Putin, oligarchi sanzionati per 83 miliardi: lo zar è solo!

Putin viene abbandonato da Abramovich e gli altri per il costo delle sanzioni: 83 miliardi di dollari pesano anche ai più grandi magnati della terra!

C’è una remota possibilità che gli oligarchi sanzionati decidano di abbandonare Putin?

A questo punto e alla luce delle severe sanzioni internazionali, il fatto che gli voltino le spalle è ben più che un’ipotesi.

Prendiamo Abramovich per esempio, uno dei più importanti esponenti del cerchio magico di Putin: tentando di mediare la pace tra Russia e Ucraina ci ha quasi rimesso le penne, come ho spiegato qui, in un mio articolo di qualche giorno fa.

“Il super yacht di Abramovich oggetto di protesta in Turchia: un manipolo di supporte dell’Ucraina lo ha avvicinato mediant un’imbarcazione dove avevano issato delle bandiere ucraine inneggianti la pace.”

leggiamo su rainews.it

In effetti l’opulente ricchezza di Abramovich non passa certo inosservata.

163 metri il lussuoso yacht, tre elicotteri, 24 cabine, 2 piscine, 70 membri di equipaggio, 80.000 dollari di spese quotidiane per la sua gestione, 500 milioni di dollari di valore.

Impossibile non notarla!

L’altro oligarca colpito duramente dalle sanzioni e i cui averi sono stati congelati è Mordashov, del quale abbiamo già parlato in questo mio articolo precedente.

La sua famiglia, per raccontare il suo passato, ha dichiarato ai media che prima di costruire il proprio immenso impero. Mordashov viveva con due buoni pasto per ottenere 200 grammi di burro e 400 grammi di salsiccia al mese.

“A Mordashov infatti non piace il termine “oligarca”: sotto sequestro una villa da favola e uno yacht in Toscana. L’imprenditore dell’acciaio non ha mai acquistao una squadra di calcio, ma si è limitato a una squadra di hockey: vanta un patrimonio stimabile superiore ai ventinove miliardi di dollari.”

scrive su di lui Forbes

Ciò che li accomuna è una fame vorace di nuovi investimenti, sono filogovernativi e smaccatamente ricchi.

Nel conflitto tra Russia e ucraina potrebbero giocare un ruolo di rilievo (salvo il rischio avvelenamento, come pare esere accaduto ad Abramovich).

Ma chi sono gli oligarchi?

La loro ascesa inizia con un tonfo: parliamo del collasso dell’ex Unione sovietica e della caduta el muro di Berlino nel 1989.

A quel punto, l’Ex unione Sovietica si trova nelle condioni di privatizzare rapidamente tutte le aziende che fino ad allora erano pubbliche, il presidente Boris Eltsin ha quindi due opzioni.

Laciare che le aziende vengano acquistate dal migliore offerente oppure fare in modo che a comprale siano persone del posto, russi, possibilmente personaggi particolarmente legati a lui e al suo governo.

Dove nasce lo strettissimo legame tra Putin e gli oligarghi?

Coloro che avevano comprato le aziende russe post unione sovietica le avevano acquisite a prezzi stracciati, ma avevano un pregio insostituibile: il fatto di essere russi, fidati, fedeli al governo.

Quello che storicamente viene definito “il peccato originale della Russia” è presto spiegato: i giovani affamati imprenditori russi, dopo avere acquisito le aziende, le hanno smembrate in porzioni più piccole e rivendute a un prezzo maggiorato.

“Il sostantivo “oligarchia” deriva dal greco “olígoi” e “arché”: governo riservato a una minoranza. Non si riferisce a una determinata tendenza politica, ma su un aspetto preponderante, cioè il potere in mano a uno sparuto gruppo di eletti, che operano in nome di interessi economici o finanziari.”

leggiamo su tpi.it

Dopo essersi accaparrati le ingenti ricchzze dell’ex impero sovietico, gli oligarchi hanno iniziato a diversificare la natura dei loro introiti: dall’energia, sport, media, materie prime, istituti di credito.

Il potere così acquisito viene ovviamente spartito con il regime del governo russo, prima con Eltsin, poi con Putin.

Una volta raggiunta la presidenza, Putin ha mantenuto lo status quo, al massimo apportando qualche modifica alla configurazione dei gruppi oligarchici, favorendo nuove alleanze delle quali poteve personalmente beneficiare, mandando in panchina le personalità più legate al vecchio presidente.

Il patto di ferro venne sancito principalmente con gli ex componenti del Kgb, il servizio segreto di Mosca, dove lo stesso Putin si era formato per più di vent’anni.

La gestione delle ricchezze, così formulata, ha certamente un che di monarchico o famigliare.

Putin garantiva a loro l’appoggio statale per incrementare i propri affari, loro in cambio hanno garantito a Putin fedeltà, lealtà e stabilità.

Il legame che intercorre tra Putin e Abramovich rischia di sfaldarsi?

Abramovich in questo senso è stato uno degli oligarchi favoriti da Putin, nonchè uno dei più facoltosi: orfano di entrambi i genitori (icordiamo la maternità di matrice ucraina) cresce con gli zii nella Russia settentrionale.

La sua fortuna ha inizio nei primi anni ’90 con l’acquisto della Sibnef, compagnia petrolifera che poi cederà alla multinazionale Gazprom per la risibile somma di 12 miliardi di dollari.

Essendo che ad Abramovich piace parecchio la popolarità, decide di mettersi letteralmente in campo anche con lo sport e acquista una squadra di calcio, il Chelsea, portandola a performance eccezionale e a vincere ben 21 trofei.

Tra le sue proprietarie, oltre al già citato yacht, una villa da 61 miliardi di dollari.

Non appena la Russia ha invaso l’Ucraina, Abramovich ha pensato bene di cedere la proprietà del Chelsea onde evitare vendette trasversali, ma non è stato sufficiente: anche per lui è arrivato il congelamento di tutti i suoi beni.

Il motivo risiede ovviamente nella sua intima vicinanza allo zar Putin.

Lui, come quasi tutti gli oligarchi, stanno pagando tale vicinanza e le spese del conflitto da Putin voluto: essendo per la maggior parte residenti al di fuori dal territorio russo, sono più esposti alle sanzioni internazionali che mirano al sequestro delle loro sostanze.

Abramovich quindi, come molti altri, stanno iniziando a lanciare timidi ed educatissimi segnali di insofferenza verso lo zar Putin.

Quali sono gli altri oligarchi orientati verso l’abbandono di Putin? Oleg Deripaska e gli atri.

L’oligarcha Deripaska, titolare di un patrimonio che supera abbondantemente i due miliardi di dollari, ha lanciato un messaggio su telegram dove si auspica che giunga a un negoziato di pace il prima possibile.

Notizie recenti parlano dell’occupazione di numerosi dissidenti della sua villa londinese, come racconta ilcorriere.it:

 “Nei pressi di Hyde Park e alle spalle di Buckingham Palace, alcuni manifestanti si sono introdotti nella villa dell’oligarca russo Oleg Deripaska, condividendo immagini degli interni della reggia da cinquanta milioni di sterline.”

Si rende sempre più evidente e necessario un cambio della politica economica, secono Deripaska, parlando di quella stessa politica economica che lo ha reso un magnate in virtù di manore alquanto opache.

Ex marito della nipote di Boris Eltsin, grande amico di putin e Abramovich, Deripaska è stato l’uomo più facoltoso della Russia.

Le sue imprese sono legate ai settori dell’energia, delle materie prime e dell’aviazione. 

I suoi detrattori affermano che la floridità dei suoi affari sia stata sostenuta dalla mafia moscovita e dal Dipartimento del Tesoro USA è stato accusato di minacce verso i suoi avversari in affari e di aver preso parte ad estorsioni e racket.

Inoltre, secondo fonti del ilsole24ore, avrebbe dato una mano a Putin nel riciclaggio del denaro sporco.

Gli oligarchi Alisher Usmanov, Vladimir Potanin e Vladimir Lisin: il loro progressivo allontanamento da Putin

Usmanov, di cui abbiamo già parlato per il sequestro del suo sontuoso yacht e alcune ville da sogno, ha avuto anch’egli dei guai con la giustizia.

L’oligarca vanta partecipazioni nei giganti del ferro, dell’energia, è uno dei primi investitori di Facebook, si definisce da sempre orgoglioso della vicinanza a Putin e nel 2018 ha ricevuto la medaglia di Onore al Merito della Repubblica Italiana per aver finanziato il restauro di alcuni monumenti nostrani.

Nel comune sardo della Gallura di cui è stato fatto cittadino onorario, è vissuto come un filantropo per la donazione di due ambulanze e macchinari all’ospedale cittadino: i sardi infatti non hanno ben digerito il sequestro delle sue ville e del suo molo a Porto Cervo.

Il nono uomo più ricco del mondo, detiene un patrimonio stimabile in 15 miliardi di dollari.

Vladimir Potanin invece ne vanta ben 26 di milardi nel suo conto in banca.

Nel 1995, con l’acquisto di un’azienda metallurgica, inizia ad edificare il suo impero, per arrivare alla fondazione della sua banca.

Viene anche ricordato per i suoi finanziamenti al mondo dell’arte e per la sua beneficienza.

Potanin è stato per anni membro del consiglio di amministrazione del museo Guggenheim di New York, dal quale è stato espulso questo marzo.

Tra i beni sequestrati, quattro lussuosissimi yacht.

L’oligarca più ricco del mondo è senza dubbio Vladimir Lisin, patrimonio di 26,9 miliardi di euro, presidente dell‘NLMK, colosso dell’acciao.

Inizia la sua carriera a 19 anni, in una miniera di carbone dove presto diventa capo saldatore, direttore di sezione e vice capo ingegnere.

Nel 1992 si mette a capo di un consorzio di imprenditori e partecipa alle privatizzazioni russe nell’industria dell’alluminio e siderurgica.

Quando il consorzio si scioglie riesce ad accaparrarsi il 13% delle quote, ma non gli basta.

Diventerà ben presto il capo di tutto il settore siderurgico russo.

Lontano dalla politica e dagli eccessi, Lisin si concede un unico vezzo: un castello in Scazia del valore di 11 milioni di dollari.

In una lettera ai uoi dipendenti ha definito la guerra in Ucraina come una tragedia difficile da giustificare, schierandosi palesemente con Kiev.

Perchè Putin viene isolato dagli oligarchi? Le sanzioni costano 83 miliardi di dollari!

Da quando sono partiti i provvedimenti sanzionatori verso gli oligarchi russi, questi hanno person 83 miliardi di dollari.

Circa un terzo del loro patrimonio.

Il dipartimento di Giustizia USA ha annunciato la formazione della task force KleptoCapture, per tracciare e sequestrare i beni degli oligarchi legati a Putin.

La Gran Bretagna sta valutando di pubblicare una lista di nominativi di persone amiche di Putin che hanno investito in residente e capitali nel Regno Unito, al fine di dissuadere chiunque dal mettersi in affari nel loro paese.

Italia, Francia e Germania procedono celermente con i sequestri dei beni.

In estrema sintesi, la fedeltà a Putin sta portando più danni che guadagni e i magnati sono stufi di essere bersagliati per assecondare le follie belliche dello zar.

Le proteste verso il presidente della Federazione russia sono in aumento, ma si potrebbero trovare davanti due scogli nel caso di un tentativo di bloccare la sua azione bellica in Ucraina.

Il primo scoglio è divisione interna all’oligarchia: essi non sono un monolite politico compatto ma dei magnati che badano principalmente ad interessi individuali, spesso in attrito sotterraneo tra loro.

Non sono quindi in grado di agire in modo coeso verso le sanzioni, ma il loro obiettivo resta quello di rimanere gli unici detentori di certa mole di ricchezza.

Secondariamente, non sono loro a influenzare le scelte del Cremlino, ma i cosidetti Siloviki, oligarchi in divisa che fanno valere più la pistola del denaro: sono loro le personalità più in intimità con Putin, perchè ne hanno condiviso il passato nel Kbg.

La loro fedeltà e la loro ambizione verso cariche sempre maggiori all’interno del Cremlino è messa a dura prova, ma saranno loro gli ultimi ad isolare lo zar.

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