Nuovo Presidente, nuovo Governo: che cosa cambierà a breve

Quali sono le posizioni delle principali forze politiche sui prossimi sviluppi politici? Chi sarà il Presidente della Repubblica? Che sarà del governo Draghi?

Il Parlamento sta scaldando i motori: manca poco al 24 gennaio, data in cui verrà eletto il tredicesimo Presidente della Repubblica – data, più precisamente, in cui per la quattordicesima volta dal dopoguerra a oggi, le camere si riuniranno a questo scopo.

La precisazione è tutt’altro che oziosa, e questo non solo perché stiamo parlando di storia recentel’unica rielezione di un Presidente della Repubblica avvenuta nella storia d’Italia, quella di Giorgio Napolitano, è datata 20 aprile 2013, che è come dire l’altroieri! – ma anche perché un’opzione analoga in riferimento all’attuale Capo di Stato è stata proposta anche con una certa insistenza. Ma andiamo con ordine.

Il settennato di Sergio Mattarella sta finendo, e la sua scadenza sta coincidendo con un periodo molto caotico della storia politica recente di questo Paese; a dire la verità, l’intero settennato di Mattarella, attualmente ultraottantenne, è stato caratterizzato dalla necessità di fronteggiare varie situazioni a dir poco anomale.

La prima (in ordine di tempoça va sans dire, non certo in ordine di rilevanza!) è stata la formazione del primo governo Conte, prima creatura, se così si può dire, della Terza Repubblica o della Seconda Repubblica matura – quella delle larghe intese che non creano più scandalo, per chiarirci.

E, se già fu strano, all’epoca, dover formare un governo dilaniando le coalizioni pre-elettorali che avevano portato alla composizione delle Camere parlamentari, ancora più strano fu dover ‘trattenere’ la formazione del governo stesso per via di un veto, di sapore europeo (una bella intromissione!), sul nome di Paolo Savona

E ancora più strano fu dover, a distanza di un anno scarso, ri-conferire l’incarico allo stesso premier, ma con una maggioranza diversa dopo la cosiddetta svolta del Papeete. Roba da Prima Repubblica, altroché Terza!

Poi, la pandemia. E probabilmente non c’è bisogno di aggiungere altro, per capire perché Mattarella stia rifiutando recisamente ogni ipotesi di rielezione.

Un’occhiata ai papabili

Una cosa, però è certa, e tutto lascia presumere che tale rimarrà fino alla fine dei tempi: all’avvicinarsi di scadenze elettorali, in particolare se riguardanti una carica da conferire ‘secca’ a un individuo, scatta il toto-nomi.

Impreziosito, stavolta, dalla sua natura doppia: all’avvicendamento al Colle, infatti, potrebbe corrispondere, anzi corrisponderà con tutta probabilità, un passaggio di testimone anche nelle principali cariche di governo.

Le principali forze parlamentari stanno navigando a vista, o quantomeno questa è l’impressione, su entrambi i versanti: per quanto riguarda il futuro Presidente, circolano sparute ipotesi e nomi da bruciare, mentre un po’ di tutto è stato detto in merito alla formazione di un (eventuale?) nuovo Governo.

Una piccola nota di metodo prima dell’inevitabile carrellata di potenziali prossimi inquilini del Colle: sempre c’è stata bagarre attorno all’elezione della più alta carica politica dello Stato; non sempre, o quantomeno non da sempre, essa è coincisa con un ricambio anche a Palazzo Chigi – ci sarà modo di tornarci su.

Ecco perché gli schieramenti parlamentari, esausti dal periodo stressante o forse pregni di benaltrismo al punto da crederci davvero, stanno per il momento affrontando, internamente e pubblicamente, il nodo del Quirinale ma rimangono vaghi sugli imminenti rimescolamenti delle alleanze di governo e ancora di più su eventuali nomi da proporre (o da non proporre). Un po’ di pazienza, insomma.

Sulla questione delle ‘bruciature’, e non solo su quella) è molto interessante il video di Will Media qui proposto.

Tuttavia, a oggi forse le idee generali cominciano a farsi più chiare. Cioè più confuse. Fino a pochi giorni fa, infatti, la vulgata diffusa recitava più o meno così: DraghiBerlusconiuna donna. Difficile sorvolare sul micidiale portato di maschilismo che una frase del genere racchiude, ma ci si prova.

Più difficile ancora, o quasi, individuarla, questa ipotetica candidata gratificata dell’ipotesi per mere ragioni fisiologiche: a oggi, volendo considerare la candidatura di Liliana Segre un omaggio alla sua figura gigantesca e quella di Gianna Nannini una barzelletta, l’unica candidatura femminile verosimile è quella dell’attuale guardasigilli Marta Cartabia.

La posizione del centrodestra

Dalle dichiarazioni di Matteo Salvini, lo sanno ormai anche i bambini, è lecito evincere tutto e il contrario di tutto. La coerenza del leader di centrodestra non è mai stata adamantina, ma per fortuna c’è Giorgia Meloni, che invece la testa dura ce l’ha eccome. E soprattutto c’è lui: l’inossidabile Silvio Berlusconi.

Molti di noi hanno pensato e continuano a pensare a una gag, ma il nome del Cavaliere non è mai stato presente con tanta insistenza quanto in queste ore nelle discussioni che riguardano il Quirinale.

Forse anche troppa: il classico nome girato di bocca in bocca fino, appunto, a bruciarlo.

Certo è che nemmeno il nome di Mario Draghi spiacerà troppo al centrodestraLegaForza Italia sono già brillate per senso critico nel dargli immediato appoggio al governo o forse nel semplice salire sul suo carrozzone; Fratelli d’Italia, che invece è sempre rimasto all’opposizione, potrebbe giocarsi così la carta della partecipazione responsabile ai giochi di governo e potere. Tipico dei missini, no?

Ad ogni modo, resta molto fumosa la reale posizione del polo di centrodestra in materia, e, malgrado l’Operazione Scoiattolo (si chiama davvero così!) orchestrata da Berlusconi con l’aiuto di pezzi da novanta della delinquenza istituzionale del calibro di Vittorio Sgarbi, Denis Verdini e Marcello Dell’Utri, sembra siano ancora in piedi le ipotesi Marcello Pera e Letizia Moratti. Ed è subito 2001.

La posizione del PD

La posizione del PD, faticherete a immaginarlo, non è chiara. Ma pare che la discussione interna ferva, tanto per cambiare.

Con un elemento in più e uno in meno, rispetto alle destre: quello ‘in meno’ è relativo alla stretta questione del nome: è abbastanza acclarato che (buon Dio, almeno questo!) Berlusconi non sia un candidato accettabile da chi ci ha governato gomito a gomito per ben due legislature.

Sebbene persistano ipotesi anche relativamente interessanti, come Luigi Manconi, relativamente trite, come Romano Prodi, e decisamente in linea con il grigiore istituzionale piddino, come Dario Franceschini, è probabile che i dem convergeranno, almeno nei primi scrutini, su Draghi.

Il secondo elemento di rilievo, quello ‘in più’, riguarda invece le ripercussioni che l’elezione del Presidente avrà sulla compagine di governo. Sembra scontato, e speriamo lo sia, che un’eventuale elezione di Draghi lascerà vacante il ruolo di premier. E la maggioranza?

Le recenti manifestazioni di disappunto delle figure più influenti (e meno sovraniste) della Lega, Giancarlo Giorgetti in testa, hanno infatti portato il PD in particolare, e forse anche altre ali del centrosinistra parlamentare, a ipotizzare un governo senza Lega.

Una maggioranza, insomma, simile a quella che sostenne il secondo governo Conte, ma naturalmente senza Conte stesso, e, altrettanto naturalmente, senza idee su chi, se non lui, specie dovendo fare i conti coi Cinque Stelle, parte dei quali punta ancora molto sull’ex-premier. Pare che i numeri per una maggioranza Ursula, in realtà, ci siano sempre stati…

La posizione dei 5 Stelle

La più oscura tra tutte le posizioni finora raccolte, è quella del Movimento 5 Stelle. Berlusconi assolutamente no, Draghi (forse) non convince più, Mattarella ha detto di no e non una sola volta. Chi, quindi?

Sono lontani i momenti in cui Grillo e i suoi, che in buona parte non sono manco più suoi, spiccavano per la portata ‘simbolica’ dei nomi proposti – Milena Gabanelli, Gino Strada e altri profili d’indiscusso spessore umano e professionale ma certo non politici (e infatti tutti si affrettarono a rifiutare).

Una situazione simile a quella profilatasi quando è spuntato il nome di Liliana Segre, che pure ha risposto analogamente, cioè affermando di non avere le competenze e soprattutto di avere novantuno anni!

Perciò, oltre alla grande confusione interna, i Cinque Stelle non si sono espressi più di tanto, non sono stati in grado di trovare candidati di spessore, come pure in passato fecero (leggasi Stefano Rodotà) e di conseguenza si stanno esprimendo relativamente poco anche su un eventuale staffetta di governo.

Questa opzione non li riguarderebbe in fondo troppo, essendo il primo partito in Parlamento, ma consta di una comune difficoltà con l’elezione del Capo dello Stato: i circa cento parlamentari M5S passati al gruppo misto. 

Ecco, questo sì che li riguarda: un numero così alto potrebbe tranquillamente, e nel segreto del voto parlamentare, non solo fare da ago della bilancia nella formazione di un ipotetico nuovo governo (visto, Renzi, che in fondo qualcosa in comune ce l’avete?), ma perfino cedere alla tentazione dell’Operazione Scoiattolo, peraltro ormai arenata, pare, e scombinare così definitivamente le carte!

La ferita del DDL Zan è ancora aperta: di franchi tiratori, nelle nostre aule parlamentari, ce ne sono eccome!

Sì, ma la Costituzione?

Resta un ultimo, immenso dubbio di carattere istituzionale: quanto è rispettoso del dettato costituzionale cercare di far coincidere cambi di guardia al vertice del governo con avvicendamenti al Quirinale?

Il nostro ordinamento, che spesso è stato criticato da attori non elettivi della scena politica internazionale perché ‘troppo democratico’, prevede una durata differente per ParlamentoPresidente della Repubblica, rispettivamente cinque e sette anni, al fine di evitare l’accentramento di potere.

La seconda elezione di Napolitano, tuttavia, ha sdoganato questo dogma – peraltro mai formalizzato da alcun atto legale della storia repubblicana – dando liceità all’opzione del mini-mandato, la stessa proposta con insistenza dai Cinque StelleMattarella, e per lo stesso motivo.

Già: i ribelli per eccellenza, gli ex alfieri della purezza, quelli che gridarono, e con ottime ragioni, al golpe in occasione del rinnovato incarico a ‘Re Giorgio’, ora tentano di mantenere Mattarella al Quirinale altri due anni, così si andrà alle urne di nuovo nello stesso periodo della nuova elezione al Colle.

Eppure la questione della tenuta democratica delle istituzioni non sembra stare troppo a cuore a nessuno, ormai: la vastissima maggioranza parlamentare che sostiene Draghi non ha destato una sola voce di preoccupazione, né politica né dei giornali mainstream; le riforme costituzionali proposte o approvate negli ultimi anni (2016; 2020) vanno nella direzione di un indebolimento del Parlamento a favore del Governo.

Draghi stesso, se non dovesse essere abbastanza, non ha mai fatto mistero di essere un tecnocrate e un accentratore: ha indicato la linea ai prossimi governi, ama presentarsi come un pilota automatico e soprattutto si è scritto PNRR Finanziaria praticamente da solo. Privatizzando tutto.

Dunque, preoccupiamoci sì, questo senz’altro, della tenuta democratica del Paese, e facciamolo andando un po’ oltre le questioni formali, bistrattate peraltro da qualsiasi membro delle istituzioni – o ne avete sentito qualcuno preoccupato per la deriva autoritaria? Meloni e fascisti di ogni sorta non fanno testo, quando si parla di democrazia.

Sempre che non sia troppo tardi, e che questa della democrazia non sia sempre stata una grande, triste, collettiva illusione. In fondo, non troppo tempo fa al Quirinale sedeva Cossiga

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