Smart working all’estero, dove si pagano le tasse? Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Smart working all'estero, le tasse si pagano in Italia? Cosa accade se si lavora dal nostro Paese per committente estero? Ecco cosa ha risposto l'AdE.

Negli ultimi anni, il concetto di lavoro si è evoluto in modo significativo, abbracciando nuove modalità e approcci. Complice anche la pandemia di Covid-19, si è registrato negli ultimi anni uno dei cambiamenti più significativi: l’emergere dello smart working, un’alternativa che ha rivoluzionato il modo in cui affrontiamo la nostra vita professionale.

Ma cosa succede quando il nostro ufficio si trova in un altro Paese? Dove si pagano le tasse quando il confine diventa un concetto fluido?

Chi sta valutando l’opzione di lavorare all’estero in modalità smart working, o nel caso in cui tale opzione si sia già concretizzate, avrà sicuramente moltissime domande e incertezze legate all’imposizione fiscale.

Sono infatti tantissimi i cosiddetti nomadi digitali che si domandano, in caso di smart working all’estero, dove si pagano le tasse. In effetti, si tratta di una domanda più che lecita, dato che le migliori città per nomadi digitali si trovano all’estero.

Fortunatamente, di recente l’Agenzia delle Entrate è intervenuta fornire chiarezza su questo argomento cruciale.

In questo articolo, scopriremo nel dettaglio la questione dello smart working all’estero, concentrando la nostra attenzione su un aspetto fondamentale: le tasse. Scopriremo cosa dice l’Agenzia delle Entrate in merito, quali regole e disposizioni sono state stabilite e come queste possono influenzare la situazione fiscale personale.

Smart working estero: due differenti situazioni possibili

Prima di domandarsi dove, in caso di smart working estero, le tasse vanno pagate, bisogna inquadrare la propria situazione specifica.

Possono infatti sussistere due differenti situazioni. Nel primo caso, può accadere che il lavoratore venga assunto da una Paese estero, lavorando in smart working in Italia e continuando a vivere nel nostro Paese.

Nel secondo caso, ed è quello che avviene frequentemente in tempi recenti, il lavoratore presta il proprio lavoro ad un datore di lavoro italiano, con attività nel nostro Paese. Tuttavia, il dipendente vive in un Paese estero e svolge lì la propria attività lavorativa.

Inutile dire che si tratta di due situazioni profondamente differenti tra loro, che comportano regole e conseguenze differenti.

In ogni caso, con una recente circolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito come gestire la situazione in entrambi i casi.

Smart working all’estero, dove si pagano le tasse? Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

La Circolare n. 25/2023 datata agosto e firmata dall’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito ampiamente la questione relativa a smart working estero e tasse, fornendo anche degli esempi concreti.

Nel caso in cui un dipendente sia residente all’estero, ma presti servizio per un datore di lavoro italiano, l’attività lavorativa non è soggetta a tassazione nel nostro Paese. Il lavoro svolto all’estero, se il dipendente ha regolare residenza all’estero, viene quindi tassato nel Paese di residenza.

Chi, invece, ha residenza in Italia, lavora e vive nel nostro Paese, ma presta servizio per un datore di lavoro straniero, dovrà pagare le tasse in Italia, dove regolarmente risiede.

 

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Come individuare la dimora abituale

Per comprendere in quale Paese, in caso di smart working estero, le tasse sono dovute, è fondamentale il concetto di “dimora abituale”.

L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che la tassazione avviene nel Paese di residenza del lavoratore. Come individuare, dunque, la dimora abituale?

In questo senso, viene in nostro aiuto il DPR 917/1986 all’Art. 2, dove è chiaramente espresso che la dimora abituale coincide con il domicilio/residenza dove il lavoratore passa la maggior parte del periodo d’imposta.

Questo significa che, ad esempio, se un cittadino straniero (pur non iscritto all’anagrafe del nostro Paese) vive e lavora in modalità agile in Italia, magari anche con i familiari, passando gran parte dell’anno nel nostro Paese, verrà comunque tassato in Italia, pur lavorando in smart working per un’azienda straniera.

Questo perché conta la presenza fisica del lavoratore nel luogo dove effettua l’attività lavorativa. Il luogo in cui si trova l’azienda committente, in questo caso, non ha peso.

Nonostante si possa lavorare in remoto per un datore di lavoro straniero, quindi, le tasse potrebbero comunque essere dovute in Italia.

Questo dipende da una valutazione completa dei rapporti economici, patrimoniali e affettivi, che definiscono la residenza fiscale.

Di conseguenza, anche se si svolge il proprio lavoro da un Paese estero, se i criteri italiani di residenza fiscale sono soddisfatti, le tasse italiane potrebbero applicarsi.

In caso di dubbi in merito alla propria situazione, il consiglio è quello di consultare un esperto fiscale per comprendere appieno le implicazioni delle tasse nello smart working estero.

 

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Alessia Seminara
Alessia Seminara
Copywriter, classe 1991. Versatile, multipotenziale, laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche presso l'Università degli Studi di Catania, con una seconda laurea in Logopedia, ho una passione per la scrittura e il web copywriting. Entrambe mi hanno portato a concludere la canonica formazione accademica e ad intraprendere un ulteriore percorso di formazione in Seo e Copy Persuasivo. Grazie a vari corsi di formazione ho approfondito le mie conoscenze in ambito Digital Martketing. Negli anni ho stretto diverse collaborazioni come copywriter freelance per seguire variegati progetti.
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