Quando ho diritto alla Naspi con e senza licenziamento

Se mi licenzio posso prendere la disoccupazione Naspi? Dimissioni giusta causa spetta l'indennità di disoccupazione? Perdita del lavoro senza licenziamento.

La Naspi è uno dei tanti sussidi finalizzati a sostenere il reddito dei lavoratori. Per la precisione, un’indennità indirizzata al lavoratore, se nel corso della carriera lavorativa si verifica l’evento di licenziamento o cessazione del contratto lavorativo.

Nella maggior parte dei casi, la Naspi viene richiesta quando si perde il lavoro per cause non imputabili alla scelta del lavoratore e, quindi, come una circostanza scattata indipendentemente dalla propria volontà.

In sostanza, l’indennità di disoccupazione Naspi non è vincolata solo al licenziamento, indipendentemente dalla causa. Ma, può essere richiesta anche in per sopraggiunta cessazione del contratto di lavoro. Un particolare aspetto che mette in luce diverse concetti legati alla volontà del lavoratore. 

L’idea che solo con il licenziamento si ha diritto all’indennità, non ha fondamento normativo. In quanto, se ad esempio, scatta la cessazione del rapporto lavorativo sulla base di un accordo collettivo, così come previsto dall’articolo 14 Co. 3 del decreto Legge n. 104/2020, rientra nella fase di risoluzione contrattuale.

Un discorso evidenziato anche dalla Legge per Tutti, perché solitamente questi accordi sindacali vengono attivati per consentire l’esodo dei lavorati. Per questo motivo, sono accordi contemplati dalla normativa. Nel merito, va detto che, la cessazione del rapporto di lavoro, rientra nelle caratteristiche necessarie che danno diritto alla Naspi. 

Quando ho diritto alla Naspi con e senza licenziamento

Durante il percorso di lavoro può capitare che l’ambiente lavorativo non risulti più soddisfacente o, ancora, che si verificano delle condizioni strettamente personali che portano a pensare di lasciare il posto di lavoro. I motivi possono sono tanti, illustrati nel dettaglio nel paragrafo seguente.

In breve, si è spinti a lasciare il posto di lavoro, specie quando si inciampa in condizioni inaccettabili per chi si prodiga costantemente nell’esercizio di un’attività lavorativa. 

Tuttavia, spesso si rimane anche contro la propria volontà per il timore di perdere l’indennità Naspi. C’è anche da dire che spesso i datori di lavoro applicato pratiche scorrente trattenendo il lavoratore senza procedere al licenziamento. 

Alla base c’è sempre una risposta, spesso si teme di affrontare le conseguenze e, restare contro non dettagli irrilevanti, ma fatti che portano a pregiudicare l’equilibrio personale e familiare. Sicuramente, questa non è la scelta giusta.

Non si tratta di un ambiente che piace rispetto a un altro più simpatico, ma di prendere una scelta motiva prendendo in considerazione la presenza di una reale di violazione dei propri diritti. E, non rischiare inutilmente di vanificare il lavoro professionale svolto nell’intera carriera lavorativa. 

D’altra parte, non temere di mettere a rischio l’indennità di disoccupazione, perché la normativa è chiara. Il lavoratore non perde il diritto alla Naspi, se il licenziamento riguarda una motivazione soggettiva.

In sostanza la normativa tutela il lavoratore concedendo l’indennità anche nei casi gravi, in presenza d’inadempienza o, ancora, per assenze non giustificate e così via.

Possono richiedere la Naspi per le dimissioni per giusta causa?

Le condizioni lavorative possono essere svariate e contraddistinte dalla diversa natura dell’attività a cui si accede, in ogni caso trovarsi di fronte a una violazione del diritto di azione del lavoratore porta a delle conseguenze. Nel momento in cui vengono trasgrediti i propri diritti, il lavoratore può recedere dal contratto lavorativo attivando le dimissioni per giusta causa. 

Il legislatore tutela il lavoratore, specie quando si trova su un posto di lavoro in cui vengono spezzati gli equilibri, in questo caso le dimissioni rappresentano lo strumento ideale per manifestare la propria volontà e concludere l’attività lavorativa attraverso la cessazione del rapporto di lavoro.

Viceversa, se l’iniziativa parte dal capo, ovvero dal datore di lavoro il discorso non cade più sulle dimissioni, ma bensì sul licenziamento

Il legislatore ha ancorato alle dimissioni un equo periodo temporale di preavviso, previsto nel  Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).  In breve, parliamo di un periodo di tempo da concedere all’impresa prima di lasciare definitivamente il lavoro, mettendola nelle condizioni di trovare un sostituto. 

Attenzione! Il lavoratore non è tenuto a proseguire l’attività lavorativa in presenza di un recesso per giusta causa. 

La presenza di quest’ultimo elemento rappresenta uno dei tanti motivi, per cui il lavoratore può richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi.

Una procedura che offre diverse scappatoie, specie quando non si desidera più lavorare nell’azienda. Tuttavia, incamera gioie e dolori, in quanto è difficile presentare le dimissioni per giusta causa. 

Esistono delle situazioni talmente opprimenti che a volte non sempre si riesce a seguire la normativa rilasciando il giusto preavviso. 

In più occasioni la giurisprudenza si è espressa sui casi gravi che segnano le dimissioni per giusta causa. Nello specifico, vengono attivate le disposizioni sancite dall’articolo 2119 del Codice Civile.

Quali sono le cause che portano alle dimissioni per giusta causa?

L’ordinamento giuridico ha regolamentato diversi casi in cui emerge la motivazione grave necessaria per far scattare le dimissioni. Senza saltare a conclusione affrettate, è importante comprendere che il ritardo nel pagamento di più mesi di stipendi, come l’omessa regolarizzazione dei versamenti contributivi sono gravi motivi che portano alle dimissioni. 

Esistono dei casi in cui il carico “grave” è molto maggiore tanto da ripercuotersi anche nell’ambito personale, nonché familiare. Parliamo dei casi gravissimi di molestie sessuali o, ancora mobbing. In questi casi, addirittura si attiva la violazione del diritto personale. E, ancora la richiesta di atti illeciti o, ancora di comportamenti illegittimi portano alle dimissioni sempre per giusta causa.

Il lavoratore che intende avvalersi delle dimissioni per giusta causa e, quindi, allontanarsi senza perdere tempo dal posto di lavoro, deve trasmettere online al datore di lavoro lo stato del licenziamento, sottolineando la natura non ordinaria delle dimissioni. 

Attenzione! La normativa ha disposto l’invio telematico della comunicazione al datore di lavoro del licenziamento per giusta causa. Ciò significa che, in presenza di modalità differenti a quella prevista dal legislatore, la richiesta è inefficace. 

Quando scatta la perdita del lavoro senza il licenziamento che dà diritto alla Naspi?

La base principale su cui si fonda il diritto alla Naspi è il licenziamento, ovvero nelle ipotesi di perdita non volontaria del lavoro. Lo stato di disoccupazione che permette il rilascio dell’indennità Naspi, può attivarsi anche in base a diversi casi, quali: 

  • se sopraggiunge il limite di tempo previsto nel contratto determinato;
  • se vengono attivate le dimissioni per giusta causa;
  • se vengono attivate le dimissioni legate alla maternità;
  • in presenza della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro attraverso la conciliazione;
  • in presenza di risoluzione consensuale, se il lavoratore ha respinto il trasferimento su una lontananza dalla propria residenza di oltre 50 chilometri, oppure, per raggiungere la nuova destinazione lavorativa non risultano sufficienti 80 minuti e l’eventuale utilizzo dei mezzi pubblici. 

Infine, il lavoratore che attiva un licenziamento seguendo le disposizioni previste dalla normativa per le dimissioni per giusta causa, per il riconoscimento della Naspi viene equiparato a quello ordinario.

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