Il pellet è sempre più amato dagli italiani: anche in periodi di prezzi al rialzo la biomassa è stata utilizzata come sistema di riscaldamento complementare.
Negli ultimi mesi, secondo le stime Aiel il prodotto è tornato conveniente: infatti si è registrato un calo dei prezzi di oltre il 40%.
Tale riduzione è stata registrata grazie all’abbassamento dell’Iva introdotta dal governo Meloni, passata dal 22% al 10%,.
Attenzione però, perché tale misura è scaduta il 29 febbraio e il futuro spaventa e non poco consumatori e produttori che chiedono da più parti di rendere tale agevolazione strutturale.
C’è da considerare che il prezzo è influenzato da differenti variabili, tra i quali anche la tipologia di pellet che viene usato: dall’abete, al faggio, a quello di castano ma la nuova frontiera è quello di paglia.
Scopriamo insieme di cosa si tratta e i pro e i contro della nuova biomassa.
Pellet di paglia, ecco di cosa si tratta
Continua la scalata al successo del pellet, il biocombustibile più usato dagli italiani.
I dati parlano chiaro la biomassa, nonostante i forti rincari del 2022 hanno continuato a preferire il Pellet per riscaldare in maniera complementare la propria casa.
Certamente, bisogna sempre prestare attenzione a trovare quello migliore in termini di rapporto qualità prezzo, anche perché il pellet non è tutto uguale ma la sua efficienza dipende dalla materia prima.
Il pellet tradizionale è ottenuto dalla pellettizzazione di scarti di legno, segatura e cippato non trattati chimicamente.
Possiamo trovare pellet puri ma anche un mix di più materie prime differenti ma oggi il settore si sta modernizzando grazie alla produzioni di pellet differenti.
Stiamo parlando ad esempio di pellet di mais, di sansa, di faggio e/o abete, di conifera, di castagno ma anche di paglia.
Molto spesso sentiamo parlare di pellet di paglia, abbinato alla lettiere per animali però in realtà tale prodotto ha delle caratteristiche ottime tali da essere usato anche per il riscaldamento casalingo.
Come altri prodotti, tipo il pellet di sansa o di girasole, la nuova tipologia di pellet di paglia si presta particolarmente bene alla combustione ma non va dimeticato che ha prezzi veramente competitivi.
Ma che cos’è?
La paglia, non è altro che il residuo seccato della mietitura e battitura di grano e granturco, ma più in generale dei cereali e pertanto di facile reperibilità.
Il pellet di paglia, dunque proviene da semplici scarti lavorati ma il prezzo è davvero conveniente.
Una tonnellata di tale combustibile si trova facilmente a circa 150 euro, con una resa di 3 centesimi per kWh circa. Se paragonato al pellet di legno, quest’ultimo costa anche oltre 100 euro in più.
Pellet di paglia, questi i vantaggi
Lo abbiamo appena detto, uno dei vantaggi del pellet di paglia è il prezzo.
Una tonnellata costa circa 150 euro con una resa di circa 3 centesimi per kWh.
Ma se ciò non bastasse va sottolineato che il pellet di paglia ha un alto rendimento, con un potere calorifico di circa 4.25 kWh/kg.
Se rapportato al pellet di legno, questo ha un potere calorifico di circa 4.6 kWh/kg con una percentuale di umidità media inferiore al 10%.
In poche parole, il pellet di paglia brucia facilmente e riscalda in maniera ottimale.
Altro vantaggio è la sua ecosostenibilità con emissioni in fase di combustione pari a zero essendo un derivato della raccolta cerealicola.
Questi gli svantaggi
Non solo vantaggi però, perché il principale problema del pellet di paglia è relativo al processo di pellettizzazione.
Questo risulta più arduo e macchinoso e di conseguenza il processo risulta più inquinante.
La lavorazione diventa più macchinosa tra setaccio, macinatura, trattamenti, compressione e trafilatura, raffreddamento e screening.
E non vanno dimenticate le operazioni logistiche di trasporto del materiale grezzo verso gli impianti.
Altra nota problematica è relativo al suo utilizzo nelle stufe a causa dell’eccessiva quantità di scorie residue.
Ma a ciò si può rimediare tramite una modifica alla camera di combustione.
Infine, la paglia contiene alte percentuali di potassio e cloro che, in qualche caso, possono risultare corrosivi per l’impianto e, comunque, da gestire.