Salario minimo, come funziona in Europa e perché in Italia non viene introdotto

Salario minimo, l’Italia è uno dei 6 Paesi Ue a non averlo ancora introdotto. Ecco perché e come funziona negli altri Paesi dell’Unione Europea.

Si torna a parlare di salario minimo, ma arrivano altre brutte notizie per coloro che sperano quanto prima che in Italia venga fissata una soglia specifica.

È la premier Meloni a chiudere il discorso in modo secco durante il question time e in seguito all’intervento della segretaria del Pd Elly Schlein.

Per la premier il salario minimo non rappresenterebbe una soluzione concreta per il nostro Paese. Al contrario, l’introduzione di una soglia potrebbe peggiorare la situazione dei lavoratori.

Il vero problema, per il governo italiano, rimane la tassazione troppo alta per le imprese ed è su questo che bisogna lavorare per risolvere i problemi che affliggono i lavoratori italiani, tra precarietà e lavoro povero.

Nel frattempo, l’Italia è uno dei 6 Paesi dell’Unione Europea a non aver ancora introdotto il salario minimo. Ma nel resto d’Europa la situazione è ben diversa e la recente direttiva Ue stabilisce procedure per l’adeguatezza del salario.

Ma cosa significa questo per l’Europa? E per il nostro Paese?

Salario minimo come funziona in Europa: i Paesi con la retribuzione più alta

In 21 Paesi dell’Unione Europea il salario minimo esiste, con differenze nelle soglie stabilite che permettono di stilare una “classifica” dei limiti di retribuzione, da quelli più bassi a quelli più alti.

Il salario minimo più alto è in Lussemburgo dove la retribuzione mensile non può scendere al di sotto dei 2.256,27 euro. Dopo il Lussemburgo, i Paesi che hanno fissato soglie leggermente più basse sono l’Irlanda (con 1.774,50 euro) e i Paesi Bassi (con un minimo di 1.725 euro).

A rimanere sopra i 1.000 euro di stipendio sono anche altri Paesi, in particolare:

  • il Belgio con 1.658,23 euro

  • la Germania con 1.621 euro

  • la Francia con 1.603,12 euro

  • la Spagna con 1.125,83 euro.

Salario minimo come funziona in Europa: i Paesi con la retribuzione più bassa e quelli in cui non esiste soglia

Non in tutti i Paesi dell’Unione le retribuzioni sono fissate a cifre superiori ai 1.000 euro.

Altri Paesi come il Portogallo, la Grecia o la Repubblica Ceca hanno salari minimi che non superano tale cifra. In particolare, in Portogallo il limite è di 822,50 euro, in Grecia si scende a 773,50 euro. In Repubblica Ceca si arriva a 651,70 euro, poco più alto della retribuzione minima in Slovacchia e in Croazia (rispettivamente 646 euro e 623,70 euro).

E ci sono Paesi in cui tali cifre si abbassano sempre più. Nella classifica, infatti, si posizionano agli ultimi posti l’Ungheria, la Romania e la Lettonia dove le retribuzioni minime si assestano sui 500 euro e poco più, arrivando fino alla Bulgaria, dove la soglia si abbassa fino a 332,24 euro.

In ogni caso, si tratta di Paesi nei quali esiste una normativa sul salario minimo. In altri, invece, non sono state determinate soglie di alcun tipo e l’Italia fa parte proprio di questo elenco.

A non aver introdotto il salario minimo legale, oltre al nostro Paese, ci sono altri Stati: la Danimarca, la Svezia, la Finlandia, Cipro e l’Austria.

Salario minimo, cosa dice la direttiva Ue e cosa potrebbe cambiare in Europa e in Italia

A fine ottobre del 2022 venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la direttiva Ue sul salario minimo che, a differenza di quanto si possa pensare, non ha però stabilito una soglia specifica e univoca per tutti i Paesi.

Al contrario, la direttiva lascia la libertà agli Stati membri di stabilire criteri che assicurano una vita dignitosa e dei minimi salariali in base al costo della vita e al potere d’acquisto.

In particolare, gli Stati hanno due alternative: da un lato possono scegliere di stabilire una soglia specifica per il salario minimo, dall’altro possono puntare sull’estensione della copertura della contrattazione collettiva.

In sostanza, la recente direttiva Ue non ha obbligato l’Italia a introdurre un salario minimo. C’è, però, da dire che le pressioni interne in questo senso non mancano. Tuttavia, la premier ha chiarito che introdurre il salario minimo nel nostro Paese non è la soluzione migliore.

Salario minimo, perché in Italia non lo si vuole introdurre

Considerando che in Italia c’è un alto tasso di cosiddetti working poor (lavoratori poveri), in molti pensano che l’introduzione del salario minimo potrebbe contribuire a risolvere una parte dei problemi che molti lavoratori si trovano ad affrontare.

A non pensarla così, però, è proprio il governo. Secondo Giorgia Meloni, infatti, la via da perseguire è quella dell’estensione della copertura della contrattazione collettiva a quei settori nei quali non è ancora prevista.

Il salario minimo, dice la Premier, potrebbe diventare un parametro sostitutivo delle tutele garantite ai lavoratori, andando, in alcuni casi, a peggiorare la situazione.

Invece di introdurre il salario minimo, quindi, la Premier indica la tassazione troppo alta delle imprese come l’elemento che porta le azienda ad assumere dipendenti senza garantir loro un salario adeguato e, dunque, sul quale agire il più in fretta possibile.

Leggi anche: Salario minimo, a che punto siamo tra proposte PD e M5S

Federica Antignano
Federica Antignano
Aspirante copywriter, classe 1993. Curiosa di SEO, trascorro la maggior parte del mio tempo a scrivere, in ogni sua declinazione. Mi sono diplomata in lingue presso il liceo statale Pasquale Villari di Napoli. Ho inizialmente lavorato in una start up, cominciando a scrivere per vendere e ora continuo ad affinare le mie capacità attraverso corsi e tanti tanti libri sulla pubblicità e sul digital marketing. Con il tempo ho scoperto anche l'interesse verso lo scrivere per informare e questo è il motivo per cui oggi sono felice di far parte del team di redattori di Trend-online.
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