviamente valida giustificazione della scelta di rimandare la plastic tax. Infatti, le aziende che operano in questo settore non hanno evidentemente avuto il tempo di prendere provvedimenti, di convertire i propri impianti, di reinventare la propria attività.

Resta però un lasso temporale, dall’estate 2020 ad oggi, in cui l’Italia non ha fatto altro che promettere e ri-promettere che questa tassa era ed è importante, ma senza mai portarla avanti veramente. Per quanto sia infatti utile dal punto di vista ambientale, non è poi così sentita a livello popolare e, banalmente, nessun partito ha iniziato una Crociata per portare avanti questa tassa.

Questo ha portato alla situazione di stallo attuale, in cui la tassa esiste ed è pronta a diventare realtà, ma nei fatti il Governo la rimanda tempestivamente non appena l’effettiva entrata in vigore si avvicina. Accadrà così anche per il 2023? Difficile, se non impossibile, dirlo ora, ma vediamo qual è la situazione attuale.

Come funziona la plastic tax? Ecco qualche numero

La plastic tax, come abbiamo largamente detto in precedenza, è praticamente già pronta. Se è vero che le continue proroghe non l’hanno ancora resa effettiva, è anche vero che abbiamo già tutte le informazioni utili che ci permettono di comprendere come funzionerà.

Infatti, la plastic tax prevede semplicemente una tassa, appunto, da pagare all’Agenzia delle Entrate per ogni chilogrammo di plastica venduto, pari a 45 centesimi di euro. Per imprese che operano in questo campo, si tratta di una cifra rilevante.

Inoltre, il pagamento si riferisce ai chilogrammi di plastica venduta, non prodotta, dunque anche le imprese che non producono plastica ma la vendono (o fanno compravendita o nel processo produttivo utilizzano imballaggi in plastica monouso) devono pagare questa tassa.

Come già spiegato in precedenza, la tassa si applica solo ai cosiddetti MACSI, cioè i prodotti in plastica monouso, comprese le pellicole, gli imballaggi, le strisce di plastica e similari. Tutta la plastica pensata per essere buttata dopo un utilizzo è oggetto di questa tassa.

Da quando non si potrà più usare la plastica?

Gli obiettivi della plastic tax sono legati allo smaltimento della plastica ed anche alla sua produzione che produce anidride carbonica. Si tratta però di una inesattezza se si parla di “non poter più usare la plastica”, perché di fatto non è stata bandita e non lo sarà a breve, ma viene semplicemente tassata.

Ciò significa che saranno poi le imprese a scegliere come operare per non ricevere la mazzata di dover pagare la cifra dovuta per la plastic tax. Un modo indiretto (ma neanche tanto) per disincentivare la produzione di plastica ed il suo utilizzo nei più svariati ambiti.

Dagli anni ’80 in poi, infatti, l’utilizzo della plastica è diventato sempre più comune, fino a toccare il picco massimo nell’ultimo decennio, con praticamente ogni prodotto imballato nella plastica, dall’alimentare ai giocattoli. Ora, finalmente, deve arrivare una stretta che non bandisce la plastica, come detto, ma segna comunque una svolta importante dal punto di vista industriale ed ambientale.

Perché entra in vigore la plastic tax? Gli obiettivi italiani e comunitari

L’Italia, ormai da decenni, è tra i maggiori utilizzatori di plastica a livello europeo. Bisogna però anche dire che in Italia sono stati fatti passi avanti importanti nello smaltimento dei rifiuti, grazie alla crescente tendenza ad effettuare la raccolta differenziata, soprattutto al centro-nord.

L’obiettivo della plastic tax è quello di disincentivare sia la produzione che l’utilizzo di plastica, portando così le imprese del settore a reinventarsi, naturalmente nel tempo. Questi processi non possono infatti essere portati avanti in poche settimane, ci vuole tempo.

Giusto per dare qualche numero, la produzione di un kg di plastica comporta l’emissione di due kg di CO2 in atmosfera e si stima che 600mila tonnellate di plastica finiscano nei nostri mari ogni anno. Parliamo di cifre molto elevate che, anno dopo anno, stanno costituendo un danno enorme al nostro pianeta.

In ultimo, l’Italia è come detto tra i maggiori utilizzatori di MACSI con nel 2018 una somma di 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica monouso, dato su cui si è basata la scelta di introdurre la plastic tax proprio l’anno successivo, anche se poi come noto è stata sempre rimandata.

Quando entra in vigore la plastic tax?

La domanda resta sospesa e solo chi è responsabile di queste scelte può dare una risposta, ma per il momento possiamo solo pensare e sperare che il 2023 sia veramente l’anno buono.

L’Unione Europea spinge da tempo in questa direzione e senza dubbio è un passo che, prima o poi, va fatto e va fatto con decisione, perseguendo gli evasori e rendendo la tassa un vero disincentivo alla produzione ed al commercio di plastica monouso.

Tra gli obiettivi che l’Italia ha sempre promesso di perseguire c’è anche quello della tutela dell’ambiente, ma è assolutamente necessario perseguirlo anche con i fatti, oltre che con le parole. La plastic tax non è la panacea di tutti i mali, ma sarebbe sicuramente un segnale molto importante.

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